Capo dello Stato sul caso Palamara: “Grave sconcerto, urge la riforma del CSM”. “Inammissibile commistione tra politici e magistrati”

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A seguito delle polemiche sul caso dell’ex Presidente dell’Anm Luca Palamara, Sergio Mattarello si chiama fuori della questione CSM e esprime solo “grave sconcerto e riprovazione per quanto accaduto”, parlando di una “degenerazione del sistema correntizio e l’inammissibile commistione fra politici e magistrati”.

Infatti il Capo dello Stato, in quanto Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, è alla testa dell’organo che deve giudicare tra breve i magistrati incolpati. E quindi un’eventuale affermazione da parte sua, rischierebbe di inficiare l’efficacia del giudizio disciplinare. “Non spetta al Capo dello Stato esprimersi sul contenuto di affermazioni fatte da singoli contro esponenti politici, perché sull’intera vicenda sono in corso un procedimento penale e diversi disciplinari”. Inoltre, per il Capo dello Stato urge una riforma del CSM e del suo regolamento interno, ma dice no allo scioglimento, perché sarebbe un atto discrezionale. Riformare l’autogoverno dei giudici spetta al Parlamento, sottolinea Mattarella: “Se i partiti politici e i gruppi parlamentari sono favorevoli a un Consiglio superiore della magistratura formato in base a criteri nuovi e diversi, è necessario che predispongano e approvino in Parlamento una legge che lo preveda: questo compito non è affidato dalla Costituzione al presidente della Repubblica, ma al governo e al Parlamento”. Mattarella chiarisce “che il presidente della Repubblica si muove – e deve muoversi – nell’ambito dei compiti e secondo le regole previste dalla Costituzione e dalla legge e non può sciogliere il consiglio superiore della magistratura in base a una propria valutazione discrezionale”.

Da più parti era stato chiesto un messaggio del Presidente della Repubblica al Parlamento e Mattarella si chiama fuori: “Governo e gruppi parlamentari hanno annunziato iniziative in tal senso e il presidente della Repubblica auspica che si approdi in tempi brevi a una nuova normativa. Risulterebbe, peraltro, improprio un messaggio del presidente della Repubblica al Parlamento per sollecitare iniziative legislative annunciate come imminenti. Al presidente della Repubblica competerà valutare la conformità a Costituzione di quanto deliberato al termine dell’iter legislativo, nell’ambito e nei limiti previsti per la promulgazione. Per quanto attiene alla richiesta che il presidente della Repubblica si esprima sul contenuto di affermazioni fatte da singoli magistrati contro esponenti politici va ricordato che, per quanto gravi e inaccettabili possano essere considerate, sull’intera vicenda sono in corso un procedimento penale e diversi procedimenti disciplinari e qualunque valutazione da parte del presidente della Repubblica potrebbe essere strumentalmente interpretata come una pressione del Quirinale su chi è chiamato a giudicare in sede penale o in sede disciplinare: la giustizia deve fare il suo corso attraverso gli organi e secondo le regole indicate dalla Costituzione e dalle leggi”.

Nota dell’Ufficio Stampa della Presidenza della Repubblica sulle vicende inerenti al mondo giudiziario

«In riferimento alle vicende inerenti al mondo giudiziario, assunte in questi giorni a tema di contesa politica, il Presidente della Repubblica ha già espresso a suo tempo, con fermezza, nella sede propria – il Consiglio Superiore della Magistratura – il grave sconcerto e la riprovazione per quanto emerso, non appena è apparsa in tutta la sua evidenza la degenerazione del sistema correntizio e l’inammissibile commistione fra politici e magistrati.
Il Presidente della Repubblica ha, in quella stessa sede, sollecitato modifiche normative di legge e di regolamenti interni per impedire un costume inaccettabile quale quello che si è manifestato, augurandosi che il Parlamento provvedesse ad approvare una adeguata legge di riforma delle regole di formazione del CSM.
Una riforma che contribuisca – unitamente al fondamentale e decisivo piano dei comportamenti individuali – a restituire appieno all’Ordine Giudiziario il prestigio e la credibilità incrinati da quanto appare, salvaguardando l’indispensabile valore dell’indipendenza della Magistratura, principio base della nostra Costituzione.
Per quanto superfluo va, peraltro, chiarito che il Presidente della Repubblica si muove – e deve muoversi – nell’ambito dei compiti e secondo le regole previste dalla Costituzione e dalla legge e non può sciogliere il Consiglio Superiore della Magistratura in base a una propria valutazione discrezionale.
Il CSM, a norma della Costituzione, conclude il suo mandato dopo quattro anni dalla sua elezione e può essere sciolto in anticipo soltanto in presenza di una oggettiva impossibilità di funzionamento, condizione che si realizza, in particolare, ove venga meno il numero legale dei suoi componenti. Qualora ciò avvenisse il Presidente della Repubblica sarebbe obbligato dai suoi doveri costituzionali a convocare, entro un mese, nuove elezioni dell’intero organo, ovviamente secondo le regole vigenti per la sua formazione.
L’attuale CSM, rinnovatosi in parte nella sua composizione, non si trova in questa condizione ed è impegnato nello svolgimento della sua attività istituzionale.
Se i partiti politici e i gruppi parlamentari sono favorevoli a un Consiglio Superiore della Magistratura formato in base a criteri nuovi e diversi, è necessario che predispongano e approvino in Parlamento una legge che lo preveda: questo compito non è affidato dalla Costituzione al Presidente della Repubblica ma al Governo e al Parlamento.
Governo e Gruppi parlamentari hanno annunziato iniziative in tal senso e il Presidente della Repubblica auspica che si approdi in tempi brevi a una nuova normativa. Risulterebbe, peraltro, improprio un messaggio del Presidente della Repubblica al Parlamento per sollecitare iniziative legislative annunciate come imminenti. Al Presidente della Repubblica competerà valutare la conformità a Costituzione di quanto deliberato al termine dell’iter legislativo, nell’ambito e nei limiti previsti per la promulgazione.
Per quanto attiene alla richiesta che il Presidente della Repubblica si esprima sul contenuto di affermazioni fatte da singoli magistrati contro esponenti politici va ricordato che, per quanto gravi e inaccettabili possano essere considerate, sull’intera vicenda sono in corso un procedimento penale e diversi procedimenti disciplinari e qualunque valutazione da parte del Presidente della Repubblica potrebbe essere strumentalmente interpretata come una pressione del Quirinale su chi è chiamato a giudicare in sede penale o in sede disciplinare: la giustizia deve fare il suo corso attraverso gli organi e secondo le regole indicate dalla Costituzione e dalle leggi.
È appena il caso di ricordare, infine, che un eventuale scioglimento del Consiglio Superiore della Magistratura comporterebbe un rallentamento, dai tempi imprevedibili, dei procedimenti disciplinari in corso nei confronti dei magistrati incolpati dei comportamenti resi noti, mettendone concretamente a rischio la tempestiva conclusione nei termini previsti dalla legge.
In merito alle vicende che hanno interessato la Magistratura, il Presidente della Repubblica, come ha già fatto in passato, tornerà a esprimersi nelle occasioni e nelle sedi a ciò destinate, rimanendo estraneo a dibattiti tra le forze politiche e senza essere coinvolto in interpretazioni di singoli fatti, oggetto del libero confronto politico e giornalistico».
Roma, 29/05/2020

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