Mons. Boccardo: santa Rita genera la vita

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Una festa virtuale, a distanza, ma più che mai vissuta con la presenza, forte e universale, di santa Rita: questa è stata è la rivelazione offerta dalla Festa di Santa Rita da Cascia, una giornata storica, vissuta con grande gioia, unione e partecipazione virtuale di devoti, come ha affermato la Madre Priora del monastero Santa Rita, suor Maria Rosa Bernardinis:

“Siamo profondamente felici di aver portato virtualmente a Cascia e accanto alla loro amata Santa Rita, attraverso la nostra maratona in diretta, decine di migliaia di pellegrini, anche in questa festa così particolare. La nostra amata Santa Rita ha mostrato, ancora una volta, a noi e al mondo, che nulla è impossibile a Dio.

Nulla è stato impossibile oggi, per il popolo cristiano che custodisce in sé la presenza viva di Rita, in Italia e nel mondo. Unito contro ogni divisione, ha festeggiato colei che ogni giorno ci ricorda la potenza dell’amore e della speranza, ringraziando il Signore per il dono così prezioso che ci ha concesso”.

Pur non potendo essere a Cascia, ai piedi di Rita, l’immensa famiglia di devoti si è ritrovata per celebrare la sua Madre spirituale. Invitata ed accolta dalle monache agostiniane, che hanno costruito per l’occasione una strada nuova e pioneristica verso Cascia, lo ha fatto in un modo virtuale, ma non meno capace di trasmettere affetto, vicinanza e devozione, le stesse emozioni che ogni anno si respirano tra la folla interminabile di devoti.

Questo ha dimostrato la storica #MaratonaFestaSantaRita di 8 ore, in diretta streaming mondiale dalla Basilica di Santa Rita e in contemporanea sui canali social del monastero di Cascia, attraverso la quale la Festa di Santa Rita ha valicato ogni confine ed è arrivata nelle case di ogni devoto. Un’intera giornata per raccontarsi, condividere, riflettere e gioire, nel nome di Santa Rita.

La maratona, condotta da Alessia Nicoletti (Fondazione Santa Rita da Cascia), si è aperta con il messaggio di auguri delle monache ai devoti. In attesa della messa solenne, celebrata in basilica dall’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, grazie a numerosi ospiti la diretta è trascorsa rivivendo momenti della festa che non si sono potuti ripetere quest’anno, parlando della figura di santa Rita, di devozione, ma anche di attualità, con la situazione post Coronavirus e sisma in Valnerina e i collegamenti dai Santuari o Chiese d’Italia dove è vivo il culto della taumaturga di Cascia, da Milano, Torino, Tolentino, Bergamo, Palermo, Napoli e Padova.

Durante la #MaratonaFestaSantaRita è stata lanciata l’iniziativa della ‘Rosa di santa Rita’ virtuale, personalizzata con il proprio nome, che i devoti hanno potuto scaricare dal sito santaritadacascia.org/rosa, a fronte di una donazione, che va a sostenere le opere di carità del monastero, prima fra tutte l’Alveare di Santa Rita, che da oltre 80 anni accoglie e cresce bambine e ragazze provenienti da famiglie in difficoltà.

Proprio all’interno di questa iniziativa, una particolare sorpresa è stata rivolta a papa Francesco. Santa Rita, morente, ricevette in dono dal Signore la rosa sbocciata miracolosamente in mezzo alla candida neve, dopo aver superato, in Lui e per Lui, le tante spine della vita. La Rosa di Santa Ritavirtuale, con il nome ‘Papa Francesco’, è stata pubblicata in diretta sull’account Instagram del monastero@monasterosantarita e inviata al Papa taggando l’account @pontifex_ita. L’azione ha subito generato un oceano di commenti.

Nell’omelia mons. Boccardo ha affermato che santa Rita ha messo in pratica le parole di Gesù della vite ed i tralci: “E in lei hanno portato frutto. Così, dal silenzio della sua urna, oggi la Santa ripete a noi la parola di verità con la quale Cristo ci indica la strada della vita.

Rimanere uniti alla vite, lasciarci potare e portare frutto: sono le tre condizioni che garantiscono la partecipazione alla gloria stessa di Dio…

Rita aveva compreso l’invito di Gesù, e lo ha vissuto: radicata profondamente nel suo amore, trovò nella fede la forza di essere donna di amore e di pace e visse nel suo intimo il mistero dell’incontro tra il divino e l’umano, tra il creatore e la creatura. Per questo ci insegna ancora oggi a sostituire il male con il bene, il risentimento con il perdono, l’egoismo con la gratuità”.

L’arcivescovo ha sottolineato che la santa casciana è l’esempio che la sofferenza non è inutile: “Al contrario, quando la sofferenza ci ha purificato, allora esperimentiamo quali frutti di giustizia e di pace può produrre in noi una tale potatura. E questa può essere una chiave che ci aiuta ad interpretare anche il tempo difficile che stiamo vivendo.

Il virus ha smascherato la nostra grande illusione di onnipotenza e ci ha costretti a riconoscere che non sappiamo tutto, che non dominiamo ogni cosa, che siamo fragili e vulnerabili. Ci ha ricordato cioè che siamo delle creature e, perciò, non ci possediamo, non è in noi la sorgente della vita che viviamo.

Proprio nella celebrazione dell’Eucaristia proclamiamo che per vivere abbiamo bisogno della vita di Cristo, che per mantenerci in vita dobbiamo necessariamente attingere a quel pane e a quel vino che vengono da fuori di noi e ci sono gratuitamente donati, senza condizioni”.

Davanti alla sofferenza non si può dimenticare le cose belle scaturite: “Non dovremo dimenticare quindi le cose belle (e per certi versi inaspettate) germogliate in questo tempo: la riscoperta di relazioni più autentiche, l’importanza delle cose essenziali, la condivisione nella fede in famiglia, un contatto più profondo con la Parola di Dio, una rinnovata attenzione e sensibilità operativa nei confronti di chi è nella sofferenza e nel bisogno.

Ce lo ricorda anche santa Rita che, avendo esperimentato e vissuto la sofferenza della vita quotidiana, è diventata capace di comprendere le pene che attraversano e segnano l’esistenza dell’uomo: per questo è venerata come avvocata dei poveri e dei disperati, che ottengono dalla sua intercessione grazia di consolazione e conforto”.

Quindi ha invitato i fedeli ad essere generatori di vita: “Affinché ciò sia possibile si richiede necessariamente il nostro personale coinvolgimento, una scelta decisa che ci conduca a dire: da questo momento in poi i valori che dominano nella mia vita, le mie azioni, la mia disponibilità agli altri non saranno più quelli di prima; io non sarò più quello di una volta.

E’ questa la vera rivoluzione: non chiedere agli altri, non demandare a nessuno quello che spetta a noi, ma fare ciascuno la propria parte, affinché questo tempo sia consolato e confortato dalla testimonianza e dall’impegno dei discepoli di Gesù”.

Ed ha concluso l’omelia con il pensiero di san Giovanni Paolo II nel 2000: “La stigmata che brilla sulla sua fronte è l’autenticazione della sua maturità cristiana. Sulla Croce con Gesù, ella si è in certo modo laureata in quell’amore, che aveva già conosciuto ed espresso in modo eroico tra le mura di casa e nella partecipazione alle vicende della sua città”.

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