Papa Francesco invita a lasciarsi accompagnare da Gesù

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Prima di affacciarsi su piazza san Pietro nei saluti conclusivi dopo il ‘Regina Coeli’ papa Francesco ha ricordato che ieri ricorreva la Giornata Mondiale delle Nazioni Unite contro la malaria: “Mentre stiamo combattendo la pandemia di coronavirus, dobbiamo portare avanti anche l’impegno per prevenire e curare la malaria, che minaccia miliardi di persone in molti Paesi. Sono vicino a tutti i malati, a quanti li curano, e a coloro che lavorano perché ogni persona abbia accesso a buoni servizi sanitari di base”.

Poi ha invitato i fedeli a recitare il rosario durante il mese di maggio, dedicato alla Madonna, facendo riferimento alla sua Lettera, pubblicata ieri: “Tra pochi giorni inizierà il mese di maggio, dedicato in modo particolare alla Vergine Maria. Con una breve Lettera ho invitato tutti i fedeli a pregare in questo mese il santo Rosario, insieme, in famiglia o da soli, e pregare una delle due preghiere che ho messo a disposizione di tutti. La nostra Madre ci aiuterà ad affrontare con più fede e speranza il tempo di prova che stiamo attraversando”.

Prima della recita del ‘Regina Coeli’ papa Francesco ha proposto una nuova prospettiva, più grande e vera della vita’ che è l’amore di Gesù. E’ quanto insegna il Vangelo di oggi nel quale si narra dei discepoli di Emmaus:

“L’inversione di marcia è questa: passare dai pensieri sul mio io alla realtà del mio Dio; passare – con un altro gioco di parole – dai ‘se’ al ‘sì’. Dal ‘se’ ai ‘sì’: cosa significa?  ‘Se fosse stato Lui a liberarci, se Dio mi avesse ascoltato, se la vita fosse andata come volevo, se avessi questo e quell’altro…’, in tono di lamentele.

Questo ‘se’ non aiuta, non è fecondo, non aiuta noi né gli altri. Ecco i nostri se, simili a quelli dei due discepoli. I quali passano però al sì: ‘sì, il Signore è vivo, cammina con noi. Sì, ora, non domani, ci rimettiamo in cammino per annunciarlo’. Sì, io posso fare questo perché la gente sia più felice, perché la gente migliori, per aiutare tanta gente.

Sì: sì, posso. Dal se al sì, dalla lamentela alla gioia e alla pace, perché quando noi ci lamentiamo, non siamo nella gioia; siamo in un grigio, in un grigio, quell’aria grigia della tristezza. E questo non aiuta neppure ci fa crescere bene. Dal se al sì. Dalla lamentela alla gioia del servizio”.

Il papa ha indicato le due strade narrate nel Vangelo: “C’è la via di chi, come quei due all’andata, si lascia paralizzare dalle delusioni della vita e va avanti triste; e c’è la via di chi non mette al primo posto sé stesso e i suoi problemi, ma Gesù che ci visita, e i fratelli che attendono la sua visita, cioè i fratelli che attendono che noi ci prendiamo cura di loro.

Ecco la svolta: smettere di orbitare attorno al proprio io, alle delusioni del passato, agli ideali non realizzati, a tante cose brutte che sono accadute nella propria vita. Ma tante volte noi siamo presi a orbitare, orbitare … Lasciare quello e andare avanti guardando alla realtà più grande e vera della vita: Gesù è vivo, Gesù e mi ama. Questa è la realtà più grande, e io posso fare qualcosa per gli altri. È una bella realtà, positiva, solare, bella!”.

Questi passaggi proposti sono possibili per tutti: “Sono tre passaggi che possiamo compiere anche noi nelle nostre case: primo, aprire il cuore a Gesù, affidargli i pesi, le fatiche, le delusioni della vita; secondo, ascoltare Gesù, prendere in mano il Vangelo, leggere oggi stesso questo brano, al capitolo ventiquattro del Vangelo di Luca; terzo, pregare Gesù, con le stesse parole di quei discepoli: Signore, ‘resta con noi’: con tutti noi, perché abbiamo bisogno di Te per trovare la via”.

Nella messa a Santa Marta per la terza domenica di Pasqua papa Francesco ha pregato per quanti sono pieni di tristezza perché sono soli o senza lavoro e non sanno come mantenere la famiglia a causa delle conseguenze della pandemia:

“Preghiamo oggi, in questa Messa, per tutte le persone che soffrono la tristezza, perché sono sole o perché non sanno quale futuro le aspetta o perché non possono portare avanti la famiglia perché non hanno soldi, perché non hanno lavoro. Tanta gente che soffre la tristezza”.

Nell’omelia, il papa ha commentato il Vangelo odierno, che racconta l’incontro di Gesù risorto con i discepoli di Emmaus e di come questi abbiano riconosciuto il Signore nello spezzare il pane, in quanto il cristianesimo è un incontro con Gesù:

“Tante volte abbiamo sentito che il cristianesimo non è solo una dottrina, non è un modo di comportarsi, non è una cultura. Sì, è tutto questo, ma più importante e per primo, è un incontro. Una persona è cristiana perché ha incontrato Gesù Cristo, si è lasciata incontrare da Lui.

Questo passo del Vangelo di Luca, ci racconta un incontro, in modo da far capire bene come agisce il Signore e come è il modo nostro di agire. Noi siamo nati con un seme di inquietudine. Dio ha voluto così: inquietudine di trovare pienezza, inquietudine di trovare Dio, tante volte anche senza sapere che noi abbiamo questa inquietudine.

Il nostro cuore è inquieto, il nostro cuore ha sete: sete dell’incontro con Dio. Lo cerca, tante volte per strade sbagliate: si perde, poi torna, lo cerca… Dall’altra parte, Dio ha sete dell’incontro, a tal punto che ha inviato Gesù per incontrarci, per venire incontro a questa inquietudine”.

Il papa ha sottolineato la pazienza di Gesù nel mettersi accanto a discepoli delusi: “Il Signore cammina accanto a noi, come abbiamo visto qui con questi due discepoli. Ascolta le nostre inquietudini, le conosce, e a un certo punto ci dice qualcosa. Al Signore piace sentire come noi parliamo, per capirci bene e per dare la risposta giusta a quella inquietudine. Il Signore non accelera il passo, va sempre al nostro passo, tante volte lento, ma la sua pazienza è così”.

Il papa ha evidenziato lo stile di Gesù nell’accompagnamento alla verità: “C’è un’antica regola dei pellegrini che dice che il vero pellegrino deve andare al passo della persona più lenta. E Gesù è capace di questo, lo fa, non accelera, aspetta che noi facciamo il primo passo. E quando è il momento, ci fa la domanda… Si fa ignorante per farci parlare.

A Lui piace che noi parliamo. Gli piace sentire questo, gli piace che noi parliamo così, per ascoltarci e rispondere, ci fa parlare. Come se facesse l’ignorante, ma con tanto rispetto. E poi risponde, spiega, fino al punto necessario… Spiega, fa chiarire. Io confesso che ho la curiosità di sapere come Gesù ha spiegato, per fare lo stesso. E’ stata una catechesi bellissima”.

Ha concluso l’omelia ribadendo che “il nocciolo del cristianesimo è un incontro: è l’incontro con Gesù. ‘Perché tu sei cristiano? Perché tu sei cristiana?’. E tanta gente non sa dirlo. Alcuni, per tradizione. Altri non sanno dirlo, perché hanno incontrato Gesù, ma non si sono accorti che era un incontro con Gesù. Gesù sempre ci cerca. Sempre. E noi abbiamo la nostra inquietudine. Nel momento in cui la nostra inquietudine incontra Gesù, lì incomincia la vita della grazia, la vita della pienezza, la vita del cammino”.

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