Ernesto Preziosi: per l’Italia post pandemia il richiamo a don Sturzo
“A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà. E mentre i rappresentanti delle Nazioni vincitrici si riuniscono per preparare le basi di una pace giusta e durevole, i partiti politici di ogni paese debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto stabile alle Nazioni, ad attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali, del lavoro, a sviluppare le energie spirituali e materiali di tutti i paesi uniti nel vincolo solenne della Società delle Nazioni”.
Così scriveva più di 100 anni fa don Luigi Sturzo nell’Appello ‘Ai liberi e forti’ ed a distanza di tempo l’appello è fortemente attuale, perché, una volta passata la pandemia, il mondo non sarà più lo stesso, in quanto il ‘dopo’ costituisce oggettivamente un’occasione unica per poter ridisegnare una comunità e riscoprire la sua ragione d’essere. Ed è naturale chiedersi quale ruolo potranno avere in questa fase i cattolici, che in Italia, pur non essendo rappresentati politicamente attraverso una formazione unitaria, costituiscono un elemento determinante nella società.
In questa prospettiva, un valido aiuto viene dal libro di Ernesto Preziosi, direttore del Centro di ricerca e studi storici e sociali e membro del Consiglio Scientifico dell’Istituto per la Storia dell’Azione Cattolica e del Movimento Cattolico in Italia ‘Paolo VI’ , dal titolo: ‘Cattolici e presenza politica. La storia, l’attualità, la spinta morale dell’Appello ai liberi e forti’, con un’introduzione di mons. Cataldo Naro, che spiega come la più importante lezione lasciata dal sacerdote calatino ai cattolici sia ‘la creatività’.
Infatti nell’inizio del libro l’autore scrive: “Le difficoltà, evidenti e più volte sperimentate, non debbono scoraggiare: è una strada che va percorsa favorendo uno stile di confronto che parta da una essenziale stima reciproca, che non si fa velo delle diversità. E’ possibile trovare ‘una forma per esprimersi insieme’?
E’ compito di un laicato, ‘convenientemente formato’, individuare e promuovere forme idonee, in un discernimento comune con i pastori. L’impegno creativo e lo stesso discernimento non possono concentrarsi su modelli astratti, frutto solo di scienza politologica. Dobbiamo partire dalla realtà, da ciò che si è trasformato nella società e dal suo triste riverbero nelle istituzioni di ogni livello, da quelle locali a quelle centrali. In sostanza è urgente rigenerare una proposta condivisa”.
Perché un libro sulla presenza dei cattolici in politica?
“I motivi sono due: i credenti hanno una inderogabile responsabilità per il bene comune e quindi per la politica, che discende dal Battesimo, dal loro essere resi figli e quindi fratelli, responsabili gli uni per gli altri. In secondo luogo questa responsabilità è stata vissuta nell’ambito politico con modalità diverse nelle varie fasi storiche. Il libro ne ripercorre le tappe, a partire da quel gennaio 1919 in cui Sturzo fondò, con il suo Appello, il Partito popolare. Sono due elementi che ci chiedono di fare la nostra parte.
Il momento che viviamo inoltre, offre un ulteriore motivo, chiede ai credenti un nuovo impegno: siamo infatti, dentro un cambiamento profondo, che non incide solo sulle strutture e sulle istituzioni ma agisce nell’animo umano, nei rapporti interpersonali, nelle relazioni sociali. In crisi sono gli organismi stessi della democrazia rappresentativa verso cui si alimenta la disaffezione e la protesta, aggravata da una grave crisi economica destinata a peggiorare dopo questa epidemia”.
Quanto è importante oggi per la politica non dimenticare la ‘creatività’ di don Sturzo?
La creatività è un elemento portante dell’esperienza sturziana che si è tradotta nella creazione di uno strumento partitico come risposta ai bisogni dedotti dalla lettura della realtà. Con il Partito Popolare si apre uno scenario politico radicalmente nuovo per l’Italia: Sturzo vede la politica come «esercizio delle libertà nelle istituzioni» e dunque come zona non più vietata per i cattolici, aprendo così la possibilità di agire per trasformare in senso democratico lo Stato liberale.
Quella storia, caratterizzata da laicità, aconfessionalità e interclassismo. non va rimpianta né replicata: da essa viene una spinta morale a fare, oggi, la nostra parte. Il presidente Cei ha parlato del movimento politico cattolico come di una ‘bussola’ da usare nel nostro tempo. Guardare a quella stagione sollecita la responsabilità ‘per affrontare le questioni e i problemi della nostra gente’”.
Quale ruolo possono avere i cattolici nell’avviare processi democratici di libertà?
“Occorre recuperare in primo luogo un ruolo di protagonismo culturale. La cattolicità italiana presenta una ricca e articolata presenza nel sociale che spesso guarda la politica da lontano ma che, nelle necessità del momento, potrebbe essere un forte volano per un modo nuovo di pensare e di agire.
La novità che tanti si aspettano può emergere solo da un libero confronto, non tra poche sigle autoreferenziali, ma fra l’insieme dei percorsi che sono oggi in movimento, delle competenze e delle buone pratiche, delle persone che si interrogano su una visione di democrazia, di uguaglianza, d’Europa, di cittadinanza.
Vanno messe in contatto esperienze presenti e disperse nella società, nel mondo della cultura, nella realtà agricola e ambientale, nella nuova imprenditoria, nella cooperazione internazionale. Realtà dove operano persone che non si sentono attratte dalla politica, ma che ne capiscono il valore e potrebbero offrire un valido contributo”.
Vi è un compito specifico anche della comunità cristiana?
“Un certo disorientamento elettorale, che ha spinto tanti credenti verso il non voto o la protesta, non nasce solo dall’esasperazione sociale ma anche da una formazione politica debole, disincarnata, talvolta spiritualistica, spesso avulsa dalla storia. Qui sta un compito primario da svolgere: la formazione cristiana, perché la fede illumini i criteri di giudizio, i modelli di comportamento e di azione, dando sostanza ad una visione culturale che ha al centro la dignità di ogni persona e i grandi valori che il cristianesimo ispira.
Ai cattolici oggi forse non è chiesto tanto di rendere presente una loro rappresentanza in politica, bensì di contribuire, accanto ad altri uomini e donne di buona volontà, a superare la crisi della democrazia italiana e il rischio del declino della politica. Così come è chiesto di accompagnare quei fedeli che si impegnano per il bene comune e di sentirli parte della comunità cristiana, occasione per il confronto e il discernimento. E’ una formazione che fa crescere cittadini ‘degni del Vangelo’, che non rinunciano ‘al realismo della dimensione sociale del Vangelo’, come è scritto al n^ 88 dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium”.
A quale impegno di ‘ricostruzione’ della società sono chiamati i cattolici nel dopo coronavirus? Con quali possibili proposte?
“Tra le proposte possibili, ne richiamo una in cui sono coinvolto. Nel dicembre scorso, con la Terza Costituente delle Idee, promossa da Argomenti2000 (Argomenti2000.it), si è avanzata una proposta di incontro-confronto tra quanti sono interessati e coinvolti nel servizio politico alla luce dell’ispirazione cristiana. Una proposta che potrebbe essere la concretizzazione della necessità di costruire un ‘luogo’ di incontro.
Un forum, che potrebbe anche diventare permanente, per confrontarsi su alcuni temi dell’agenda politica, puntando a costruire una piattaforma progettuale, una convergenza sui contenuti più e prima che sui contenitori. Un modo con cui i cattolici italiani, nel rispetto di un pluralismo politico che è una ricchezza democratica, possono svolgere un ruolo storico prezioso nella cura del bene comune di oggi”.
(Foto: sito personale)