Don Pinna racconta la vita della parrocchia con umorismo

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“Queste lettere, frutto della fantasia e di qualche mezz’ora libera nel corso della settimana, sono scritte con intento umoristico, che a dire di Giovannino Guareschi ‘riesce (più o meno bene) a fare lunghi discorsi con pochissime parole (e dice senza dire)’ e che non deve per forza far ridere, ma sarebbe sufficiente che riuscisse a far pensare. Il protagonista delle lettere inviate direttamente a nostro Signore porta il nome di un prete a me caro, ma che ha poco a che vedere con il temperamento del personaggio qui descritto. A voler fare un bilancio, credo che questo epistolario mi sia servito come potrebbe servire un ciclo di sedute psichiatriche. Spero aiuti anche voi”.

Così scrive nelle ‘avvertenze prima dell’uso’ al suo libro, ‘Dalle lettere di don Augusto. Come rimanere cattolici nonostante tutto’, don Samuele Pinna, sacerdote e teologo della diocesi di Milano ed autore di una biografia di Bud Spencer, che ci illustra la struttura di questo ‘strano’ epistolario, introdotto da Paolo Gulisano e concluso da una nota di Enrico Beruschi:

“Le lettere sono 13 (più 1) e, se nel numero si richiamano al primo e più famoso epistolario della storia della cristianità (quello dell’apostolo Paolo), esse prolungano lo stile colloquiale dei dialoghi guareschiani di don Camillo col ‘suo’ Cristo nell’antico genere letterario delle Confessioni, che in Agostino hanno tuttora il modello insuperato”.

Allora ci può spiegare chi è don Augusto?

“Nella prima stesura, il mio ‘don Augusto’ s’ispirava molto alla figura di ‘Don Camillo’; poi, in un secondo momento, si è voluto dargli una profondità diversa, così che il personaggio risultasse originale. In fondo, è un sacerdote che ama le persone a lui affidate: è anziano e ciò lo rende saggio e carico di esperienze. Certo, vede la realtà cambiare velocemente, ma cerca di rileggere tutto con uno sguardo di buonsenso.

Non ce l’ha con nessuno, se non con la stupidità che ogni tanto può prendere le persone, soprattutto in una ‘società liquida’ come quella attuale. Ecco che, allora, constata come il ‘mondo’, per tanti aspetti, sia ‘al contrario’. La causa la trova  nel misconoscimento del valore di una verità certa, dove ogni cosa diventa fluttuante in un relativismo logico, teologico e morale che porta a confusione”.

Perché sente l’esigenza di scrivere lettere ai parrocchiani?

“In realtà, lui non scrive ai parrocchiani, ma al ‘suo’ caro e buon Gesù  e lo fa per non ammattire. Il sacerdote è colui che ama sopra ogni cosa il suo Signore e, quindi, la persona con cui può aprirsi e condividere di più non può che essere il Cristo. Dall’amore per il Creatore discende quello per le creature: ciò che amareggia don Augusto non è solo la diminuzione della pratica della fede, ma soprattutto la perdita della sanità mentale di tanta gente, anche tra le file della parrocchia”.

Perché per il cristiano è importante l’eutrapelia (divertimento con cordialità)?

“Perché se la bellezza, quale piacevolissima opportunità, può salvare il mondo, tanto più ai giorni nostri lo può la gioia, gioia che può nascere da un sano umorismo, come spiega Paolo Gulisano nella presentazione. Ed ecco perché ho chiesto a un comico di professione, il mio amico Enrico Beruschi, qualche parola di congedo. In definitiva, la mia tesi è questa: è l’umorismo che salverà il mondo, perché capace mediante un sorriso di far mettere in moto il cervello senza che uno si prenda troppo sul serio”.

Quale Chiesa emerge dalle lettere di don Augusto?

“Don Augusto ama profondamente la Chiesa, ma ci ricorda che non è una creazione dell’uomo, anche se ciò non vuol dire che non abbia una componente umana. La Chiesa è un’istituzione divino-umana: ‘umana’ perché ne fanno parte gli uomini, ma ‘divina’ perché questi uomini trovano la salvezza, cioè il senso della loro esistenza, in Gesù Cristo (qui il compito di ‘conformarsi’, cioè diventare come lui).

Don Augusto, allora, non vuole esprimere la ‘sua’ visione delle cose, ma vuole capire cosa il Signore realmente rivela a ogni battezzato. In una parola, rubata a papa Benedetto XVI: ‘non è di una Chiesa più umana che abbiamo bisogno, bensì di una Chiesa più divina; solo allora essa sarà anche veramente umana’”.

Come si può rimanere liberi e fedeli?

“Le storture, le ingiustizie, gli errori fanno parte della vita di ciascuno. L’importante è saperle riconoscere, e quando uno si rende conto di aver sbagliato non serve trovare facili autogiustificazioni, ma basta chiedere perdono, che è davvero l’unica cosa liberante. Quando, invece, si soffre il male causato da elementi esterni, è il momento in cui la fede si deve fare forte, perché ci si rende conto che è necessario affidarsi a Qualcuno.

La fede non è qualcosa di irragionevole, ma ciò che permette di guardare meglio la realtà, perché lo fa dalla prospettiva di Dio. E ritorniamo all’umorismo, che se non è sufficientemente irrorato di pietà non è tale e che consiste (secondo un cardinale umorista come Biffi) nell’ ‘amare appassionatamente tutte le creature senza identificare mai nessuna di esse con il loro Creatore’. Ecco la libertà che include la fedeltà”.

Quale Chiesa sarà dopo la conclusione di questa pandemia?

“E’ bastato un virus sconosciuto per ridimensionarci e farci capire quanto piccoli siamo anche se ci crediamo onnipotenti, sbagliando. Per questo dobbiamo ripensare e subito al funzionalismo nella Chiesa. Una Chiesa di funzionari è in lenta, ma costante agonia. Al posto di cercare cose stravaganti, pensiamo all’essenziale e al sacro”.

(Foto: sito parrocchia Santi martirio Nereo e Achilleo)

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