A Bologna la Chiesa ha ricordato i liberatori polacchi

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La festa della Liberazione celebrata in ricordo della liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo è stata anche un’occasione per ricordare i soldati alleati, che hanno dato un grande contributo alla liberazione dell’Italia. Infatti prima del 25 aprile, il 21 aprile fu liberata la città di Bologna con il contributo dei soldati polacchi del 2° Corpo d’Armata del gen. Anders che prima di arrivare in città combattevano con grandi perdite dal 9 al 15 aprile per rompere la difesa tedesca. La mattina del 21 aprile, le unità del II Corpo d’Armata polacco furono accolte con ovazione dalla cittadinanza, con molti morti tra i soldati polacchi: 300 soldati furono uccisi e 600 feriti.

Purtroppo, a causa del coronavirus, ha consentito una celebrazione ‘ristretta’ con la deposizione di una corona di fiori da parte del Consolato Generale della Repubblica di Polonia a Milano nel cimitero di guerra polacco a San Lazzaro di Savena, e la messa officiata dall’arcivescovo di Bologna, card. Matteo Zuppi, insieme al segretario, don Sebastiano Tori, ed al responsabile della comunità polacca, p. Tomasz Klimczak.

Nell’omelia il card. Zuppi ha ricordato il sacrificio dei soldati polacchi: “Da questi cimiteri di guerra vogliamo recarci spiritualmente in pellegrinaggio in tutti i luoghi che custodiscono la memoria della sofferenza di quanti hanno dato la vita per la libertà e la giustizia, per mettere fine al terribile conflitto della seconda guerra mondiale.

Qui sgorgano lacrime, pensando a quanto dolore quell’immane conflitto ha prodotto e al prezzo della conquista della libertà, monito a non sprecarla. Conserviamo l’orrore di tanta vita che l’idolatria pagana e le ideologie degli uomini hanno sacrificato”.

Ha inoltre sottolineato il valore del sacrificio dei giovani soldati: “La festa della liberazione ha avuto un prezzo terribile. Misurare il piccolo, ci aiuta a capire il grande. Basta leggere l’età di questi ragazzi, immaginare i loro volti, le loro storie, i loro affetti, i loro sogni, insomma ascoltare il testamento che ci lasciano. Le frasi, commoventi, scolpite sulle croci del cimitero inglese, dedicate da qualche familiare che piangeva e che ha pianto tutta la vita a quel suo amato che per lui era tutto mentre per gli altri era solo un numero.

Il male non è mai sconfitto del tutto e se non si sceglie con convinzione, come obbligo, la via della pace e della giustizia, quella della solidarietà, se gli interessi individuali o di nazione sono divergenti da quelli del nostro prossimo, se si è attenti non a cosa è meglio fare per tutti ma solo a quello che mi conviene, se accettiamo come normale che i semi dell’odio crescano nel linguaggio e nei comportamenti, siamo tutti più deboli e il mondo è in pericolo”.

Ed ha invitato a non dimenticare il loro sacrificio: “Siamo figli di un Dio che chiede a tutti di amare i nemici e di combattere il male con l’amore. Siamo eredi di un umanesimo che da questo insegnamento è sorto e che ci permette, se lo sappiamo usare e difendere, di affrontare tutte le sfide dei cambiamenti di epoca, senza arretrare da questa visione che è l’unica che ci può offrire risposte efficaci alle avversità.

In queste settimane abbiamo combattuto contro una pandemia. Ma la guerra è sempre una pandemia, è la pandemia, perché scatena tutti i virus del male e perché l’umanità tutta viene sconfitta e messa in pericolo. Anche per questo scegliamo di essere migliori, di liberare il nostro cuore dai virus che lo paralizzano e lo deformano, per gettare semi di amore e riparare il mondo casa comune che Dio ci ha affidato”.

Infine ha pregato per tutti i morti, ricordando le parole di don Primo Mazzolari: “Permettetemi, infine, oggi di pregare per tutti i morti… Si, preghiamo per tutte le vittime, guardiamo umilmente come si costruiscono i ponti, ascoltiamo Gesù che è il ponte che unisce ogni uomo.

Scegliamo di essere ciascuno di noi ponte con il prossimo, in una fraternità universale. E come è successo per il Covid19 capiamo che ognuno di noi è responsabile di suo fratello e di se stesso… Umili operatori di pace e di giustizia, che non si stancano di costruire ponti”.

Ed ha concluso l’omelia con l’invito ad essere ‘custodi di pace’: “Riceviamo tutti una consegna da questi morti: essere custodi di pace. Come disse Paolo VI: Facciamo nostra la voce dei morti e dei vivi; dei morti, caduti nelle guerre passate sognando la concordia e la pace del mondo; dei vivi, dei poveri, dei diseredati, dei sofferenti, degli anelanti alla giustizia, alla dignità della vita, alla libertà, al benessere e al progresso.

Non gli uni contro gli altri, non più, non mai! Non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell’intera umanità!.. Trasforma le lance in falci. Interrompi lo scandalo del traffico della armi. Disarma la lingua e le mani. Rinnova i cuori e le menti”.

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