Centro Astalli: le politiche migratorie restrittive rendono precaria la vita

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Nei giorni scorsi papa Francesco ha inviato un messaggio al Centro Astalli per la presentazione del Rapporto annuale 2020: “Voi accogliete con amore fraterno: a tutti sono spiritualmente vicino con la preghiera e l’affetto e li esorto ad avere fiducia e speranza in un mondo di pace, giustizia e di fraternità tra i popoli… Il vostro esempio possa suscitare nella società un rinnovato impegno per una autentica cultura dell’accoglienza e della solidarietà”.

Il rapporto descrive un anno, il 2019, al fianco di rifugiati e richiedenti asilo, con dati e statistiche sui servizi offerti alle 20.000 persone incontrate (di cui 11.000 a Roma). E mostra come le politiche migratorie, restrittive, di chiusura (se non addirittura discriminatorie) che hanno caratterizzato l’ultimo anno, acuiscono precarietà di vita, esclusione e irregolarità, rendendo l’intera società più vulnerabile. I dati che presentiamo dimostrano quanto oggi sia alto il prezzo da pagare in termini di sicurezza sociale per non aver investito in protezione, accoglienza e integrazione dei migranti.

In tutti i servizi del Centro Astalli si sono fatti sentire gli effetti dell’entrata in vigore dei decreti sicurezza. L’abolizione della protezione umanitaria, il complicarsi delle procedure per l’ottenimento di una residenza e dei diritti che ne derivano, e più in generale il moltiplicarsi di oneri burocratici a tutti i livelli, escludono un numero crescente di migranti forzati dai circuiti dell’accoglienza e dai servizi territoriali.

La richiesta di servizi di bassa soglia (mensa, docce, vestiario, ambulatorio) è alta in tutti i territori. Oltre 3.000 utenti hanno usufruito della mensa di Roma: tra loro ben il 35% è titolare di protezione internazionale. Sono persone che, uscite dall’accoglienza assistita, sono state costrette a rivolgersi nuovamente alla mensa in mancanza di alternative. Il centro diurno a Palermo ha accolto 850 nuovi utenti. A Trento per far fronte ai tagli ai servizi sociali è nato il progetto una Comunità Intera, un servizio di accoglienza e assistenza a cui si sono rivolti oltre 250 richiedenti asilo e rifugiati senza dimora.

Tra gli utenti dell’ambulatorio di Roma è aumentata la presenza di donne migranti, soprattutto somale e nigeriane, arrivate di recente in Italia. Molte di loro, pur essendo portatrici di vulnerabilità importanti, sono escluse dai circuiti di accoglienza e vivono in condizioni di grave marginalità, con ripercussioni sulla loro salute.

Nel 2019 migliaia di migranti hanno vissuto confinati in una sorta di limbo. Dimenticati nelle carceri libiche, nei campi delle isole greche o persino sulle navi che li hanno soccorsi, lasciati in balìa delle onde per giorni mentre l’Italia e gli altri Stati dell’Unione europea ingaggiavano un vergognoso braccio di ferro su chi dovesse accogliere poche decine di persone. Solo 11.471 migranti sono approdati in Italia (facendo registrare un calo di oltre il 50% rispetto al 2018 e del 90% in relazione al 2017).

Circa il 35% dei pazienti che si sono rivolti al SaMiFo sono risultati vittime di tortura o maltrattamenti, di tratta, di mutilazioni genitali femminili e portatori di disturbi post-traumatici. Nell’ascolto delle storie personali è emersa in maniera drammatica la rappresentazione dei centri di detenzione libici: luoghi fortemente traumatizzanti, dove torture e violenze di ogni tipo vengono esercitate quotidianamente su uomini e donne inermi, lasciando profonde ferite nei corpi e nelle menti. Per questo il Centro Astalli è tra i promotori della campagna nazionale Io accolgo, che ha l’obiettivo di farsi voce di quella ampia parte di società civile che non accetta che il Mediterraneo sia un cimitero e l’Italia sia responsabile del respingimento e della morte di migliaia di migranti.

Inoltre nel 2019 è aumentato il numero di accessi al centro d’ascolto di Roma (+29%), soprattutto da parte di persone che, con l’abolizione della protezione umanitaria, si sono trovate all’improvviso nella condizione di poter perdere il permesso di soggiorno. Rispetto all’anno scorso gli utenti che si sono rivolti al servizio sprovvisti di documenti validi sono notevolmente aumentati (+79%).

Agli effetti dei decreti sicurezza si sono aggiunte le complicazioni dovute alle disposizioni della Questura, che non riconosce più come residenza valida l’indirizzo fittizio né per i richiedenti asilo né per i titolari di protezione umanitaria, che si ritrovano così sprovvisti di un requisito fondamentale per convertire il permesso di soggiorno in motivi di lavoro.

Circa i due terzi delle persone che si sono rivolte all’ambulatorio nel 2019 non risulta iscritta al Servizio Sanitario Nazionale: nella maggior parte dei casi si tratta di migranti che vivono in Italia da tempo, ma che per difficoltà relative alla residenza o al titolo di soggiorno non sono riuscite ad accedere, o hanno perso l’accesso, all’assistenza sanitaria pubblica.

Anche la trasformazione radicale che ha riguardato il sistema di accoglienza in Italia, ha inferto un duro colpo a quell’accoglienza diffusa che ha caratterizzato negli ultimi anni l’impegno di molte realtà a servizio dei migranti forzati. Il cambiamento principale ha riguardato la possibilità di accesso al sistema stesso: sono esclusi infatti dall’accoglienza Siproimi (es Sprar) i richiedenti asilo e i titolari di permesso per motivi umanitari.

La riduzione dei servizi sociali nei centri accoglienza straordinaria (Cas), ha reso più difficoltosa l’emersione e la cura tempestiva delle vulnerabilità. Non a caso nei centri gestiti dal Centro Astalli in convenzione con il Siproimi, rispetto all’anno precedente, il numero degli ospiti vulnerabili è salito in proporzione dal 30 al 40%. Un sistema di accoglienza pubblico che si frammenta e rimanda le opportunità di inclusione a una ‘seconda fase’ accessibile a pochi è lesiva di percorsi di accoglienza e integrazione. Diventa più difficile motivare persone che hanno a disposizione tempi di accoglienza più brevi e hanno fretta di trovare un’occupazione qualsiasi a investire tempo nell’apprendimento dell’italiano e nella formazione. Ciò va a scapito della qualità del loro futuro in Italia.

Nel corso dello scorso anno il servizio di accompagnamento all’autonomia a Roma ha sostenuto 349 persone. Anche a Catania lo sportello lavoro ha registrato un aumento significativo triplicando in un anno il numero degli interventi effettuati. 200 persone (singoli e nuclei familiari) sono state accolte nell’ambito del progetto Comunità di Ospitalità che il Centro Astalli gestisce in collaborazione con 30 congregazioni religiose a Roma, Trento, Vicenza, Padova.

I progetti realizzati dal Centro Astalli sono stati in buona parte centrati sul potenziamento dei servizi e delle attività finalizzate all’inclusione sociale, con un’attenzione particolare per i migranti forzati che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità: analfabeti, transitanti, neomaggiorenni, richiedenti asilo e rifugiati con gravi problematiche di salute fisica e mentale.

Le azioni progettuali si sono concentrate su una duplice direttrice: promuovere una società più inclusiva attraverso la prevenzione e il contrasto delle forme di discriminazione e favorire occasioni per uno scambio alla pari tra cittadini e migranti forzati per una reale integrazione partecipata e sostenibile.

Nel 2019 è nato il Centro Matteo Ricci che offre al suo interno due servizi diversi: l’accoglienza di 20 donne rifugiate e lo Spazio Inclusione, un progetto dedicato ai migranti forzati, con una particolare attenzione ai più giovani e ai più vulnerabili, per offrire loro l’opportunità di acquisire nuove competenze. Il Centro Matteo Ricci vuole essere un luogo di incontro, di dialogo e di creazione di nuove opportunità che coinvolgano migranti, singoli cittadini, associazioni, enti pubblici e privati per costruire insieme una comunità più coesa e aperta, dove la diversità possa essere risorsa per il bene comune.

Nell’introduzione il presidente del Centro Astalli, p. Camillo Ripamonti, ha sottolineato lo stato dei rifugiati nello scorso anno: “Il 2019 ha segnato un nuovo triste record: secondo l’UNHCR circa 71.000.000 di persone si sono trovate nella condizione di dover lasciare la propria casa in fuga da guerre, persecuzioni, calamità naturali. Un numero mai così alto nell’età contemporanea e che solo marginalmente tocca l’Europa.

I rifugiati sono oltre 25.000.000, più della metà bambini, molti senza famiglia. Crisi umanitarie, ormai fuori dall’attenzione dei media, sono all’origine di gran parte delle migrazioni nel mondo. La popolazione afgana fugge da violenze e conflitti da oltre quarant’anni, nonostante la comunità internazionale continui a parlare di un Paese pacificato.

In Yemen, dopo 5 anni di guerra, 24.000.000 di civili hanno bisogno di assistenza e più di 3.600.000 hanno lasciato le proprie case. In Africa, solo dal Sud Sudan, oltre 2.000.000 persone sono state costrette a mettersi in cammino. Ma la crisi migratoria più vasta rimane quella siriana che, entrata nel suo decimo anno di guerra, ha causato la fuga di oltre 5.500.000 persone, mentre sono più di 6.000.000 gli sfollati interni che vivono in condizioni di estrema povertà”.

(Foto: Centro Astalli)

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