Papa Francesco: Gesù ha sperimentato l’esilio

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“Nella fuga in Egitto il piccolo Gesù sperimenta, assieme ai suoi genitori, la tragica condizione di sfollato e profugo segnata da paura, incertezza, disagi. Purtroppo, ai nostri giorni, milioni di famiglie possono riconoscersi in questa triste realtà. Quasi ogni giorno la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie. In ciascuno di loro è presente Gesù, costretto, come ai tempi di Erode, a fuggire per salvarsi. Nei loro volti siamo chiamati a riconoscere il volto del Cristo affamato, assetato, nudo, malato, forestiero e carcerato che ci interpella. Se lo riconosciamo, saremo noi a ringraziarlo per averlo potuto incontrare, amare e servire. Le persone sfollate ci offrono questa opportunità di incontro con il Signore”.

Queste parole fanno parte del messaggio che Papa Francesco ha scritto per la 106ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato di quest’anno, che si terrà il 27 settembre 2020, intitolato ‘Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni’, promulgata nel giorno della memoria della Beata Vergine Maria di Fatima, partendo dalla Costituzione Apostolica ‘Exsul Familia’ di papa Pio XII, in quanto quello degli sfollati interni è un dramma spesso invisibile, perché fanno più notizia i migranti che varcano dei confini nazionali per entrare in un Paese che non è il loro:

“Quasi ogni giorno la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie. In ciascuno di loro è presente Gesù, costretto, come ai tempi di Erode, a fuggire per salvarsi. Nei loro volti siamo chiamati a riconoscere il volto del Cristo affamato, assetato, nudo, malato, forestiero e carcerato che ci interpella. Se lo riconosciamo, saremo noi a ringraziarlo per averlo potuto incontrare, amare e servire”.

Dal punto di vista pastorale, per affrontare questa sfida il pontefice propone sei coppie di verbi, che corrispondono ad azioni concrete legate tra loro in una relazione di causa-effetto, di cui il primo riguarda la conoscenza: “Bisogna conoscere per comprendere. La conoscenza è un passo necessario verso la comprensione dell’altro. Lo insegna Gesù stesso nell’episodio dei discepoli di Emmaus…

Quando si parla di migranti e di sfollati troppo spesso ci si ferma ai numeri. Ma non si tratta di numeri, si tratta di persone! Se le incontriamo arriveremo a conoscerle. E conoscendo le loro storie riusciremo a comprendere. Potremo comprendere, per esempio, che quella precarietà che abbiamo sperimentato con sofferenza a causa della pandemia è un elemento costante della vita degli sfollati”.

Dopo la conoscenza avviene il servizio, come ha fatto il Samaritano: “Le paure e i pregiudizi (tanti pregiudizi)ci fanno mantenere le distanze dagli altri e spesso ci impediscono di ‘farci prossimi’ a loro e di servirli con amore. Avvicinarsi al prossimo spesso significa essere disposti a correre dei rischi, come ci hanno insegnato tanti dottori e infermieri negli ultimi mesi. Questo stare vicini per servire va oltre il puro senso del dovere; l’esempio più grande ce lo ha lasciato Gesù quando ha lavato i piedi dei suoi discepoli: si è spogliato, si è inginocchiato e si è sporcato le mani”.

Quindi la riconciliazione occorre l’ascolto: “Ce lo insegna Dio stesso, che, inviando il suo Figlio nel mondo, ha voluto ascoltare il gemito dell’umanità con orecchi umani… L’amore, quello che riconcilia e salva, incomincia con l’ascoltare. Nel mondo di oggi si moltiplicano i messaggi, però si sta perdendo l’attitudine ad ascoltare. Ma è solo attraverso un ascolto umile e attento che possiamo arrivare a riconciliarci davvero.

Durante il 2020, per settimane il silenzio ha regnato nelle nostre strade. Un silenzio drammatico e inquietante, che però ci ha offerto l’occasione di ascoltare il grido di chi è più vulnerabile, degli sfollati e del nostro pianeta gravemente malato. E, ascoltando, abbiamo l’opportunità di riconciliarci con il prossimo, con tanti scartati, con noi stessi e con Dio, che mai si stanca di offrirci la sua misericordia”.

L’ascolto perciò è condivisione: “Per crescere è necessario condividere. La prima comunità cristiana ha avuto nella condivisione uno dei suoi elementi fondanti… Dio non ha voluto che le risorse del nostro pianeta fossero a beneficio solo di alcuni. No, questo non l’ha voluto il Signore! Dobbiamo imparare a condividere per crescere insieme, senza lasciare fuori nessuno.

La pandemia ci ha ricordato come siamo tutti sulla stessa barca. Ritrovarci ad avere preoccupazioni e timori comuni ci ha dimostrato ancora una volta che nessuno si salva da solo. Per crescere davvero dobbiamo crescere insieme, condividendo quello che abbiamo, come quel ragazzo che offrì a Gesù cinque pani d’orzo e due pesci… E bastarono per cinquemila persone!”

Ed infine il papa invita alla collaborazione: “E’ necessario collaborare per costruire… Costruire il Regno di Dio è un impegno comune a tutti i cristiani e per questo è necessario che impariamo a collaborare, senza lasciarci tentare da gelosie, discordie e divisioni… Per preservare la casa comune e farla somigliare sempre più al progetto originale di Dio, dobbiamo impegnarci a garantire la cooperazione internazionale, la solidarietà globale e l’impegno locale, senza lasciare fuori nessuno”.

Il messaggio è concluso dalla preghiera a san Giuseppe, che fu costretto a fuggire in Egitto per salvare Gesù:: “Padre, Tu hai affidato a San Giuseppe ciò che avevi di più prezioso: il Bambino Gesù e sua madre, per proteggerli dai pericoli e dalle minacce dei malvagi. Concedi anche a noi di sperimentare la sua protezione e il suo aiuto.

Lui, che ha provato la sofferenza di chi fugge a causa dell’odio dei potenti, fa’ che possa confortare e proteggere tutti quei fratelli e quelle sorelle che, spinti dalle guerre, dalla povertà e dalle necessità, lasciano la loro casa e la loro terra per mettersi in cammino come profughi verso luoghi più sicuri. Aiutali, per la sua intercessione, ad avere la forza di andare avanti, il conforto nella tristezza, il coraggio nella prova.

Dona a chi li accoglie un po’ della tenerezza di questo padre giusto e saggio, che ha amato Gesù come un vero figlio e ha sorretto Maria lungo il cammino. Egli, che guadagnava il pane col lavoro delle sue mani, possa provvedere a coloro a cui la vita ha tolto tutto, e dare loro la dignità di un lavoro e la serenità di una casa. Te lo chiediamo per Gesù Cristo, tuo Figlio, che San Giuseppe salvò fuggendo in Egitto, e per intercessione della Vergine Maria, che egli amò da sposo fedele secondo la tua volontà”.

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