Messe con il popolo: dall’11 maggio all’aperto e dal 25 nelle chiese. Proposte

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Le indiscrezioni si sono rincorse per alcuni giorni, compresa quella, riportata da agenzie di stampa, sulla ripresa delle celebrazioni liturgiche pubbliche dall’11 maggio. Quindi, se i dati sul contagio da Covid-19 non dovessero risalire, le date su cui si ragiona in seno all’esecutivo, con l’ausilio del Comitato tecnico scientifico, sono quattro. La prima, lunedì 4 maggio, è certa (perché prevista nell’ultimo Dpcm) e riguarda la ripresa della celebrazione dei funerali.

Le altre proposte sono al momento oggetto di valutazione e confronto: si tratta di lunedì 11 maggio, per la possibilità di celebrare l’Eucaristia all’aperto (probabilmente con le liturgie feriali); e dal 25 maggio, per il ritorno delle celebrazioni all’interno delle chiese in condizioni di sicurezza (compresi il distanziamento fra i fedeli, guanti e mascherine, sospensione di alcuni gesti liturgici come lo scambio della pace).

Quindi dopo la nota domenicale di ‘disaccordo’ dell’episcopato italiano e la correzione di rotta del governo, autorità politiche e tecniche si sono messe in moto per la stesura di un protocollo per la sicurezza delle celebrazioni religiose.

Nel frattempo si è avuto un appello del Comitato Valori e Identità Religiose di ‘Lettera 150’, sottoscritto da una settantina di docenti universitari e magistrati per il ripristino della libertà di culto pubblico nasce dall’esigenza di contemperare la tutela della vita e della salute con il rispetto delle esigenze della coscienza dei cittadini religiosi:

“L’attivazione dei canali previsti dagli Accordi con le Confessioni, nonché l’apposita Commissione governativa sulla libertà religiosa, consentirebbe di concordare con tutte le religioni modalità utili per l’effettuazione dei riti collettivi (sull’esempio di ciò che avviene in Polonia ed in Sassonia). Ne potrebbero scaturire modalità concrete di esercizio della libertà di culto tali da garantire la sicurezza e la salute dei fedeli, senza rischi per la salute pubblica”.

L’appello fa alcune proposte per le celebrazioni in sicurezza: “In tale prospettiva, ad esempio, si propone la celebrazione delle cerimonie religiose nel rispetto del distanziamento sociale e con l’uso di Dispositivi di Protezione Individuale e di strumenti idonei a contenere efficacemente il rischio di contagio.

Dovrebbe poi essere naturale il concedere, ai sacerdoti che lo desiderino, l’autorizzazione (sottraendoli all’obbligo di autocertificazione) a recarsi presso le abitazioni dei malati con appositi presidi e dispositivi per somministrare, laddove richiesto e laddove possibile, i sacramenti”.

Anche il gruppo di ricerca ‘Diresom’, che durante questa pandemia ha attivato il primo portale web internazionale su diritto, religione e coronavirus ( www.diresom.net ), ha inoltre sottoposto al Governo ed alle istituzioni confessionali un contributo alla riflessione circa la possibilità di consentire le celebrazioni dei culti religiosi, nel rispetto delle misura necessarie per prevenire il contagio del virus Sars-Cov-2, causa della malattia Covid-19, ricordando che nell’ordinamento italiano la libertà di culto è protetta dall’art. 19 della Costituzione nei confronti di ‘tutti’.

Quindi il gruppo di ricerca ha proposto alcune linee-guida (elencate ampiamente nel blog dell’editore) che subordinino la celebrazione collettiva di  qualsiasi culto al rispetto delle medesime misure di distanziamento sociale e di carattere igienico-sanitario che possono essere stabilite per altre analoghe forme di riunione consentite:

“I luoghi di culto siano aperti solo se sussistono le condizioni di sanificazione e igiene dettate per l’ingresso negli altri luoghi chiusi ma aperti al pubblico… L’ingresso contemporaneo nei luoghi di culto sia consentito ad un numero massimo di persone tale da permettere il rispetto delle prescritte distanze interpersonali…

Sia favorita la celebrazione del culto in luoghi aperti, ove non è necessario osservare tutte le prescrizioni adottate per l’ingresso in luoghi chiusi, ferma restando la necessità di assicurare il distanziamento sociale. Le autorità confessionali assumano idonee misure di accomodamento dei riti religiosi al rispetto delle misure di prevenzione del contagio, curando l’osservanza del distanziamento interpersonale e proibendo  ogni uso promiscuo di contenitori per bevande ed alimenti di qualsiasi tipo e per qualunque scopo.

Le autorità confessionali assumano l’impegno di informare adeguatamente i propri fedeli dell’obbligo di non uscire di casa, e quindi di non partecipare alle celebrazioni del culto, nel caso in cui siano sottoposti alla misura della quarantena ovvero siano risultati positivi al virus o nel caso in cui presentino sintomatologia da infezione respiratoria e febbre (maggiore di 37,5°C). Ciò vale a maggior ragione anche per i ministri del culto”.

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