Torre del Greco, caso di ignoranza storica, mancanza di professionalità e sospetto di abuso di potere da parte di pubblici ufficiali

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Ieri abbiamo ricevuto la segnalazione di un fatto, che è degno di attenzione, per la mancanza di rispetto dei diritti costituzionali e della libertà di opinione da parte – così sembra – di pubblici ufficiali a Torre del Greco.

La domanda posta: “È giusto che un nostro compatriota, il Prof. Piero Di Stasio venga minacciato dalla polizia municipale di Torre del Greco, con l’affermazione che è illegale esporre sul proprio balcone la bandiera delle Due Sicilie, quella che rappresenta la nostra vera storia, quella vera cultura, che ci ha dato onore e gloria. Si stanno facendo abusi di poteri illegali e non abbiamo nessuno che ci tuteli? Fra poco inizieranno anche le rappresaglie… Veramente, non sappiamo più a chi rivolgerci per essere tutelati. E sempre W ‘Rre nuost Borbone”.

Quindi, ho fatto una ricerca sul accaduto e ho trovato un video Facebook in diretta del 19 maggio 2020 alle ore 10.28 (privato) sull’accaduto.

Inoltre, ho trovato il post Facebook (pubblico) del diretto interessato, il Prof. Piero Di Stasio del 18 maggio ore 23.58, con il racconto dell’accaduto:

«Questo pomeriggio ho rischiato e mi è andata bene (almeno per ora).
Scendo da casa per andare alla Santa Messa, due persone col naso all’insù guardano la bandiera esposta al mio balcone. Mi sono fermato a guardare anch’io.
Lui (tanto per rimanere nel vago e non fuorviare): “Sa mica di chi è”?
Io (tutto orgoglioso e fiero): “Mia, è mia”
Lui : “La dovrebbe togliere quella bandiera, non è legale”.
Io (nervoso per il dolore alla gamba, accuso la doccia fredda): “1. buonasera; 2. mi spieghi e mi dimostri, carte alla mano, perché non è legale; 3. poi io le spiego, carte alla mano, perché quella Bandiera è una delle poche cose legali che ci sono in questo stato”.
Lui: Cominci a dirmi chi è e dove va. Mi favorisca un documento e l’autocertificazione”.
Io: “Chi sono lo vede dal documento; sto andando alla Santa Messa, e l’avviso che se mi trattiene oltre il necessario e mi fa trovare la Messa già iniziata, la denuncio per violazione dei miei diritti costituzionalmente riconosciuti”.
Lui (restituendomi il documento): “Vada, vada. Ma lo sa che potremmo salire a casa e toglierla noi”?
Io: “Quel Vessillo, 160 anni fa, è stata l’unica cosa che non sono riusciti a toglierci; non è mai caduto in mani nemiche, perché mai dovrebbe caderci ora? Se volete, provateci, ma venite quando sono su in casa. A vostro rischio e pericolo di cadere dal balcone”.
Lui: “Minaccia”?
Io (andandomene): “No. Promessa”!!!

Il Prof. Pietro De Blasi, classe 1966, è una persona molto rispettata a Torre del Greco. Ha frequentato l’Istituto Magistrale “L. Milani” a San Giovanni a Teduccio e studiato Scienze Politiche presso Università degli Studi di Napoli Federico II. Ha lavorato con la Real Casa del Portogallo e attualmente lavora presso l’Archivio Storico della Basilica Pontificia di Santa Croce e l’Archivio Storico Comunale a Torre del Greco. La Basilica Pontificia di Santa Croce è il principale luogo di culto cattolico del comune e la chiesa conserva un importante archivio storico, che si compone di sette fondi, posto sotto vincolo e dichiarato di particolare interesse storico.

In merito della questione dell’esposizione della bandiera storica delle Due Sicilie, prima di tutto, lo stemma della Real Casa di Borbone delle Due Sicilie è un simbolo identitario, non in contrasto con i valori della Repubblica italiana. Infatti, nella Costituzione italiana non esiste alcun articolo inerente l’esposizione di una bandiera di uno stato preunitario, tanto meno alla proibizione dell’esposizione. Inoltre, non esiste una legge dello Stato italiano che vieti l’esposizione di uno bandiera di uno stato preunitario, come per esempio la bandiera del Regno delle Due Sicilie (bianca con lo stemma della Real Casa di Borbone delle Due Sicilie), o delle bandiere altrettante storiche delle Repubbliche marinare di Amalfi, di Genova, Pisa o di Venezia, che vengono regolarmente esposte, senza provocare reazioni scomposte.

Infatti, in passato, a seguito del sequestro da zelanti agenti della Digos, la bandiera storica del Regno delle Due Sicilie fu restituita per ordine dei pubblici ministeri, che archiviarono (in realtà avrebbero dovuto aprire un fascicolo a carico dei pubblici ufficiali per abuso di potere nell’effettuare il sequestro).

Insomma, non c’è nessuna legge che proibisce di esporre delle bandiere storiche preunitarie e non è previsto alcun reato nel Codice Penale o disposizione amministrativo per cui sarebbe proibito l’esposizione di un simbolo storico di uno stato preunitario. Infatti, oggi lo stemma della Real Casa di Borbone delle Due Sicilie è su molti prodotti e gadget commerciali, presente anche nelle pubblicità televisive, che si dovrebbe perseguire se fossero illegali.

Si potrebbe citare – con somma ignoranza – gli articoli del Codice penale 290 (Vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle Forze Armate) e 292 (Vilipendio con espressioni ingiuriose alla bandiera nazionale o pubblica e intenzionale danneggiamento della bandiera nazionale o di un altro emblema dello Stato).

Vilipendere significa manifestare disprezzo o dileggio. Si tratta di un concetto di per sé indeterminato e questo ha attirato forti critiche da parte della dottrina, che ha qui ravvisato un conflitto con il principio di libera manifestazione del pensiero. La condotta in esame deve poi esplicarsi pubblicamente e tale pubblicità del fatto costituisce per alcuni autori una condizione obiettiva di punibilità, mentre per altri è un elemento costitutivo del reato, che deve perciò essere conosciuto e voluto dall’agente.

Risulta, che nell’esposizione delle bandiere storiche preunitarie non si evidenzia alcun reato di vilipendio come inteso negli articoli 291 e 292 del Codice penale.

Comunque, sui social media continua ad apparire la domanda se fosse legale esporre la bandiera del Regno delle Due Sicilie e spesso si fa riferimento al Cerimoniale di Stato, dicendo che è vietato esporre sugli e negli edifici pubblici istituzionali italiane bandiere e vessilli non istituzionali o privati o di parte, ovvero possono essere esposte esclusivamente bandiere pubbliche istituzionali.

Invece, il cerimoniale della Presidenza del Consiglio dei ministri della Repubblica fa presente solamente, che le bandiere dei movimenti non si possono esporre con la bandiera nazionale “la cui dignità è tutelata dall’articolo 12 della Costituzione, da una serie di leggi e anche dall’articolo 292 del Codice penale, sul vilipendio del tricolore”. In ogni caso, esporle non può essere considerato vilipendio alla Repubblica, alle istituzioni, alle forze armate e alla bandiera italiana.

Nei FAQ dell’Ufficio del Cerimoniale di Stato sul sito istituzionale di Palazzo Chigi, alla voce “Bandiere” si legge:

1. Un privato può esporre sul proprio balcone una bandiera straniera?
SÌ a condizione che ne rispetti il decoro

3. Un privato gestore di un pubblico esercizio (albergo, ristorante, ecc.) può esporre bandiere straniere?
SÌ, a condizione che ne rispetti il decoro e esponga anche la bandiera nazionale

5. Una azienda può esporre bandiere straniere?
SÌ, a condizione che ne rispetti il decoro

7. E la propria bandiera?
A proprio piacimento, ma se espone anche la bandiera nazionale i due vessilli devono essere posti in punti separati

10. Si possono esporre sugli edifici pubblici istituzionali bandiere e vessilli non istituzionali o privati o di parte?
NO, perché sugli edifici pubblici istituzionali possono essere esposte esclusivamente bandiere pubbliche istituzionali

13. Un organo pubblico può esporre bandiere o simboli privati?
NO, per esempio un sindaco non può esporre sul municipio la bandiera del proprio partito o altri vessilli che non hanno valore pubblico.

14. Si possono esporre negli edifici pubblici bandiere di partito o di associazioni o di movimenti o bandiere della pace, ecc.?
NO, perché negli edifici pubblici possono essere esposte soltanto le bandiere pubbliche istituzionali. Ciò per rispettare il carattere di “neutralità” delle sedi istituzionali, che costituisce sacro principio democratico.

15. Se un Comune vuole manifestare adesione ad un movimento esponendone il vessillo, come può fare?
Può esporre il vessillo rappresentativo del movimento dove vuole, ma non al fianco della bandiera nazionale o europea perché i vessilli e le bandiere dei movimenti non hanno il rango istituzionale che compete alle bandiere ufficiali e quindi non si possono mescolare senza ledere la dignità della bandiera nazionale tutelata dalle norme (L’art. 12 della Costituzione, la legge 22/98, il DPR 121/2000, l’art. 292 del Codice penale ed i principi generali del protocollo di Stato)

24. Le amministrazioni regionali e locali possono autodisciplinare l’esposizione delle bandiere?
SÌ, ma possono esclusivamente disporre esposizioni aggiuntive ma mai limitative delle norme in vigore.

31. Quanto riportato sulle FAQ circa la modalità di esposizione della bandiera nazionale da parte dei privati è regolato da una norma? È coercibile, sempre con riferimento ai privati, la mancata osservanza di quanto riportato circa la posizione d’onore della bandiera italiana ed il suo buono stato d’uso?
La normativa vigente (L. 5 febbraio 1998, n. 22 e D.P.R. 7 aprile 2000, n. 121) regola l’utilizzo e l’esposizione della bandiera nazionale e della bandiera dell’Unione Europea. In particolare la Legge 22/1998 detta disposizioni generali sull’uso delle bandiere, mentre il DPR 121/2000 costituisce “Regolamento del governo sull’uso delle bandiere della Repubblica italiana e dell’Unione europea da parte delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici”. Non esiste al riguardo una normativa specifica che stabilisca un regime autorizzatorio rivolto ai privati, i quali pertanto hanno facoltà di scegliere autonomamente l’eventuale esposizione del tricolore. Valgono per essi comunque le regole generali stabilite dalla normativa citata, come asserito in particolare dall’art. 1, comma 2 della Legge 22/1998: “(…)Le disposizioni della presente legge costituiscono altresì norme generali regolatrici della materia (…)”.
Vi è pertanto l’obbligo, per chiunque esponga la bandiera nazionale di rispettarne il decoro (“Le bandiere sono esposte in buono stato e correttamente dispiegate; né su di esse, né sull’asta che le reca, si applicano figure scritte o lettere di alcun tipo”, art. 9 del DPR 121/2000).

La medesima normativa non prevede specifiche sanzioni per la mancata osservanza delle prescrizioni descritte, ma resta salvo quanto stabilito dall’art. 292 del codice penale, così come modificato dall’art. 5 della Legge 24 febbraio 2006, n. 85: “(…) Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni. Agli effetti della legge penale per bandiera nazionale si intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali”.

Per inciso va detto – che è un’ovvietà – che la bandiera bandiera storico del Regno dello Due Sicilie non rappresenta più uno Stato attuale, altrimenti andava accompagnata dal tricolore e della bandiera dell’Unione europea.

Quindi, un cittadino può tranquillamente in tutta legalità esporre la bandiera storica del Regno dello Due Sicilie al suo balcone.
Ritornando al “caso Torre del Greco” del 18 maggio 2020, l’unica cosa illegale è stata la supponenza e scandalosa ignoranza del pubblico ufficiale nei confronti del Prof. Piero Di Stasio. Quindi, togliere la bandiera del Regno delle Due Sicilie per il Prof. Pietro Di Stasio sarebbe finita – come nei casi pregressi- in una bolla di sapone (e la bandiera gli sarebbe stata restituita), mentre la prepotenza potrebbe essere stato un problema per il pubblico ufficiale, che ha minacciato di togliere la bandiere. Innanzitutto, si doveva qualificare e mostrare un suo documento o un distintivo del corpo di appartenenza. Poi, non sarebbe mai e poi mai potuto salire in casa del Prof. Piero Di Stasio per eseguire la sua minaccia. Certamente, avrebbe potuto arrampicarsi dall’esterno, a proprio rischio e pericolo, però, senza varcare la porta di casa. Comunque, avrebbe commesso un grave abuso d’ufficio, nonché dato dimostrazione del misero livello della sua cultura civile e legale, e della sua professionalità.

In conclusione, la Procura della Repubblica dovrebbe indagare su questo pubblico ufficiale, che ha minacciato di entrare illegalmente in casa di un privato cittadino e compiere, lui sì, un reato.

Lo stemma della Real Casa di Borbone Due Sicilie – che campeggia sul fondo bianco della bandiera storica del Regno delle Due Sicilie – è composto da uno scudo centrale ovale, diviso in 19 parti (17 armi e 2 scudetti), cimato dalla corona reale e circondato dai collari di 6 ordini cavallereschi. La sua complessità è data dalla sua lunga storia. Il primo nucleo dello stemma deriva direttamente dagli Angiò (un tappeto di gigli d’oro in campo azzurro sormontato da un rastrello rosso), di cui i Borboni sono discendenti. Lo scudo di Gerusalemme fu portato in precedenza da Federico II di Svevia. In seguito gli Aragonesi scacciarono gli Angioini dalla Sicilia e sollevarono delle pretese dinastiche anche sul Regno di Napoli, per cui lo stemma araldico si arricchì anche dei colori d’Aragona. Con la conquista dei due Regni da parte dei Re Cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona, lo stemma acquisisce le Armi di Castiglia, Leon e Granada. Con l’avvento di Carlo V al trono di Spagna, lo stemma si caricò delle Armi di Austria, Borgogna, Brabante, Limburgo e Tirolo. Per la prima volta lo scudo è cinto alla base da un collare: quello del Toson d’oro (istituito nel 1730 dal Duca di Borgogna, Filippo il Buono di Valois). Il figlio di Carlo V, Filippo II porterà le Armi di Portogallo, delle Fiandra e di Anversa. Quando Carlo di Borbone riconquistò i Regni di Napoli e Sicilia caricò lo scudo paterno (spagnolo) delle Armi di Parma e di Toscana. Alla base dello stemma conservò il Toson d’oro a cui aggiunse il collare del Santo Spirito, di cui era insignito, il collare del Sacro Militare Ordine Costantininano di San Giorgio, facente parte dell’eredità farnesiana, ed il collare del Insigne e Reale Ordine di San Gennaro, da lui istituito. Con decreto del 21 dicembre 1816 Ferdinando I provvide alla definizione dello stemma che sopravvive fino ai giorni nostri. Nel riordinare lo stemma vi aggiunse il collare della Concezione e quello di San Ferdinando e del Merito.

La Bottega della Due Sicilie di Matteo Vaia: QUI.

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