Papa contro CEI? La malizia del ‘chiacchiericcio’

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Mentre tutti noi ci chiedevamo se papa Francesco, durante la messa a Santa Marta dello scorso 28 aprile, avesse sconfessato la CEI, che legittimamente chiedeva la ripresa del culto pubblico, leggendo il testo completo dell’omelia pronunciata, scopriamo che la prospettiva è totalmente diversa.

Un ringraziamento doveroso è da rivolgere al Centro Studi Livatino che, nella rubrica ‘Ipse dixit’, ha riportato una frase essenziale di questa predica, che costituisce una netta presa di posizione, direi magisteriale, oltre che magistrale, del Papa nei confronti di un diritto sempre più contorto e servo di logiche solo apparentemente umane.

Ma andiamo con ordine: come di consueto, il Santo Padre introduce la celebrazione con un’intenzione di preghiera, ricordando tutti i protagonisti di questa crisi (i sacerdoti, i medici, gli infermieri, gli insegnanti, i disoccupati, le famiglie…).

Il 28 aprile sceglie di ricordare davanti a Dio tutto il popolo, con queste parole: “In questo tempo, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni”; la sera prima, la CEI aveva rilevato come la politica, nel progettare la Fase 2, avesse dimenticato il ripristino dell’esercizio del culto pubblico – se ricordate, neppure nelle misure che entreranno in vigore il 1° giugno, si faceva menzione delle celebrazioni religiose.

La macchina mediatica del fango, che cerca sempre la divisione al posto della concordia, ha scaldato i motori e ha subito rimarcato la distanza tra il Vaticano progressista e i reazionari vescovi italiani, rei di voler ‘sterminare la popolazione’ e diffondere il contagio, pur di conservare una posizione di privilegio.

Il danno è fatto, ben pochi giornalisti si prendono la briga di leggere l’intero testo; è molto più proficuo diffondere articoli divisivi e confusionari, ampliando un dibattito sterile.

Prima di approfondire l’omelia, è bene sottolineare un dato essenziale, che, cioè, il Papa è pastore della Chiesa universale e, in modo più marcato di altri pontefici, Francesco ha scelto una prospettiva globale e non euro o italocentrica, lasciando la gestione dei rapporti con i singoli Stati ai rispettivi episcopati.

Volendo azzardare un’ipotesi, Francesco, quando ha formulato l’intenzione di preghiera, non aveva neppure presente la situazione italiana (basti pensare che tutto si è svolto tra le 20.30 e le 23.00 del 27 aprile e che la Messa a Santa Marta si celebra alle 7).

Andiamo ora all’omelia, incentrata sulla I lettura, che narra il martirio di Santo Stefano: l’evento drammatico, ricorda il Papa, è causato dall’intolleranza degli anziani e degli scribi di Gerusalemme nei confronti della Verità predicata; piuttosto che credere e convertirsi, costoro perseguitano fino alla morte quel primo testimone del Vangelo.

Se volessimo sintetizzare i temi dell’omelia, potremmo elencare: la memoria dei cristiani perseguitati, la constatazione drammatica del “chiacchiericcio” che porta ad accuse infondate e a pregiudizi difficili da disgregare, il pensiero per la Shoah, tragedia compiuta sotto gli occhi di tutti, per effetto dell’indifferenza dinanzi al male.

Ed ecco, infine, per i cultori del diritto, due piccole ‘perle’:i giudizi non devono essere linciaggi e la giurisprudenza non deve essere asservita al “positivismo situazionalista”.

Quante volte i fatti di cronaca sono diventati processi mediatici, poi rivelatisi privi di fondamento!

E quante volte la logica della legge umana, interpretata o, meglio, creata ex novo da un giudice che non riconosce i propri limiti, ha negato qualsiasi valore alla legge naturale! La Bibbia è costellata da questi episodi: Susanna, Nabot, Ester…

L’atteggiamento di Pilato, che si lava le mani e consegna Cristo ai voleri della folla inferocita, che chiedeva la crocifissione, è una costante di un male che si propaga non tanto per chi agisce con malizia, ma soprattutto per chi resta indifferente al suo dilagare.

Se dall’omelia avessimo dovuto trarre delle critiche o degli appelli – operazione lecita, ma poco utile – di certo, essi non sarebbero stati rivolti alla CEI, bensì a quanti, governanti e operatori della comunicazione compresi, preferiscono soffocare la voce della Verità per rafforzare le proprie posizioni, piuttosto che costruire il bene comune.

Un’omelia profetica, se consideriamo gli esiti comunicativi…

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