Atteggiamenti dissacranti e persino sacrileghi verso la Santissimo Eucaristia di tanti ministri sacri, ostacoli posti ai fedeli

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In alcune chiese è stato trovato – come riferisce Aldo Mario Valli su Duc in altum – un volantino che riprende in italiano un testo apparso il 1° maggio 2020 sul sito Religiondigital.org in spagnolo, teso a screditare il ricevimento del Santissimo Sacramento dell’Eucaristia in bocca come una “usanza arcaica”, che si augura sia “finalmente” eliminata, con l’occasione delle disposizioni governative per contrastare la pandemia da Covid-19, per sempre. Riportiamo la traduzione italiano (a cura di Adesita.it) e il commento di Mons. Nicola Bux, pubblicato su Duc in altum.

Facciamo precedere questi testi dal Comunicato (centrato sulle modalità della celebrazione e del ricevimento della Santissima Eucaristia, secondo quanto disposto dal Governo italiano con il benestare della CEI) diffuso dal Comitato spontaneo di laici cattolici “beato Francesco Bonifacio” per la difesa della SS. Eucarestia, con la convocazione per la recita del Santo Rosario in riparazione del Protocollo Governo-CEI del 7 maggio 2020 (che regola la “riammissione” delle Sante Messe cum populo).

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Comunicato
Santo Rosario in riparazione del sacrilego Protocollo Governo-CEI del 7 maggio 2020
Piazza Sant’Antonio a Trieste
Sabato 23 maggio 2020, ore 17.00

Come laici cattolici abbiamo vissuto la privazione della S. Messa impostaci dal Presidente del Consiglio dei Ministri come una insopportabile ingiustizia. I dpcm in oggetto, laddove imponevano la sospensione delle Messe cum populo e dei funerali e delle altre celebrazioni cattoliche, violavano palesemente la Costituzione e il Concordato. Abbiamo inoltre ritenuto gravemente conculcato il nostro diritto costituzionale alla libertà di culto.
Dopo due mesi di gravissime violazioni del diritto, speravamo finalmente di vedere ristabilita la giustizia rispetto ai diritti della Chiesa e nostri, di cittadini italiani fedeli cattolici. Invece ancora una volta il Governo della Repubblica (nelle persone del Presidente del Consiglio e del Ministro degli Interni) ha preteso, palesemente contro la norma costituzionale e concordataria, regolare persino le modalità di svolgimento della Liturgia Eucaristica subordinando a tali norme la possibilità di celebrare la S. Messa.
È inaccettabile, e costituisce un intollerabile abuso che il Governo pretenda di normare Messe, Sacramenti e Liturgia.
Ragione e fede concorrono nel dichiarare inaccettabili le follie normative imposte dal Governo sulla Messa cattolica.
Con forza sottolineiamo come il contenuto delle norme sia palesemente sacrilego ove:
1. impone al Sacerdote di toccare Gesù Eucaristia con i guanti di plastica;
2. impone al fedele di ricevere la SS. Eucarestia sulla mano.
L’Ostia Consacrata non è un pezzo di pane con qualche significato simbolico, è Gesù Cristo stesso realmente presente, in Corpo, Anima e Divinità, ragion per cui la Chiesa, da sempre insegna, che il modo legittimo di ricevere la SS. Eucaristia è in ginocchio e sulla lingua.
In ogni caso mai è consentito toccare Gesù Eucaristia con dei guanti di plastica, non vi è mai stata, e mai vi potrà essere una norma liturgica che consenta una simile pratica.
Del pari, si impone ai fedeli la Comunione sulla mano così violando la legge universale della Chiesa che prevede la Comunione sulla lingua ed in ginocchio quale forma ordinaria e quale diritto per il fedele (Memoriali Domini, Redemptionis Sacramentum, 92).
Il Governo italiano, purtroppo con l’avallo della C.E.I., impone a Sacerdoti e fedeli di compiere dei veri e propri abusi liturgici sacrileghi.
Come fedeli cattolici ci rifiutiamo di renderci complici di simili sacrilegi ed anzi invitiamo Vescovi, Sacerdoti e laici all’obiezione di coscienza e alla disobbedienza civile, a non piegarsi ad una norma ingiusta e illegittima restando invece fedeli alle sacrosante norme della Liturgia cattolica!
L’Eucaristia si celebra e si riceve come Dio comanda e non come comanda il Governo!
Per quanto premesso ne consegue che per tutta la durata della vigenza della normativa, ci troviamo costretti a non poter ricevere la Comunione.
Trieste 20 maggio 2020
Comitato spontaneo di laici cattolici “beato Francesco BONIFACIO” per la difesa della SS. Eucarestia

Joos van Wassenhove (Jodochus van Ghent), Istituzione dell’Eucaristia, 1473-75, olio su tavola, 331 x 335 cm, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino.

“La comunione in bocca è un’abitudine che (a causa di forza maggiore) potremmo (finalmente) abbandonare”
di Maciej Klein
Religión Digital, 1 maggio 2020
Traduzione italiana da Adista.it

Il COVID-19 sta incidendo in tutti i settori della nostra vita. Anche la nostra preghiera è cambiata, almeno quella liturgica. La nostra Messa si vive, ora più che mai, nell’intimo. E forse ci stiamo rendendo conto che l’Eucaristia inizia e ruota intorno alla lavanda dei piedi, alla solidarietà e al servizio ai nostri fratelli. Non a caso le parole di Gesù nell’Ultima Cena sono state: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34).
Noi credenti sappiamo bene che d’ora in poi dovremo cambiare alcune delle nostre usanze liturgiche. La cosa più curiosa è che alcune di esse, anche se le abbiamo con noi da molti secoli, non sono così “cristiane” o così sacre. La comunione in bocca, per esempio; la sua origine non deriva né dall’epoca della Chiesa dei primi cristiani o dal tempo dei Padri della Chiesa.
Al momento stiamo guardando le Messe in TV e ricevendo la comunione in modo spirituale. È già stato annunciato che, con il coronavirus nel mondo, non sarà possibile tornare all’usanza di riceverla in bocca, anche se in alcuni ambienti conservatori difendono quest’usanza a tutti i costi. Ma in realtà quando è stata introdotta la comunione in bocca nella storia della Chiesa?
Lo “spezzare il pane” era ed è il centro di ogni comunità cristiana. Lo era al tempo degli apostoli, lo è oggi. È ben noto il bellissimo testo della catechesi ai catecumeni (IV sec.), che raccomanda loro di fare “della mano sinistra un trono per la mano destra, poiché questa deve ricevere il Re” (VI catechesi mistagogica di Gerusalemme, n. 21: PG 33, col. 1125).
I cristiani ricevevano la comunione in mano fino al Medioevo, e più precisamente fino all’epoca carolingia. Ricordo come il prof. Klaus Schatz S.J., docente di storia ecclesiastica di Sankt Georgen a Francoforte, ci abbia raccontato che all’epoca dell’impero carolingio nelle abitudini della gente si era infiltrato un senso magico della religione. La comunione in bocca fu introdotta proprio per evitare questo senso magico dell’Eucaristia. Molti contadini germanici, quando ricevevano la comunione in mano, nascondevano la particola consacrata e se la portavano a casa, per darla alla loro mucca o ad un altro animale domestico malato. Per evitare queste cattive usanze, fu introdotta l’abitudine della comunione in bocca, che è rimasta con noi, in parte, fino ai giorni nostri.
Oggi non sappiamo quando potremo ricevere la comunione. È certo che sarà in mano, e inoltre in mano per tutti. Potremmo almeno approfittare di questa crisi per lasciarci alle spalle la “comunione in bocca”, una pratica che è nata in una maniera un pò arcaica. Prepariamo, tuttavia, il trono delle nostre mani per il Signore, per il Re … E non dimentichiamoci di usare le nostre mani per servire, che è la cosa principale: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).

Commento di Monsignor Nicola Bux
Duc in altum, 20 maggio 2020

Renderemo conto allo stesso nostro Signore Gesù Cristo dello scandalo, ovvero l’ostacolo che tanti ministri sacri pongono ai fedeli, con i loro atteggiamenti dissacranti e persino sacrileghi verso il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia, sintomo della grave crisi di fede che attraversiamo (crisi di fede = mancato riconoscimento della Presenza di Dio nella liturgia, che per questo è chiamata sacra).
Certo, la causa prima è la secolarizzazione, determinata innanzitutto dai chierici, secondo Charles Peguy, per l’eccessiva enfasi sul simbolismo liturgico, ma ancor più per il venir meno del senso del sacro, sempre a causa della crisi di fede.
Di questa crisi fa parte la riduzione dell’Eucaristia a espressione di solidarietà umana. Così, nel volantino trovato sui banchi di una parrocchia del Milanese, si afferma che “la comunione in bocca è un’abitudine da abbandonare”, perché addirittura non “cristiana” e non sacra, e anche perché non risalirebbe al cristianesimo primitivo e ai Padri: ritorna l’eresia archeologista, per cui dall’antichità si prende quel che si vuole e si lascia quel che non conviene (per esempio, l’orientamento ad Deum di sacerdoti e fedeli durante la celebrazione, di origine apostolica).
Da altri l’abolizione è proposta in nome di una presunta maggiore contagiosità della bocca rispetto alla mano, sulla quale non pochi esperti dissentono.
Lo “spezzare il pane”, da cui il nome dato alla Messa dagli Atti degli Apostoli, non significa che il Sacramento sia stato dato in mano ai discepoli, ma, come attesa Giovanni (cfr 13,26-27), che fu come il boccone porto da Gesù a Giuda, uso ancora invalso presso gli orientali, che ancora fanno la Comunione imboccando i fedeli. Un boccone di pane intinto non può essere dato in mano, ma solo in bocca.

Cirillo o i suoi successori, nella Catechesi Mistagogica 5,22, invita a “Non stendere le mani, ma in un gesto di adorazione e venerazione (tropo proskyniseos ke sevasmatos) accostati al calice del sangue di Cristo”. Di modo che, l’apostolo fa proskinesis, la prostrazione o inchino fino a terra – simile alla nostra genuflessione – protendendo allo stesso tempo le mani come un trono, mentre dalla mano del Signore riceve in bocca la Comunione.
Così sembra efficacemente raffigurato dal Codice purpureo di Rossano, risalente tra la fine del V e l’inizio del VI secolo d.C., probabilmente il primo Evangelario greco miniato composto sicuramente in ambiente siriaco. Dunque, non deve meravigliare il fatto che la tradizione pittorica orientale e occidentale,dal V al XVI secolo abbia raffigurato Cristo che fa la Comunione agli apostoli direttamente sulla bocca. Il Santo Padre Benedetto XVI, in continuità con la tradizione universale della Chiesa, ha ripreso il gesto. Perchè non imitarlo? Ne guadagnerà la fede e la devozione di molti verso il Sacramento della Presenza, specialmente in un tempo dissacratorio come quello odierno.
Nel XVI secolo, i riformatori protestanti, nel loro nuovo culto cristiano, ristabilirono la Comunione sulla mano per affermare due loro eresie fondamentali: 1) non esisteva affatto la cosiddetta ‘transustanziazione’ e il pane usato era pane comune. In altre parole, sostenevano che la reale presenza di Cristo nell’Eucarestia fosse solo una superstizione papista ed il pane fosse solo semplice pane e chiunque lo potesse maneggiare. Inoltre, affermarono che il ministro della Comunione non fosse affatto Diverso, nella sua natura, dai laici. È invece insegnamento cattolico che il Sacramento dell’Ordine Sacro dona all’uomo un potere spirituale, sacramentale, imprime cioè un segno indelebile nella sua anima e lo rende sostanzialmente diverso dai laici. Al contrario, il ministro protestante è un uomo comune che guida gli inni, fa sermoni per sostenere le convinzioni dei credenti. Egli non può trasformare il pane ed il vino nel Corpo e nel Sangue di Nostro Signore, non può benedire, non può perdonare i peccati, non può, in una parola, fare niente che non possa fare un qualsiasi semplice laico.

In altra sede abbiamo portato a sostegno il codice purpureo di Rossano del V secolo, quindi ben prima dell’epoca carolingia, e interpretato l’invito di san Cirillo, vescovo di Gerusalemme, a fare delle mani come un trono, con l’esigenza di protenderle sotto la nostra bocca, affinché, ricevendo il “boccone” eucaristico, nessun frammento andasse disperso.
Si veda pure il tema della Comunione degli Apostoli, nell’iconografia bizantina, che non attinge ex post, come tutte le testimonianze orientali, fino agli occidentali Beato Angelico, Tintoretto eccetera.
Perciò l’attribuzione del gesto, da parte del gesuita Schatz, all’infiltrazione tra i fedeli di “un senso magico della religione”, portando alla Comunione in bocca, è evidentemente ideologica.
L’autore del volantino non può ignorare che, ai nostri giorni, non è la Comunione in bocca a essere a rischio di profanazione – posto che distingua il sacro dal profano – ma quella sulla mano: non sa che vi sono fedeli che, ricevuta la particola sulla mano, la portano con sé? Per quali usi? Non sa che è stato accertato persino l’uso per riti satanici? Quindi, il senso per dir così magico di cui si accusa la Comunione in bocca non è sparito, e ritorna con quella in mano.
Nella conclusione, l’autore del volantino si contraddice, in quanto, dopo aver affermato che la pratica della Comunione in bocca non c’era nel cristianesimo primitivo, afferma che tale “pratica è nata in una maniera più arcaica” e insiste di nuovo sulla riduzione dell’Eucaristia a servizio dei fratelli. In verità, l’autore non vuole riconoscere che Cristo ha istituito il sacramento affinché diventassimo un solo corpo con lui, proprio mediante la Comunione al suo corpo e al suo sangue; solo così diventiamo sue membra e, nella misura in cui altri lo fanno, ci riconosciamo fratelli. Questa è l’agàpe (greco) e la charitas (latino) dei cristiani, vero nome della solidarietà. Non c’è bisogno di alcun Alto comitato per la fratellanza umana, perché questa scaturisce come conseguenza solo dal riconoscimento dell’unico Signore Gesù Cristo, del cui corpo e sangue si nutrono, mediante iniziazione cristiana, quanti si convertono e sono battezzati. Così pure si comprende il noto assioma: “È l’Eucaristia che fa la Chiesa” e, di conseguenza, la Chiesa può fare l’Eucaristia (cfr Giovanni Paolo II, enciclica Ecclesia de Eucharistia, n.26).
Dunque, nonostante la crisi della fede, è l’insopprimibile senso del sacro – che il Verbo, con la sua Incarnazione, non ha cancellato dal cuore dell’uomo, anzi fatto avanzare – a spingere tanti sacerdoti e fedeli a non accettare di amministrare e rispettivamente ricevere la Comunione mediante un guanto profano. È necessaria la fede per riconoscere il Corpo e il Sangue di Cristo veramente, realmente, sostanzialmente presenti sotto le specie del pane e del vino – apparenze che san Tommaso con termine aristotelico chiama “accidenti” – tant’è che quando una particola eucaristica cade per terra il celebrante non la usa per la Comunione, ma la immette in un vasetto, il “purifichino”, dove si dissolve, quindi finisce la presenza reale.
Nell’attuale contagio, se si ritenesse insufficiente il lavabo delle mani prima della Messa e dopo l’offertorio, magari con aggiunta di detergente, si potrebbe ricorrere alla pinza o a quanto avviene nel rito romano antico, nella Messa celebrata dal vescovo: questi usa le chiroteche, ossia i guanti in stoffa pregiata, ornati con croci; egli li usa durante tutta la Messa, ma li toglie per fare l’Offertorio, la Consacrazione e la Comunione. Insomma, il contrario di quanto si sta facendo adesso, toccando a mani nude tutto ciò che occorre (messale, microfono, eccetera), e mettendosi il guanto alla Comunione. È paradossale! Sono soprattutto le sacre offerte che il ministro sacro dovrebbe toccare con mani pure, salvaguardando invece codeste mediante le chiroteche per il resto della celebrazione. Non solo i vescovi usavano le chiroteche, ma anche i sacerdoti dei Capitoli canonicali le avevano tra le loro insegne. Perché non riproporre tale modalità d’uso di questi guanti liturgici da parte dei sacerdoti, non solo dei vescovi, almeno in questo tempo eccezionale?
Chissà perché quei preti, così ecumenici con gli ortodossi d’Oriente, che sono inflessibili nell’amministrare la Comunione col cucchiaio e in bocca, smettono di affermare che bisogna imparare da questi, e diventano arroganti e inflessibili con i loro fedeli latini (romani e ambrosiani) che vogliono comunicarsi in ginocchio e sulla lingua, o porgono un piccolo lino per ricevere l’Eucaristia sul palmo della mano e assumerla direttamente con la bocca. Non sono queste le disposizioni della Chiesa? Non resta che riaffermarle con coraggio di fronte ai preti e ai vescovi, memori di quanto affermava Giovanni Paolo II: “Chi ha timore di Dio non ha paura degli uomini”.

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