I Verbiti, Benedetto XVI e lo sguardo sull’Asia

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Il capitolo generale della Società Verbum Domini ha già consegnato alla congregazione dei Padri Verbiti un nuovo superiore generale. Heinze Kuluke, tedesco, viene direttamente da Cebu, una città indipendente altamente urbanizzata delle Filippine. Ci è stato 26 anni. E qualcuno può vedere la sua elezione di padre Kuluke come nuovo superiore generale come qualcosa di profetico. Perché anche i Verbiti furono fondati da un sacerdote diocesano tedesco, Arnold Janssen. E tedesco è stato il teologo, e oggi il Papa, che si è recato in visita alla casa Ad Gentes di Nemi. A volte le coincidenze contano.

 

Quando Arnold Janssen, agli inizi del 1875, presentò all’arcivescovo di Colonia, Paulus Melchers, il suo progetto di fondazione di un istituto missionario, questi gli rispose: “Viviamo in un tempo dove tutto sta cambiando e sembra crollare e lei si presenta con un progetto per cominciare qualcosa di nuovo?” Padre Janssen rispose: “Viviamo in un tempo in cui molte cose stanno crollando, ma in cambio ne devono sorgere altre!”.

Molte cose stanno crollando anche in questo tempo, c’è bisogno di cose nuove. Le sta costruendo un Papa, tedesco anche lui e anche lui con un legame particolare con la diocesi di Colonia. Del cardinale Frings, arcivescovo di Colonia, Joseph Ratzinger fu perito conciliare. Fu in quegli anni che il futuro Papa fu chiamato insieme ad altri teologi a rimettere mano al decreto Ad gentes, il decreto sull’attività missionaria della Chiesa. Fu proprio Frings tra quelli che mossero le maggiori critiche alla prima bozza del decreto. Il segretario dello stesso Frings che – ha ricordato oggi Benedetto XVI – era uso attraversare a nuoto tutto il lago di Nemi.

Molte cose stanno crollando, e Benedetto XVI ne sta facendo sorgere altre. Ripartendo però dalle fondamenta. L’Anno della Fede è il culmine del percorso di un Pontificato, ma il progetto di riportare tutto alla potenza salvifica di Gesù è invece un qualcosa che contraddistingue l’intera vita di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, e i volumi scritti sulla storia di Gesù stanno lì a testimoniarlo. È Gesù il centro della nuova evangelizzazione. Un cambiamento di prospettiva notevole, una piccola rivoluzione. Perché le rivoluzioni ci sono anche quando si torna alle origini, se tutto è spostato su altre idee e posizioni.

D’altronde, lo stesso Benedetto XVI ha detto di non aver mai realmente capito la controversia che portò alla riunione dei periti conciliare nella casa Ad Gentes dei Padri Verbiti. “Tutto – ha spiegato – convergeva in un unico dinamismo della necessità di portare la luce della Parola di Dio, la luce dell’amore di Dio nel mondo e di dare una nuova gioia per questo annuncio”.

In un momento di relazioni difficili con la Cina – dove le ordinazioni illecite rappresentano una ferita che si sta riaprendo – si deve guardare al modello di evangelizzazione dei padri Verbiti, che hanno dedicato all’Oriente il loro sforzo ad gentes. Si pensa a loro, e si ripensa alla visita che Benedetto XVI fece ad Oies sulla tomba del Santo Giuseppe Freinademetz, tra i primissimi missionari verbiti di Cina, che si immerse nella cultura del posto per evangelizzare, fino a che la Cina divenne la sua casa.

E si guarda anche più indietro, ad un altro modello: quello di Padre Matteo Ricci. “Matteo Ricci – ha detto il Papa in una udienza generale tutta dedicata al gesuita missionario in Cina – è un caso singolare di felice sintesi fra l’annuncio del Vangelo e il dialogo con la cultura del popolo a cui lo si porta. (…) Ricci non si reca in Cina per portarvi la scienza e la cultura dell’Occidente, ma per portarvi il Vangelo, per far conoscere Dio”. Ricci, nel dialogare con gli uomini di cultura della Pechino del Seicento, adottò un approccio simile quello oggi proposto da Benedetto XVI.

Padre Matteo Ricci Sapeva bene che il Vangelo cristiano era una novità assoluta, venuta da Dio. Ma sapeva che anche la ragione umana ha origine nell’unico Signore del Cielo, ed è comune a tutti coloro che vivono sotto lo stesso cielo. Egli dunque confidava che anche i cinesi potessero accogliere “le cose della nostra santa fede”, se “confermate con tanta evidentia di ragioni”.

Lo stesso approccio di Benedetto XVI, lo stesso approccio che Joseph Ratzinger portò nel suo contributo alla Ad Gentes. D’altronde, Benedetto XVI lo ha detto a chiare lettere nel settembre nel 2010, nel suo discorso alla Westminster’s Hall: “Le norme oggettive che governano il retto agire sono accessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della rivelazione”. Il ritorno alle origini di Ratzinger, oggi, a Nemi, ha rappresentato così anche uno sguardo verso il futuro. Verso la nuova evangelizzazione.

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