Vaticano e finanza. L’erba del vicino è sempre più verde?

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MONEYVAL è un organismo di mutua valutazione. Valuta l’aderenza alle 40+9 Raccomandazioni del GAFI – Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale – in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e al finanziamento al terrorismo. Le raccomandazioni del GAFI rappresentano uno standard, peraltro mutevole nel tempo. Le 40+9 Raccomandazioni sono state infatti modificate e sono diventate 40. Nessuno Stato è mai stato trovato, nella prima valutazione, perfettamente aderente a tutte le raccomandazioni. Ma tutti gli Stati che decidono di sottoporsi a valutazione sono ben consci che si tratta di un processo. Si sottopongono ad una valutazione per essere “accompagnati” in un percorso di adeguamento agli standard internazionali. La Santa Sede ha chiesto di aderire a questo processo ad aprile 2011.

E ha preso sul serio il suo impegno. I consulenti di MONEYVAL sono arrivati in Vaticano la prima volta a novembre 2011, per una prima on site visit, una visita in loco (non una ispezione), al termine della quale hanno consegnato un rapporto. Tra gli emerging findings – i punti critici più importanti – c’era la necessità dell’adeguamento della legge vaticana n. 127 agli standard internazionali. La Santa Sede ha seguito le raccomandazioni MONEYVAL e già a gennaio 2012, con il Decreto n. 59, ha modificato la legge, rendendola più aderente agli standard.

Non è un procedimento che ha fatto solamente la Santa Sede. Anche l’Italia, ad esempio, si è sottoposta a un processo di mutua valutazione del proprio sistema finanziario. Fu il GAFI a fare un rapporto sul sistema Italia, consegnato nel 2005 e pubblicato sul sito del Ministero del Tesoro (http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/prevenzione_reati_finanziari/prevenzione_reati_finanziari/DAR-FMI.pdf). E anche l’Italia aveva diverse criticità su raccomandazioni essenziali. Per esempio, il GAFI lamentava una non adeguata verifica della clientela (customer due diligence) in situazioni a più alto rischio, e il fatto che mancassero norme specifiche per l’identificazione di persone politicamente esposte e l’obbligo di autorizzazione dirigenziale per stabilire un rapporto con questi soggetti. Altro esempio: la segnalazione delle transazioni sospette, il cui sistema era considerato parzialmente conforme, anche perché le linee guida sulla materia risultavano limitate.

Tutti punti paradossalmente al centro delle contestazioni che l’Italia ha rivolto alla Santa Sede, talvolta in maniera eclatante. La presunta mancata aderenza dello IOR agli standard sulla adeguata verifica sono ad esempio alla base dei recenti casi che hanno coinvolto le relazioni dello IOR con il Credito Artigiano e con JP Morgan.

Ma si sbaglierebbe a pensare che la valutazione MONEYVAL riguarda solamente lo IOR. La trasparenza di un Paese membro non si valuta solo su un “tassello” del sistema, ma sull’intero sistema. Dalla normativa penale, alla prassi dei Tribunali, all’attività di law enforcement. Una valutazione che è un continuo work in progress. È normale che possano essere trovate delle criticità al sistema. Ne sono state trovate in qualunque Stato che si è sottoposto a valutazione. Anche l’Italia. Che infatti dal 2005 ha cominciato una profonda revisione della propria normativa. Tanto che nel 2009, il GAFI ha sottolineato come l’Italia avesse “agito sufficientemente per risolvere le mancanze identificate” nel primo documento, anche “se alcuni problemi restano”.

È lo stesso procedimento che sta portando avanti la Santa Sede. Che, d’accordo con MONEYVAL, lima punto per punto le criticità che vengono sottolineate. E continua il suo percorso verso la trasparenza e l’integrità del sistema finanziario. Un percorso al quale l’Italia dovrebbe guardare con estremo interesse, piuttosto che con scetticismo.

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