Amnesty International chiede di fermare le stragi di Boko Haram

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Nella scorsa settimana, con un nuovo agghiacciante rapporto, Amnesty International ha ammonito la Nigeria ad affrontare con urgenza il fallimento del paese nel proteggere e fornire l’istruzione a un’intera generazione di bambini nel nord-est del paese, una regione devastata da anni di atrocità perpetrate da Boko haram e da enormi violazioni delle forze militari.

Il rapporto di 91 pagine, ‘Ci siamo asciugati le lacrime: occupiamoci dei bambini vittime del conflitto della Nigeria nord-orientale“, analizza le pratiche diffuse della detenzione illegittima e della tortura a opera delle forze militari, che hanno aggravato le sofferenze dei bambini degli stati di Borno e Adamawa che hanno affrontato crimini di guerra e crimini contro l’umanità per mano di Boko haram.

Il rapporto svela come i donatori internazionali abbiano foraggiato un programma fallimentare che pretende di reinserire ex presunti combattenti, ma che perlopiù equivale a una detenzione illegale di minori e adulti, come ha dichiarato Joanne Mariner, direttrice per le risposte alle crisi di Amnesty International:

“Gli ultimi dieci anni di aspro conflitto tra le forze militari nigeriane e Boko haram hanno costituito un attacco all’infanzia stessa nella Nigeria nord-orientale. Le autorità nigeriane rischiano di dar vita a una generazione perduta se non affrontano con urgenza la questione di migliaia di minori che sono stati presi di mira e traumatizzati dalla guerra.

Tra le varie atrocità, Boko haram ha più volte attaccato scuole e rapito moltissimi minori per farne soldati o ‘spose’. Il trattamento delle forze militari nigeriane per coloro che sfuggono a tale brutalità è stato altrettanto atroce. Dalla detenzione illegittima e di massa in condizioni disumane a pestaggi e torture, fino a consentire abusi sessuali da parte di detenuti adulti: è difficile immaginare un altro luogo al mondo in cui ai minori possano essere arrecati danni così gravi dalle stesse autorità deputate alla loro protezione“.

Tra novembre 2019 e aprile 2020, Amnesty International ha intervistato oltre 230 persone colpite dal conflitto, tra le quali 119 che, quando hanno subito gravi crimini da parte di Boko Haram, delle forze militari nigeriane o di entrambi, erano minori. Il gruppo includeva anche 48 minori che erano stati in regime di detenzione militare per mesi o anni, oltre a 22 adulti che erano stati arrestati insieme ai loro figli.

I minori sono uno dei gruppi più colpiti dalle atrocità di Boko Haram, perpetrate su grandi aree della Nigeria nord-orientale per circa un decennio. Il gruppo armato ha fatto ampio ricorso ad attacchi a scuole, rapimenti di massa, reclutamento e utilizzo di bambini soldato, matrimoni forzati di ragazze e giovani donne, che per il diritto internazionale sono tutti crimini.

Questo modello di crimini è ben noto per via di casi di grande rilievo come il rapimento di centinaia di studentesse a Chibok nel 2014. Tuttavia, la portata dei rapimenti è stata ampiamente sottovalutata e con grande probabilità raggiunge le migliaia. Boko haram continua a costringere genitori a consegnare ragazzi e ragazze, sotto minaccia di morte. Continua a ‘sposare’ dietro costrizione bambine e giovani donne. E continua a uccidere le persone che cercano di scappare.

I minori che scappano dal territorio di Boko haram affrontano moltissime violazioni a opera delle autorità nigeriane, tra le quali anche crimini di diritto internazionale. Se va bene, finiscono sfollati a combattere per la sopravvivenza con uno scarso o nessun accesso all’istruzione. Se va male, sono tenuti in regime di detenzione arbitraria per anni in caserme militari, in condizioni che equivalgono a tortura e altri maltrattamenti.

Quasi tutti coloro che scappano dal territorio di Boko haram, anche i minori, sono “controllati” dalle forze militari e dalla Task force civile congiunta attraverso un processo che per molti comporta la tortura fino a quando si ‘confessa’ l’affiliazione a Boko Haram. I presunti membri e sostenitori di Boko haram vengono trasferiti e detenuti, spesso per mesi o anni, in condizioni misere in centri di detenzione come la caserma di Giwa a Maiduguri e la base militare di Kainji nello stato del Niger.

Amnesty International ha anche documentato violazioni nell’operazione ‘Corridoio sicuro’, un programma di aiuto di milioni di dollari elargiti da Unione europea, Regno Unito, Usa e altri partner. Il centro di detenzione ‘Gombe’ gestito dalle forze militari è stato istituito nel 2016 con lo scopo di deradicalizzare e riabilitare presunti combattenti o sostenitori di Boko Haram.

Le condizioni sono migliori in Corridoio sicuro rispetto a qualsiasi altro contesto di detenzione militare e gli ex detenuti si sono espressi in maniera positiva in merito al sostegno psicologico e all’istruzione per adulti ricevuti lì.

Tuttavia, alla maggior parte degli uomini e dei ragazzi presenti nel centro non è stata comunicata alcuna motivazione legale per la loro detenzione e ancora non hanno accesso ad avvocati o tribunali per presentare ricorso. Era stato loro promessa una permanenza di sei mesi, che in alcuni casi è stata prolungata a 19 mesi, periodo durante il quale sono stati privati della libertà e sono stati costantemente sotto vigilanza armata.

Davanti a questa situazione Osai Ojigho, direttrice di Amnesty International della Nigeria, ha dichiarato: “Nessuno dei maggiori donatori del programma Corridoio sicuro approverebbe un tale sistema di detenzione prolungata e illegale per i propri cittadini, quindi perché lo fanno in Nigeria?

Le forze armate nigeriane devono rilasciare tutti i minori in detenzione arbitraria e mettere fine alle altre violazioni che sembrano avere l’obiettivo di punire migliaia di minori, molti dei quali sono stati anche vittime delle atrocità di Boko Haram. Un impegno nell’istruzione dei minori e nel loro recupero psicologico potrebbe aprire la strada a un nuovo percorso per il nord-est del Paese”.

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