Colao, l’uomo Bilderberg di Conte: “Serve una rapida adozione della App per il tracciamento dei contatti”

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Vittorio Colao, il Capo della Task Force governativa sulla ripartenza chiede una regia unica per il digitale e la gestione dei dati. C’è proprio da preoccuparsi: in mano a Bilderberg, che fine faranno le libertà costituzionali?

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Se la App Immuni, creata per tracciare la prossimità fra cittadini venisse scaricata volontariamente da almeno il 60 % della popolazione, permetterebbe di combattere la pandemia senza chiudere di nuovo il Paese. E se non arrivano sono al 30 % per esempio, cosa faranno? Saremo obbligati?

Nel frattempo, della App Immuni, che era prevista già a inizio maggio, si sono perse le tracce. Colao ora chiede una “rapida adozione della tecnologia per il contact tracing” nel primo rapporto consegnato nei giorni scorsi alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo dice che la App Immuni “sarà open source e non conserverà i dati”. Dice, ma dice tante cosa, che non sono reali. Il Garante della Privacy Antonello Soro dice: “Dalla App pochi rischi per la privacy, ma gli Italiani devono collaborare”. Ecco, “devono”. E se non vogliono? “Poche”? Cosa significa?

Della App Immuni, sviluppata dalla società di software milanese Bending Spoons, si sa niente di ufficiale, solo per vie informali. Il Governo, dopo la spinta iniziale e la scelta fatta dai 74 esperti chiamati dal Ministro dell’innovazione Pola Pisano, ha poi smesso di parlane. Singolare strategia comunicativa, mentre nel Paese scoppiavano polemiche su ipotetici rischi di violazione della privacy per scelte tecniche che in realtà nessuno pare abbia fatto, osserva Jaime D’Alessandro su La Repubblica ieri, 27 aprile 2020.

Calao e suo “Task Force” parlano anche della necessità di raggiungere “un’uniformità su scala nazionale nella gestione di informazioni e dati sul rischio medico sanitario e una tempestiva condivisione tra Regioni e Ministero della salute”. Massima efficienza nel controllo individuale della popolazione con mezzi elettronici (l’App si aggiungerà ai pagamenti elettronici e il tracciamento tramite l’IP e le cellule telefoniche, navigatori, scatola in macchina delle assicurazioni, ecc.).

In poche parole, una regia in fatto di digitale. La stessa invocata da Soro fin dall’inizio e suggerita anche dalla stessa Pisano. Ma qualcosa è andato storto. Immuni, stando alle indiscrezioni, è pronta e risponde alle linee guida date della Commissione europea in rispetto della privacy e del Gdpr. Eppure è ancora ferma in una lunga corsa a ostacoli tra i dubbi del Copasir e lo stop di Google e Apple.

Coronavirus, lettera aperta di 300 scienziati: “Attenzione alla raccolta dati delle App anti pandemia”
di Jaime D’Alessandro
La Repubblica, 20 aprile 2020

L’hanno firmata in tutto il mondo, ma la maggior parte lavora in Europa. Le raccomandazioni ricordano le linee guida già pubblicate dalla Commissione Eu, eppure si teme che la scelta sbagliata possa portare ad un sistema di sorveglianza. Il sospetto nasce dall’abbandono del progetto Dp-3T che invece avrebbe evitato il rischio.

Le App per il tracciare i contatti fra le persone e contenere così la pandemia di coronavirus, chiamate di “contact tracing”, non sembrano conoscere pace. Mentre in tutto il mondo le stanno adottando, oltre 300 accademici e ricercatori, fra i quali nove lavorano in Italia, lanciano un appello perché non si prenda la direzione sbagliata.

“Siamo preoccupati che alcune soluzioni (…) si traducono in sistemi che consentirebbero una sorveglianza senza precedenti della società”, scrivono nella lettera aperta. “Dobbiamo garantire che preservino la privacy”. Nella stessa lettera si ricordano le linee guida della Commissione europea, alle quali la App italiana Immuni aderisce, ma si teme che non tutti le seguano.

In particolare, i 300 esperti puntano il dito su un aspetto, quello del sistema di raccolta delle informazioni, che loro vorrebbero decentralizzato mentre alcuni Paesi, come Francia e Germania, vanno verso la centralizzazione. “Ed è pericoloso”, spiega al telefono Dario Fiore da Madrid, ricercatore 37enne siciliano dell’Imdea che è uno dei portavoce della petizione. “Solo un sistema decentralizzato impedirebbe un domani di usare queste informazioni nel modo sbagliato”.

Facciamo un passo indietro. Le App per il tracciamento basate su bluetooth che seguono le linee guida della Commissione europea, compresa Immuni, si potranno scaricare volontariamente e non richiederanno nessuna forma di registrazione. Una volta istallate genereranno un codice indipendente dalla nostra identità, cominciando poi a compilare un registro cifrato delle prossimità avvenute con altri smartphone sfruttando appunto il segnale bluetooth. Non sarà possibile scorrere il registro e anche se qualcuno dovesse riuscirci si troverebbe davanti delle sequenze alfanumeriche.

Chi dovesse risultare positivo al Covid-19, riceverà il messaggio di allerta sull’App dal personale medico dopo il test. A quel punto verrà inviata un’allerta a tutti coloro che potrebbero essere in pericolo anche se l’interessato non avrà modo di sapere chi e quanti sono. Andrà a quelli che sono stati in contatto per un certo lasso di tempo ed entro una determinata distanza. Superata la pandemia poi, tutti i dati dovranno essere cancellati.
“Ma un conto è conservare queste informazioni su un server centrale, un altro è avere sul server solo il codice di chi è risultato positivo e poi gli altri smartphone si connettono periodicamente per controllare se lo abbiamo incontrato senza trasferire alcun nostro dato”, prosegue Fiore. Lui e i suoi colleghi non sono tanto preoccupati di quel che potrebbe accadere oggi, ma di quel che potrebbe succedere domani anche in Paesi democratici, alla luce degli scandali sollevati in passato da figure come Edward Snowden.

Non sappiamo quale soluzione è stata scelta in Italia, solo che la Bending Spoons dietro l’App Immuni aderisce al consorzio Pan-European Privacy-Preserving Proximity Tracing (Pepp-PT), nato per sviluppare soluzioni di “contact tracing”. La scorsa settimana il consorzio pare abbia accantonato senza spiegazioni il progetto Dp-3T che puntava alla decentralizzazione. Ed è questo che ha insospettito parte della comunità scientifica che ora chiede App open source in modo che tutti possano vedere come funzionano.

Vien da dire che in ambito privato, da Google a Facebook fino alle compagnie per le telecomunicazioni, i dati sulla nostra mobilità vengono raccolti da anni. Mentre sia Apple sia Google, che hanno il monopolio dei sistemi operativi per smartphone, potrebbero avere una mappa precisa di cosa percepisce il bluetooth. Senza poi dimenticare che lo Stato ha ovviamente le informazioni che ci riguardano anche se non dei nostri spostamenti.

Eppure basta che un Paese, parliamo di Francia e Germania, possa anche solo momentaneamente conservare quei dati durante un’emergenza sanitaria per suscitare il sospetto. Al netto della questione puramente tecnica, e di Stati totalitari o semi totalitari che non hanno certo bisogno di un’App per esserlo, è un campanello di allarme per la credibilità delle istituzioni e della politica stessa.

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