Papa Francesco: lo Spirito Santo fa diventare figli di Dio

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Oggi papa Francesco ha celebrato la preghiera del Regina Coeli dalla finestra del Palazzo Apostolico con i fedeli nella piazza san Pietro: “Oggi che la piazza è aperta, possiamo tornare. E’ un piacere!.. E anche noi, quando auguriamo pace agli altri, stiamo dando il perdono e chiedendo pure il perdono. Gesù offre la sua pace proprio a questi discepoli che hanno paura, che stentano a credere a ciò che pure hanno veduto, cioè il sepolcro vuoto, e sottovalutano la testimonianza di Maria di Magdala e delle altre donne. Gesù perdona, perdona sempre, e offre la sua pace ai suoi amici. Non dimenticatevi: Gesù non si stanca mai di perdonare. Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono”.

Il papa ha esortato i fedeli a non adagiarsi nella melanconia: “La gioia della risurrezione è grande, ma è una gioia espansiva, che non va tenuta per sé, è per darla. Nelle domeniche del Tempo pasquale abbiamo ascoltato dapprima questo stesso episodio, poi l’incontro con i discepoli di Emmaus, quindi il buon Pastore, i discorsi di addio e la promessa dello Spirito Santo: tutto questo è orientato a rafforzare la fede dei discepoli, e anche la nostra, in vista della missione”.

La Pentecoste invita i cristiani ad essere missionari: “Lo Spirito Santo è fuoco che brucia i peccati e crea uomini e donne nuovi; è fuoco d’amore con cui i discepoli potranno ‘incendiare’ il mondo, quell’amore di tenerezza che predilige i piccoli, i poveri, gli esclusi…

Nei sacramenti del Battesimo e della Confermazione abbiamo ricevuto lo Spirito Santo con i suoi doni: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, conoscenza, pietà, timore di Dio. Quest’ultimo dono, il timore di Dio, è proprio il contrario della paura che prima paralizzava i discepoli: è l’amore per il Signore, è la certezza della sua misericordia e della sua bontà, è la fiducia di potersi muovere nella direzione da Lui indicata, senza che mai ci manchino la sua presenza e il suo sostegno”.

Poco prima nella basilica di san Pietro, davanti a fedeli distanziati, papa Francesco ha celebrato la solennità di Pentecoste, che ha concluso il tempo di Pasqua, ritornando all’esperienza fatta dalla prima comunità cristiana, in quanto san Paolo ha invitato a valorizzare i diversi carismi:

“Andiamo dunque all’inizio della Chiesa, al giorno di Pentecoste. Guardiamo gli Apostoli: tra di loro c’è gente semplice, abituata a vivere del lavoro delle proprie mani, come i pescatori, e c’è Matteo, che era stato un istruito esattore delle tasse. Ci sono provenienze e contesti sociali diversi, nomi ebraici e nomi greci, caratteri miti e altri focosi, visioni e sensibilità differenti.

Tutti erano differenti. Gesù non li aveva cambiati, non li aveva uniformati facendone dei modellini in serie. No. Aveva lasciato le loro diversità e ora li unisce ungendoli di Spirito Santo. L’unione – l’unione di loro diversi – arriva con l’unzione.

A Pentecoste gli Apostoli comprendono la forza unificatrice dello Spirito. La vedono coi loro occhi quando tutti, pur parlando lingue diverse, formano un solo popolo: il popolo di Dio, plasmato dallo Spirito, che tesse l’unità con le nostre diversità, che dà armonia perché nello Spirito c’è armonia. Lui è l’armonia”.

Poi ha domandato se anche oggi esiste nella Chiesa l’unità: “Anche tra noi ci sono diversità, ad esempio di opinioni, di scelte, di sensibilità. Ma la tentazione è sempre quella di difendere a spada tratta le proprie idee, credendole buone per tutti, e andando d’accordo solo con chi la pensa come noi. E questa è una brutta tentazione che divide. Ma questa è una fede a nostra immagine, non è quello che vuole lo Spirito. Allora si potrebbe pensare che a unirci siano le stesse cose che crediamo e gli stessi comportamenti che pratichiamo”.

L’unità è realizzata grazie alla presenza dello Spirito Santo: “Ma c’è molto di più: il nostro principio di unità è lo Spirito Santo. Lui ci ricorda che anzitutto siamo figli amati di Dio; tutti uguali, in questo, e tutti diversi. Lo Spirito viene a noi, con tutte le nostre diversità e miserie, per dirci che abbiamo un solo Signore, Gesù, un solo Padre, e che per questo siamo fratelli e sorelle!

Ripartiamo da qui, guardiamo la Chiesa come fa lo Spirito, non come fa il mondo. Il mondo ci vede di destra e di sinistra, con questa ideologia, con quell’altra; lo Spirito ci vede del Padre e di Gesù. Il mondo vede conservatori e progressisti; lo Spirito vede figli di Dio. Lo sguardo mondano vede strutture da rendere più efficienti; lo sguardo spirituale vede fratelli e sorelle mendicanti di misericordia. Lo Spirito ci ama e conosce il posto di ognuno nel tutto: per Lui non siamo coriandoli portati dal vento, ma tessere insostituibili del suo mosaico”.

E fa scoprire l’opera dell’annuncio della Parola di Dio: “Eppure vediamo che gli Apostoli non preparano una strategia; quando erano chiusi lì, nel Cenacolo, non facevano la strategia, no, non preparano un piano pastorale. Avrebbero potuto suddividere la gente in gruppi secondo i vari popoli, parlare prima ai vicini e poi ai lontani, tutto ordinato… Avrebbero anche potuto aspettare un po’ ad annunciare e intanto approfondire gli insegnamenti di Gesù, per evitare rischi…

No. Lo Spirito non vuole che il ricordo del Maestro sia coltivato in gruppi chiusi, in cenacoli dove si prende gusto a ‘fare il nido’. E questa è una brutta malattia che può venire alla Chiesa: la Chiesa non comunità, non famiglia, non madre, ma nido.

Egli apre, rilancia, spinge al di là del già detto e del già fatto, Lui spinge oltre i recinti di una fede timida e guardinga. Nel mondo, senza un assetto compatto e una strategia calcolata si va a rotoli. Nella Chiesa, invece, lo Spirito garantisce l’unità a chi annuncia. E gli Apostoli vanno: impreparati, si mettono in gioco, escono. Un solo desiderio li anima: donare quello che hanno ricevuto”.

Per il papa è importante non ribellarsi al dono che Dio concede: “Perché da come intendiamo Dio dipende il nostro modo di essere credenti. Se abbiamo in mente un Dio che prende, che si impone, anche noi vorremo prendere e imporci: occupare spazi, reclamare rilevanza, cercare potere. Ma se abbiamo nel cuore Dio che è dono, tutto cambia.

Se ci rendiamo conto che quello che siamo è dono suo, dono gratuito e immeritato, allora anche noi vorremo fare della stessa vita un dono. E amando umilmente, servendo gratuitamente e con gioia, offriremo al mondo la vera immagine di Dio. Lo Spirito, memoria vivente della Chiesa, ci ricorda che siamo nati da un dono e che cresciamo donandoci; non conservandoci, ma donandoci”.

Al termine ha invitato a non cedere al vittimismo, cosa che si riscontra molto facilmente nei cristiani: “Nel dramma che viviamo, quant’è brutto il vittimismo! Pensare che nessuno ci comprenda e provi quello che proviamo noi. Questo è il vittimismo. Infine c’è il pessimismo…

Ora, nel grande sforzo di ricominciare, quanto è dannoso il pessimismo, il vedere tutto nero, il ripetere che nulla tornerà più come prima! Pensando così, quello che sicuramente non torna è la speranza… Perciò abbiamo bisogno dello Spirito Santo, dono di Dio che ci guarisce dal narcisismo, dal vittimismo e dal pessimismo, ci guarisce dallo specchio, dalle lamentele e dal buio”.

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