Papa Francesco: la vita consacrata è un dono

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Nei saluti conclusivi del Regina Coeli di oggi, domenica del buon Pastore, papa Francesco ha ricordato la giornata mondiale delle vocazioni:

“Si celebra oggi la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. L’esistenza cristiana è tutta e sempre risposta alla chiamata di Dio, in qualunque stato di vita. Questa Giornata ci ricorda quello che disse un giorno Gesù, cioè che il campo del Regno di Dio richiede tanto lavoro, e bisogna pregare il Padre perché mandi operai a lavorare nel suo campo.

Sacerdozio e vita consacrata esigono coraggio e perseveranza; e senza la preghiera non si va avanti su questa strada. Invito tutti a invocare dal Signore il dono di buoni operai per il suo Regno, col cuore e le mani disponibili al suo amore”.

Ed ha invitato a pregare la Madre di Dio nel mese di maggio: “Abbiamo da poco iniziato Maggio, mese mariano per eccellenza, durante il quale i fedeli amano visitare i Santuari dedicati alla Madonna. Quest’anno, a causa della situazione sanitaria, ci rechiamo spiritualmente in questi luoghi di fede e di devozione, per deporre nel cuore della Vergine Santa le nostre preoccupazioni, le attese e i progetti per il futuro”.

E nel messaggio per la XXXIV giornata mondiale della vita consacrata papa Francesco ha esortato a vedere la salvezza come Simeone: “Anche voi, cari fratelli e sorelle consacrati, siete uomini e donne semplici che avete visto il tesoro che vale più di tutti gli averi del mondo. Per esso avete lasciato cose preziose, come i beni, come crearvi una famiglia vostra. Perché l’avete fatto? Perché vi siete innamorati di Gesù, avete visto tutto in Lui e, rapiti dal suo sguardo, avete lasciato il resto.

La vita consacrata è questa visione. E’ vedere quel che conta nella vita. E’ accogliere il dono del Signore a braccia aperte, come fece Simeone. Ecco che cosa vedono gli occhi dei consacrati: la grazia di Dio riversata nelle loro mani. Il consacrato è colui che ogni giorno si guarda e dice: ‘Tutto è dono, tutto è grazia’. Cari fratelli e sorelle, non ci siamo meritati la vita religiosa, è un dono di amore che abbiamo ricevuto”.

Nel messaggio il papa ha esortato a ‘saper vedere la grazia’: “Guardare indietro, rileggere la propria storia e vedervi il dono fedele di Dio: non solo nei grandi momenti della vita, ma anche nelle fragilità, nelle debolezze, nelle miserie… Ognuno di noi conosce bene questa storia, queste parole.

Noi vediamo che ciò in parte è vero e andiamo dietro a pensieri e sentimenti che ci disorientano. E rischiamo di perdere la bussola, che è la gratuità di Dio. Perché Dio sempre ci ama e si dona a noi, anche nelle nostre miserie. San Girolamo dava tante cose al Signore e il Signore chiedeva di più… Chi sa vedere prima di tutto la grazia di Dio scopre l’antidoto alla sfiducia e allo sguardo mondano”.

Inoltre ha insistito ad avere familiarità con lo Spirito Santo: “Aveva familiarità con lo Spirito Santo, con l’amore di Dio. La vita consacrata, se resta salda nell’amore del Signore, vede la bellezza. Vede che la povertà non è uno sforzo titanico, ma una libertà superiore, che ci regala Dio e gli altri come le vere ricchezze”.

La castità è la via per amare, raccontando un episodio avvenuto in una città colpita dal sisma del 2016: “Vede che la castità non è una sterilità austera, ma la via per amare senza possedere. Vede che l’obbedienza non è disciplina, ma la vittoria sulla nostra anarchia nello stile di Gesù. In una delle terre terremotate, in Italia, parlando di povertà e di vita comunitaria, c’era un monastero benedettino andato distrutto e un altro monastero ha invitato le suore a traslocarsi da loro.

Ma sono rimaste lì poco tempo: non erano felici, pensavano al posto che avevano lasciato, alla gente di là. E alla fine hanno deciso di tornare e fare il monastero in due roulotte. Invece di essere in un grande monastero, comode, erano come le pulci, lì, tutti insieme, ma felici nella povertà. Questo è successo in questo ultimo anno. Una cosa bella!”

Ed ha concluso sottolineando che l’attesa è data dalla speranza: “Gli occhi di Simeone han visto la salvezza perché la aspettavano. Erano occhi che attendevano, che speravano. Cercavano la luce e videro la luce delle genti. Erano occhi anziani, ma accesi di speranza. Lo sguardo dei consacrati non può che essere uno sguardo di speranza. Saper sperare. Guardandosi attorno, è facile perdere la speranza: le cose che non vanno, il calo delle vocazioni…

Incombe ancora la tentazione dello sguardo mondano, che azzera la speranza. Ma guardiamo al Vangelo e vediamo Simeone e Anna: erano anziani, soli, eppure non avevano perso la speranza, perché stavano a contatto col Signore.

Anna ‘non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere’. Ecco il segreto: non allontanarsi dal Signore, fonte della speranza. Diventiamo ciechi se non guardiamo al Signore ogni giorno, se non lo adoriamo. Adorare il Signore!”.

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