Don Leonardo Ricotta si è dimesso, piuttosto che compiere “un atto di macelleria eucaristica”

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Don Ricotta lascia la parrocchia. Non ha voluto dare con i guanti la Comunione
Informazione Cattolica, 22 maggio 2020

Nei giorni scorsi Informazione Cattolica aveva fatto conoscere in Italia Don Leonardo Ricotta, un sacerdote dell’Arcidiocesi di Palermo, parroco di Sant’Agata a Villabate, che aveva catturato l’attenzione di migliaia di persone per una sua infervorata omelia (vedi qui) attraverso la quale sosteneva che “solo in Gesù Cristo c’è la remissione dei peccati, non nelle altre religioni!” e aveva parlato di eresie, di apostasia e di falso ecumenismo anche nella Chiesa.

Dopo il via libera alle messe col popolo e l’obbligo della somministrazione della Santa Comunione da parte di sacerdoti muniti di guanti, don Ricotta aveva spiegato che amministrare così la comunione è un sacrilegio. Frammenti del Corpo di Cristo potranno appiccicarsi ai guanti che poi si buttano. Che faccio getto Cristo nella raccolta della plastica? Preferisco non darla” (vedi qui).
Don Leonardo Ricotta aveva spiegato che “piuttosto che commettere un atto di sacrilegio e farlo fare ai miei parrocchiani, non la distribuirò e farò fare quella spirituale. Se devo dare al mio popolo un cibo avvelenato, molto meglio stare a digiuno. Poi quella spirituale ha ugualmente valore considerato che essi hanno vero desiderio di Cristo. Nel passato, e penso al regime sovietico, tanti volevano prendere la Santa Comunione e non potevano: la fede non è morta perché vi era il desiderio di Cristo. La vita di fede è certamente sacramentale, ma quando non è possibile o cercano di trasformarla in un sacrilegio, Dio crea dei bypass”.
Il parroco della Parrocchia Sant’Agata di Palermo-Villabate spiegava che “quello che stanno per compiere è un atto di macelleria eucaristica, Padre Pio li chiamava macellai”. (…)
“Esiste un primato della coscienza. E io, in coscienza, non mi presterò a compiere un atto di macelleria eucaristica”, ha dichiarato al Giornale di Sicilia.

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Segue il Comunicato dell’Arcidiocesi di Palermo sulle dimissioni di Don Leonardo Ricotta e la Lettera aperta dell’Avv. Roberto De Petro all’Arcivescovo di Palermo sul Protocollo CEI sulle Messe cum populo, sull’Eucarestia e sull’uso dei guanti monouso per la distribuzione della Santa Comunione. Commenta Marco Tosatti su Stilum Curiae: «Mi sembra che sia una lettera estremamente precisa e documentata, e difficilmente confutabile; il che aumenta solo il disagio di moltissimi fedeli a fronte di quanto vivono. Ed è un disagio che certamente non leniscono fatti come le “dimissioni” di don Leonardo Ricotta, parroco di Sant’Agata a Villabate, che si era espresso con grande forza contro l’uso dei guanti monouso durante la messa, definendola “macelleria eucaristica”. Ecco, senza preavviso don Ricotta è stato dimesso, e nella misericordiosa Palermo di Lorefice ci chiediamo quanta credibilità si possa dare al comunicato della diocesi».

Comunicato dell’Arcidiocesi di Palermo

A far data dal 21 maggio 2020 il Rev. Don Leonardo Ricotta, Presbitero della Chiesa di Palermo, non è più il Parroco della Parrocchia S. Agata V.M. in Villabate avendo egli stesso rinunciato a tale ufficio. È pertanto inesatta o pretestuosa la notizia diffusa da alcuni canali social secondo la quale Don Leonardo Ricotta sarebbe stato rimosso dall’ufficio di Parroco dall’Arcivescovo di Palermo.
In attesa della nomina del nuovo Parroco, l’Arcidiocesi di Palermo individuerà nei prossimi giorni un Amministratore parrocchiale. Considerate le polemiche suscitate dagli stessi social, si coglie l’occasione per chiarire quanto segue. La prassi di distribuire la comunione nelle mani è in conformità alle norme emanate dal Magistero della Chiesa cui ogni cristiano cattolico deve religioso ossequio della volontà e dell’intelletto. La Congregazione per il Culto Divino, nell’Istruzione Redemptionis Sacramentum, del 2004, n.92, afferma che «Se un comunicando, nelle regioni in cui la conferenza dei vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole ricevere il sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia».
La Conferenza Episcopale Italiana nell’Istruzione sulla comunione eucaristica. Fate questo in memoria di me, nn.1415, già dal 1989 ammette la comunione nelle mani. Inoltre, celebrare l’Eucaristia esclusivamente con il Rito Romano secondo il Missale Romanum di Giovanni XXIII del 1962, quale forma straordinaria introdotta dal Motu Proprio Summorum Pontificum, emanato da Papa Benedetto XVI nel 2007, escluderebbe dalla partecipazione alla Messa la porzione di popolo di Dio che desidera prendervi parte attivamente secondo la forma ordinaria del Messale di Paolo VI, attualmente in uso. Sarebbero, così, gravemente compromessi il diritto e la libertà di buona parte dei fedeli. Personali convincimenti, dunque, presentati da singoli come dottrina autentica, non possono essere imposti ai fedeli. Spetta al vescovo nella diocesi «dare norme in materia liturgica, alle quali tutti sono tenuti», «per difendere l’unità della Chiesa universale» e «promuovere la disciplina comune a tutta la Chiesa» (Congregazione per il Culto Divino, Istruzione Redemptionis Sacramentum, nn.176-177).

Lettera aperta dell’Avv. Roberto De Petro all’Arcivescovo di Palermo

Ecc.za Rev.ma Arcivescovo di Palermo
Mons. Corrado Lorefice
Via Matteo Bonello, 2
90134 Palermo PA

Ecc.za Rev.ma,
sono un avvocato del foro di Palermo, cattolico praticante, residente nella sua diocesi e frequentatore – insieme a molti altri fedeli – della S. Messa in rito antico (la più sicura in tempi di coronavirus, poiché celebrata coram Deo).
Mi rivolgo a lei, e per suo tramite a tutti i vescovi italiani, per denunciare la invalidità e la illogicità del “Protocollo circa la la ripresa delle celebrazioni con il popolo” del 7.5.2020, stipulato tra Governo e CEI, per i seguenti motivi:
1) Incostituzionalità del d.l. 33/2020 e quindi del protocollo Governo – CEI.
Visto l’attuale andamento del dichiarato allarme sanitario da covid 19 – con contagi e decessi prossimi allo zero in tutta Italia (dati del Ministero della Salute aggiornati al 16.5.2020) – il decreto legge 33/2020 è incostituzionale perché privo dei presupposti di “straordinaria necessità ed urgenza” richiesti dall’art. 77 Cost.
In particolare la Sicilia presenta il livello di rischio il più basso d’Italia (preambolo Ordinanza n. 21/2020 del Pres. Reg. Sicilia) ed in provincia di Palermo i decessi totali nel primo trimestre 2020 sono inferiori del 9,2% rispetto a quelli registrati nello stesso periodo del 2019.
Pertanto l’allarme sanitario – in particolare nella sua diocesi – è del tutto inesistente, stando ai dati ufficiali forniti da ISTAT e ISS.
L’illegittimità costituzionale del decreto legge de quo, quale atto presupposto, travolge – per l’effetto – anche i successivi decreti attuativi (dpcm 17.5.2020) nonchè il mentovato “protocollo”, il quale è nullo anche per i seguenti infrascritti motivi.
2) Nullità del “protocollo” per carenza di potere e perché sacrilego.
Le disposizioni governative sulla ripresa delle celebrazioni con il popolo sono assolutamente nulle poiché:
– le autorità civili non sono competenti in materia di culto religioso;
– i rappresentanti della conferenza episcopale non hanno giurisdizione né sui vescovi, né sui sacerdoti, né sui fedeli.
Ogni singolo vescovo è sovrano nella sua diocesi, ma non può modificare quanto stabilito dalle rubriche del Messale, che hanno forza di legge per tutta la Chiesa. Le rubriche del Messale non prevedono l’uso di guanti nella celebrazione della Messa.
Nel rito tradizionale il vescovo toglie le chiroteche prima di accedere all’altare per la parte sacrificale: si deduce che l’Ostia consacrata può essere toccata solo da mani nude, poiché i frammenti possono rimanere attaccati alle dita.
Infatti, dopo la consacrazione del Pane, il sacerdote tiene uniti i polpastrelli del pollice e dell’indice fino a quando, terminata la comunione, non li purifica nel calice.
L’uso di guanti di lattice, alla luce di quanto appena esposto, è aberrante: il Corpo sacramentale del Signore, essendo quanto di più prezioso la Chiesa possieda in assoluto, non può certo essere toccato da materiale spregevole che sarà gettato nella spazzatura (guanti monouso), ma soltanto dalle mani consacrate del sacerdote, il quale, proprio per questo, se le lava immediatamente prima della Messa. Inoltre tutti i vasi sacri, per rispetto di ciò che devono contenere, devono essere obbligatoriamente dorati; anche da ciò si deduce che il mettere volontariamente le Sacre Specie a contatto con materiali vili è un attentato alla loro sacralità, cioè un atto sacrilego in senso lato.
3) Manifesta illogicità nella proibizione della comunione in bocca.
Ammessa e non concessa la attuale sussistenza di un allarme sanitario nella diocesi di Palermo, è apodittico ed ascientifico affermare che la comunione in mano sia innocua, mentre quella in bocca esponga al contagio virale: è vero il contrario, poiché il palmo della mano ed i polpastrelli sono i principali vettori di sporcizia, virus e batteri; invece la saliva contiene il lisozima, avente proprietà “antibatteriche, antivirali, antiprotozoarie, immunomodulanti” (Prof. Di Bella).
È di lapalissiana evidenza che molti agenti patogeni vengono trasmessi attraverso le mani, che toccano quelle di altre persone, le maniglie delle porte, i corrimano, i maniglioni nei trasporti pubblici, etc.
Le stesse mani e dita vanno poi a toccare il naso e la bocca (cfr. rivista “BMC Infectious Diseases”, studio del 2006 citato qui).
Anche i medici interpellati dalla diocesi di Portland hanno confermato che “le mani hanno una maggiore esposizione ai germi”.
Si noti, infine, che mentre il macellaio può toccare la carne animale a mani nude, il sacerdote viene costretto a porgere il Corpo di Cristo con i guanti monouso!
Si ripetono così le assurdità della fase 1, in cui si poteva andare al supermarket, edicola e tabaccaio, ma non in parrocchia a pregare. Perseverare diabolicum.
4) Violazione dei paragrafi 14 e segg. e 90 e segg. della Redemptionis Sacramentum.
La competenza a regolamentare ed ordinare la Sacra Liturgia spetta alla Sede Apostolica, e non al vescovo, ai sensi dei paragrafi 14 e segg. della tuttora vigente “Redemptionis Sacramentum”, la quale attribuisce ai fedeli il diritto di fare la comunione in ginocchio (nn. 90 e 92) ed espressamente stabilisce che “i ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano disposti nel debito modo e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli”; pertanto “non è lecito, quindi, negare a un fedele la santa Comunione, per la semplice ragione, ad esempio, che egli vuole ricevere l’Eucaristia in ginocchio” (n.91, la cui violazione in molte parrocchie palermitane è stata più volte invano denunciata a vostra Ecc.za).
Infine, Ecc.za Rev.ma, rifletta sul fatto che l’irresponsabile ed arbitraria interdizione ai fedeli della S. Messa (stigmatizzata anche da Papa Francesco il 17.4.2020), ha portato ad una disastrosa “virtualizzazione” dei Sacramenti, taluni aboliti de facto, altri sostituiti da “cerimonie in streaming”.
Ciò ha instillato l’erroneo convincimento che sia possibile soddisfare il proprio “sentimento religioso usufruendo delle numerose alternative offerte mediante gli strumenti informatici”, come ha testualmente statuito il Tar Lazio il 29.4.2020, il quale ha occupato il vuoto lasciato dagli ipocondriaci vescovi e presbiteri italiani, plaudenti alla “conversione” di Silvia “Aisha” Romano e barricati dentro le loro canoniche per un misero frammento di RNA, mentre i cattolici cinesi, africani e mediorientali rischiano ogni giorno di essere decapitati, torturati, bombardati e bruciati vivi mentre assistono alla S. Messa, preferendola alla loro stessa vita.
Auspico che vostra Ecc.za Rev.ma – avendo a cuore la salute dei fedeli tanto quanto il decoro della Liturgia – voglia disapplicare l’umiliante “protocollo” per tutti i motivi sopra esposti, nonché favorire la celebrazione del Vetus Ordo, che assicura maggiore distanza e minori contatti tra fedeli e presbiteri.
Con osservanza.
Palermo lì 20.5.2020
Avv. Roberto De Petro

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