“In nome del Papa Re”. Cosa hanno in comune e cosa ci insegnano il “Caso Hasler” e il “Caso 8 aprile e 17 aprile”?

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L’inchiesta “Hänsel e Gretel”. Rendere giustizia nel nome della verità, misericordia e solidarietà

Incipit

«Spes contra spem. Il post coronavirus “ci trovi con gli anticorpi necessari della giustizia, della carità e della solidarietà”. È l’esortazione-auspicio che Papa Francesco ha formulato in un articolo scritto per la rivista spagnola “Vida Nueva” e tradotto da “L’Osservatore Romano”, con il quale delinea quello che definisce “plan para resuscitar”. “Un piano per risorgere”. L’alba della resurrezione è attesa anche da chi ha sperimentato le conseguenze nefaste di atti di ingiustizia, in totale solitudine e abbandono, ancor prima dello scoppio della pandemia, all’ombra di presupposti insospettabili di ogni sorta di nefandezza» (Maria Michela Petti – Facebook, 17 aprile 2020).

La pistola fumante (che ha sparato una volta e non più)

Ieri, 24 aprile 2020 abbiamo dedicato la nostra giornata tornando indietro tre anni, inziando con la lettura illuminante e rivelatore, di un articolo a firma di Franca Giansoldati pubblicato sul quotidiano romano Il Messaggero che porta pena, nella stessa giornata del 2017.

Oggi 25 aprile 2020, Giorno della Liberazione – sperando di liberarci anche noi e chi è messo alla gogna, rendendo giustizia nel nome della verità, misericordia e solidarietà – riportiamo per intero l’articolo che segue. Successivamente – con la lettura di questo ulteriore dossier della nostra inchiesta “Hänsel e Gretel” – sarà chiaro il significato del contenuto e i bersagli delle fonti corvine.

Vaticano, lettere anonime di lavoratori esasperati: Papa Francesco aiutaci tu
Il Messaggero, 24 aprile 2017 (aggiornato 25 aprile 2017
di Franca Giansoldati
I corvi sono tornati. Hanno ripreso a svolazzare nei cieli del Vaticano quando non se lo aspettava più nessuno. Stavolta, però, le lettere anonime non sembrano ispirate da cospirazioni o disegni destabilizzanti. Piuttosto, dal cattivo umore di chi, tra i lavoratori del governatorato Vaticano, accusa i suoi superiori di immobilismo, di mobbing, di incapacità nel tutelare un buon clima lavorativo. Gli autori della missiva, recapitata a diverse strutture al di là del Tevere, si firmano i «dipendenti di quello che è rimasto dello Stato della Città del Vaticano, amministrato purtroppo da serpenti mascherati da colombe, mentre il Vangelo recita siate astuti come serpenti e puri come colombe, Matteo 10,16». Al centro delle lamentazioni c’è la struttura numero uno, il Governatorato, dal quale dipendono diversi uffici sensibili: la numismatica, i musei, il reparto giardini, la Floreria, la gendarmeria, i magazzini, le pulizie, il funzionamento dei tribunali. Ed è proprio in quel palazzone ottocentesco che in questi ultimi tre anni si sarebbero concentrati, stando alle accuse dei lavoratori, problemi strutturali, stranezze gestionali, mancanza di umanità nelle relazioni personali e una buona dose di opacità nei comportamenti. È vero quel che viene denunciato? E chi sono «i dipendenti governati dai vertici del Governatorato» che nelle lettere si dicono «stanchi» di questa situazione? In realtà gli autori delle lettere si celano dietro l’anonimato per paura di ritorsioni.
Solo due settimane fa, il Papa in persona è dovuto intervenire, in modo assolutamente inusuale, considerata la gravità della situazione: c’era da risolvere in via definitiva il caso di un funzionario, Eugenio Hassler, ritenuto responsabile di mala gestione e di mobbing verso i sottoposti tale da seminare terrore tra gli uffici. Bergoglio aveva chiesto ai vertici del Governatorato di licenziarlo o di trovargli una adeguata sistemazione altrove, ma né il cardinale Bertello, né l’argentino monsignor Vérgez [*] avevano preso iniziative. La lettera inviata in questi giorni fa intendere che, secondo l’opinione dei lavoratori sul piede di guerra, nemmeno l’allontanamento di Hassler basterebbe a riportare correttezza e armonia contro quelle che descrivono come malefatte di una «oligarchia».
E poi c’è il capitolo assunzioni: la denuncia narra di casi ritenuti singolari, come, per esempio, l’assunzione di un biologo al Tribunale. «Cosa centra un biologo con un Tribunale?», si chiedono gli autori delle lettere. E insinuano: il neo assunto sarebbe figlio del medico di un cardinale, di cui «lo stesso alto prelato succitato sarebbe stato il segretario». Secondo i corvi, le assunzioni sarebbero state «accelerate o rallentate o addirittura bloccate» in virtù del fatto che riguardassero o meno persone conosciute. Come la figlia di un usciere, il figlio di un addetto al protocollo. Eppure, nonostante i tentativi di sdrammatizzare da parte di alcuni esponenti delle gerarchie vaticane, queste situazioni, stando alla lettera, avrebbero creato malessere, tensioni, disagi, delusioni, malumori. Il testo della missiva è sul tavolo di Papa Francesco, il quale una volta informato, aveva già sollecitato interventi per migliorare il clima e la struttura. Non è bastato. E tuttavia ogni speranza è riposta ancora una volta in lui.

[*] Mons. Vérgez non è Argentino, ma Spagnolo (uno dei tanti strafalcioni, che sono il marchio di fabbrica dell’abborracciona).

La condanna tombale di un innocente e il tiro al bersaglio contro i suoi superiori

Con questo sua fabbrica di fango, il 24 aprile 2017 la Giansoldati dopo 27 giorni ritorna sul caso della “cacciata” di Eugenio Hasler da parte di Papa Francesco, avvenuta il 28 marzo 2017. Senza apparente motivo temporale. Ma il motivo c’è – come vedremo – perché questa volta, lo scopo dei corvi non è in primis mettere Eugenio Hasler nuovamente alla gogna, ma di usarlo come bastone per menare esplicitamente i suoi ex superiori, il Cardinale Bertello e il Vescovo Vérgez. Questi non furono cacciati insieme a lui, neanche dopo e quindi rimasti al loro posto.
Oggi, aprile 2020 sono nuovamente nel mirino degli stessi corvi di tre anni prima, con il caso delle lettere “8 aprile” e “17 aprile”.

Nessun giornalista era a conoscenza della lettera anonima, che la Giansoldati cita per la prima (e ultima) volta. E questo va evidenziato, perché rappresenta la pistola fumante. Il suo articolo del 24 aprile 2017 – ieri esattamente 3 anni fa – è intesa come la definitiva condanna tombale a mezzo stampa per Eugenio Hasler e la sua famiglia, che messi alla gogna non reagì. Di questa lettera anonima – solo accennata e non dato per intero dalla Giansoldati, nessun altro organo di informazione trattò, oltre Il Messaggero che porta pena. Però, il silenzio della famiglia Hasler non è servito a far cancellare dalla rete e nei fatti il “marchio” infamante. È il marchio del boia, la figura professionale che ha il compito di eseguire le sentenze di condanna alla pena di morte, che è il marchio della vaticanista romana che vanta amicizie influenti e opache, che si vanta di telefonare regolarmente con il Pontefice regnante.

Giovanni Bugatti (1779-1869), all’opera. Meglio conosciuto come Mastro Titta “er boja de Roma” è stato uno dei boia più longevi e “proficui” dello Stato Pontificio. Nei 68 anni di onorato servizio eseguì 515 esecuzioni capitali e nell’odierno quotidiano romano ha trovato un degno successore che porta pena.

Con il senno del poi, la domanda cruciale è: perché questa seconda lettera anonima venne consegnata alla Giansoldati a forma di velina, dopo che Eugenio Hasler era già stato “cacciato” da un mese – cosa mai vista nell’amministrazione pontificia moderna – dando retta ad una prima lettera anonima ed era rimasto in silenzio (e lo rimarrà per 3 anni)?

Fatto eclatante è, che il “caso Hasler” fino ad oggi è irrisolto, rimasto un arcano, dove la verità al momento appare lontana, ma non impossibile da trovare, come è ancora possibile smascherare i corvi che continuano a celarsi dietro un vigliacco anonimato.

Il caso delle lettere “8 aprile” e “17 aprile”

Prima di investigare cosa si cela nel mistero “caso Hasler”, riassumiamo il caso delle lettere “8 aprile” del Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e “17 aprile” del Segretario Generale, di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi. Poi ritorneremo sulla questione delle due lettere anonime del 2017.

Nel nostro primo articolo Sars-CoV-2. Numeri di contagi non pervenuti per lo Stato della Città del Vaticano, che da lunedì 20 aprile riapre parzialmente al pubblico del 17 aprile 2020, abbiamo rivelato che esiste un caso “8 aprile”. Il Messaggero che porta pena del 10 aprile 2020, in un articolo a doppia firma di Franca Giansoldati e Umberto Mancini [ Vaticano nei guai finanziari, tagli ai costi e nessun rinnovo a contratti a tempo determinato], pubblica la prima pagina di una lettera su carta intestata del Presidente del Governatorato S.C.V., con tanto di numero di protocollo e data, con la quale vengono annunciate ulteriori misure restrittive, che non riguarda solamente i dipendenti del Governatorato, bensì comprende anche i dipendenti della Santa Sede e cita anche organismi/enti della curia romana, sulla quale il Governatorato S.C.V. non ha giurisdizione. Questa presunta lettera “8 aprile” veniva data per “diramata e firmata dal Cardinale Bertello”, ma da nostre informazioni la presunta lettera “8 aprile” non è stata ne diramata, ne si è vista alcune firma del Cardinale Presidente Bertello, in quanto la seconda parte della presunta lettera “8 aprile” non è stata pubblicata dal Messaggero che porta pena e non si capisce il perché. Ma, come si sa, chiedere il perché è atto osceno. Quindi, non abbiamo domandato il perché, con tanta di misericordina e pietismo (non scomodiamo la misericordia e la pietà, che sono cose serie).

Poi – tra il 10 e il 16 aprile – assistiamo ad un copia incolla a cervello spento. La maestra alla scuola elementare esortava: “Bambini non copiate, perché se sbaglia quello da cui copiate, sbagliate tutti e si capisce da chi avete copiato pure male!”. Invece, tre testate vicine al Domus Sanctae Marthae, Faro di Roma, Vatican Insider e Avvenire non hanno rilanciato la notizia del Messaggero che porta pena.

Quindi, il 21 aprile 2020 siamo ritornato sulla questione della lettera “8 aprile”, con nostro articolo S.C.V. 20 aprile 2020: “Vietato venire al lavoro con febbre”. Emerge la questione “fuga di notizie” dalla Segreteria Generale 2011 e 2017, in cui rileviamo che Franca Giansoldati ha pubblicato sul Messaggero che porta pena del 20 aprile 2020 una lettera del Segretario Generale del Governatorato S.C.V. in data 17 aprile, con disposizioni per i dipendenti dello Stato della Città del Vaticano e in cui non si parla dei dipendenti della Santa Sede. Al momento che stavamo approntando l’articolo (ore 09.00) non avevamo motivo per dubitare dell’esistenza della lettera “17 aprile”, anche se questa lettera non era ancora arrivata a destinazione. Poi abbiamo dato la notizia che la lettera “17 aprile” era stata diramata alle ore 11.00. Forse la lettera “8 aprile” del Presidente del Governatorato Cardinale Bertello (a cui esistenza accenna il Segretario Generale Vérgez) non è mai uscita per evitare imbarazzo con la Santa Sede, perché il Governatorato non ha giurisdizione sui dipendenti della Santa Sede. Il fatto strano – che va rilevato – è, che il Messaggero che porta pena continua a pubblicare lettere, che non sono ancora state diramate e anche un bambino capirebbe (e lo capiscono anche i colleghi, rimasti a secco per l’ennesima volta), che la fonte stia dentro il Governatorato.

Poi, il 22 aprile 2020, con nostro articolo Documenti trafugati al Governatorato S.C.V. 2020. Inchiesta “Hänsel e Gretel” sulle tracce dei traditori notifichiamo, che la scia degli indizi lasciati sul percorso dalle menti interne raffinatissime, che hanno la responsabilità della fuga di notizie dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, stava sotto la nostre lente. Due indizi non fanno una prova, ma sicuramente determinano due elementi che andavano approfonditi e che non dovevano passare inosservati. Non dovevano essere messi da parte e dimenticati, poiché serviranno per future comparazioni con gli elementi che emergeranno in seguito.

“Qualcuno” ha ordinato di “fare uscire” dall’interno del Palazzo del Governatorato S.C.V. e di consegnare al Messaggero che porta pena due lettere ufficiali, la prima in data 8 aprile a firma del Cardinale Giuseppe Bertello, Presidente del Governatorato S.C.V. [mai vista la firma e mai diramata, però “menzionata” come lettera “8 aprile” nella lettera “17 aprile”] e la seconda in data 17 aprile 2020 a firma del Segretario Generale del Governatorato, il Vescovo Fernando Vérgez Alzaga, L.C. [lettera “17 aprile”, pubblicata dalla Giansoldati il 20 aprile e diramata il 21 aprile]”.

A margine delle lettere “8 aprile” e “17 aprile” viene svelato l’acronimo AS del timbro dell’ufficio del Protocollo Generale – Archivio di Stato del Governatorato S.C.V. Fatto eloquente, che indica che le lettere vengono “fatte uscire” e consegnate alla Giansoldati, dopo essere transitate dal medesimo ufficio. Questo è un fatto inequivocabile, poiché il Messaggero che porta pena pubblica entrambe le lettere con il numero di protocollo chiaro e leggibile. E considerato che il timbro del Protocollo Generale – Archivio di Stato è abbreviato nelle lettere “AS” (Archivio di Stato) il fatto è inequivocabile.

In questa nostra copertura abbiamo citato, che nel 2017 veniva “cacciato” un alto funzionario della Segreteria Generale, per motivi che potevano riguardare – secondo voci che furono fatte circolare ad arte allora – la manipolazione di documenti (notizia peraltro mai confermata ufficialmente e contestata ancora oggi dall’interessato).

In questo caso la lista dei laici “cacciati” da Papa Francesco si allunga. Ne citiamo solo alcuni illustri personalità di altissimo rango, “cacciati su due piedi” in modo irrituale e inconsueto, senza un regolare procedimenti: l’ex Comandante del Corpo della Guardia Svizzera Pontifica, Colonello Daniel Rudolf Anrig (31 gennaio 2015); l’ex Revisore Generale della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, Dott. Libero Milone (21 giugno 2017); l’ex Direttore dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile dello Stato della Città del Vaticano e Comandante del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, Dott. Domenico Giani (14 ottobre 2019). Poniamo questo modus operandi sotto la nostra lente, poiché tutto ciò evidenzia che la riforma di questo pontificato appare essere di fatto “la cacciata” (insieme a “rottamazione” e “asfaltazione”).

Poi, abbiamo osservato che in questo mese di aprile 2020 escono nuovamente dei documenti, questa volta ufficiali e protocollati, sempre dal Governatorato S.C.V., una lettera mai diramato e un’altra lettera prima di essere diramato alle amministrazioni di competenza. Questo è un fatto che va sottolineato per amore di verità.

Anche dopo la “cacciata” dell’alto funzionario nel 2017, in Governatorato S.C.V. rimane qualcuno (o anche più di qualcuno) che (tradendo il giuramento fatto al momento di entrare in servizio) fa uscire documenti che in quel momento “sono ancora riservati” che quindi, in quel momento, non sono ancora usciti dal palazzo del governatorato . Questo fa venire il ragionevole dubbio che colui che fu “cacciato” nel 2017 non era il colpevole per ciò di cui fu “accusato”, ma che il motivo della “cacciata” è altro. Non desterebbe sorpresa di venire a sapere, che è lo stesso motivo per cui fu “allontanato a Washington” l’allora Segretario Generale, che aveva ricevuto da Papa Benedetto XVI l’incarico di “pulire la stalla”, cioè combattere la corruzione ai livelli alti del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.

Infine, abbiamo rilevato, che dentro il Palazzo del Governatorato S.C.V. va approfondita un’inchiesta. Pensiamo che lì dentro la situazione si sta facendo molto calda, perché qualcuno ha fatto uscire prima che siano state diramate ufficialmente due lettere, del numero uno e del numero due del Governatorato S.C.V. E questo è un fatto gravissimo. Ripetiamo nostro suggerimento che questa inchiesta potrebbe essere condotta con molto profitto, magari con il supporto di chi ha già diretto tale ufficio, cioè l’Arcivescovo Carlo Maria Viganò, “allontanato a Washington” il 19 ottobre 2011 e di un suo sottoposto, “cacciato” il 31 marzo 2017, cioè il Segretario particolare del Segretario Generale del Governatorato S.C.V., Eugenio Hasler, sempre rimasto in silenzio da allora.

Intermezzo

«Gogna
Una colata di piombo
sulle ali della speranza
e fu subito il rimbombo
di un colpo della noncuranza
nella miseria di un’ignoranza
al limite dell’immaginabile.
Con la mente accecata dall’invidia
e il cuore perso nell’illimitabile
tendenza alla perfidia
immaginando di agguantare un bene
che al male non si attiene.
E fu gogna:
a valanga, una menzogna
che non nasconde la vergogna
di chi non è capace di vivere
nel rispetto del convivere
e fa ricorso alla forza del potere
per scardinare i limiti del suo essere.
Illusione: mera illusione!»
(Maria Michela Petti – Facebook, 5 aprile 2020).

Rispetto per un uomo, e una carezza alla dignità sua e della sua famiglia

Oggi, trattando questo uomo con rispetto, gli vogliamo regalare una carezza alla dignità sua, della sua madre e del suo padre.

È prassi consolidata – e posso testimoniarlo ex professo (diversi furono le lettere anonime contro di me, stilate dai vaticanisti di turno, recapitate in Segreteria di Stato e ritualmente destinate all’oblio – che nelle amministrazioni pontificie lettere anonime vengono cestinate, sempre. Invece, nel caso della prima lettera anonima ci fu una decisione di portarla all’attenzione del Papa e di far fare accertamenti dalla Gendarmeria S.C.V. sul conto di Eugenio Hasler. Prendere queste decisioni non possono farlo coloro che governano lo Stato della Città del Vaticano, ma è competenza della Segreteria di Stato. Il risultato fu un Casellario penale con “NULLA”… e “la cacciata”.

Oggi vogliamo essere voce di chi è rimasto in silenzio per tre anni. Vogliamo dare voce a chi la voce è stata tolta in maniera inconfessabile e inqualificabile, piuttosto che inspiegabile, in un’operazione altrettanto inqualificabile e inconfessabile, sotto tutti gli aspetti, senza un minimo di regolare provvedimento disciplinare, dai quali ogni essere umano dovrebbe poter difendersi. Ma si sa come funziona uno Stato di regime. E a questo punto fa paura.

Eugenio Hasler ha chiesto più volte, anche per iscritto, di poter aver un regolare processo disciplinare o penale. Non ha mai ricevuto risposte. Sono state inviate anche lettere a firma di ex colleghi, di parenti, di amici e della mamma al Papa regnante. Nessuno ha mai ricevuto una risposta.

Non è difficile immaginare perché Eugenio Hasler non ha parlato con nessuno in questi tre anni, sia per delle “velate” minacce ricevute “da chi conta”, sia perché non avrebbe avuto alcuna possibilità di trovare giustizia.

Da un giorno all’altro, la sua vita – e quella della sua famiglia – sono state letteralmente distrutte. Senza un minimo di giustizia, di misericordia, di pietà. La sua cacciata per ordine del Papa regnante fu del tutto inusuale, irrituale ed arbitraria, senza alcun preavviso e senza alcuna lettera di licenziamento (a tutt’oggi non ne è traccia), senza che gli sia stata accordata la possibilità di difendersi da infondate accuse. Queste infamanti accuse furono fatte filtrare tramite una vaticanista senza scrupoli e persino aggravate rispetto a quelle gli furono elencate verbalmente dal Papa regnante al suo funzionario e cittadino. Questo filtraggio fu senza ombra di dubbio diramata ad arte da corvi dall’interno, gestiti da una mente raffinatissima.

Nessun rispetto della privacy, nome e cognome sbandierato ai quattro venti, in una “notizia” confezionata ad arte per suscitare sensazionalismo mediatico, con le pesantissime conseguenze facilmente immaginabili sul suo futuro umano e professionale.

Chi “toglie il lavoro agli uomini, fa un peccato gravissimo”, ha detto Papa Francesco rivolto ai lavoratori di Sky Italia nell’Udienza generale del 15 marzo 2017.

“Nessun lavoratore senza diritti”, ha scritto Papa Francesco nella “Lettera ai Movimenti Popolari” del 12 aprile 2020.

Cosa avrebbe potuto fare questo giovane e brillante funzionario, cittadino vaticano, figlio di una famiglia rispettabilissima nello Stato, di cui si fidavano e a cui si affidavano quattro successivi Segretari Generali del Governatorato S.C.V., suoi diretti superiori? Oltretutto, gli era stato caldamente sconsigliato di parlare con i giornalisti, anche se la Franca Giansoldati risultò subito essere in possesso del numero del suo cellulare. Per di più, si era fatto cenno ad un certo “supporto” per il futuro (con riferimento al Papa regnante), ma nulla di nulla avvenne.

La sua dignità fu calpestata e sul suo conto sono state diffuse ad arte notizie diffamanti, infamanti, calunniose, mai verificate. E questo dopo aver prestato il suo altissimo servizio nel Governatorato S.C.V. con dedizione, generosità e passione, fino a quel terribile 27 marzo 2017. Consapevole dell’onore e del privilegio di cui si sentiva destinatario e depositario. Fedele al giuramento che aveva prestato. Cercando di dare il meglio di sé, così come si era comportato nello svolgimento del suo precedente lavoro in Roma, con tutti i limiti della sua natura e di qualche difetto caratteriale, che lui non nega e che lui non nasconde.

La sua disponibilità di chiedere scusa non fu presa in considerazione, perché il motivo per la sua “cacciata” era altro.

Chi non ha un difetto, lancia la prima pietra, come hanno fatto gli stinchi di santi Franca Giansoldati, Gian Guido Vecchi e alcuni dei loro colleghi, vaticanisti da doppia spunta blu, “sopra ogni sospetto”. Avremo tanto di “pettegolezzo” con doppia porzione di patate, con scienza e coscienza da raccontare sul loro conto. Ma non ci pensiamo neanche, perché il rispetto delle persone è sacro, di ogni persona. Non è che ci contano, sicuri di questo nostro rispetto signorile nei loro confronti “a prescindere”? Come contano sul silenzio delle vittime che portano al patibolo, come hanno fatto con l’esecuzione a mezzo stampa di Eugenio Hasler (“ormai non parla e se parlasse, chi lo crederebbe, dopo la nostra opera da boia”)?

Tante le vicissitudini, che Eugenio Hasler ha affrontato nei suoi circa dodici anni di servizio nel Governatorato, duranti i quali ha accumulato molti nemici influenti, perché non era corrotto e non si fece corrompere. E ne so qualcosa ex professo, perché ho avuto non poche occasioni di conoscere l’ambiente – e dei personaggi “influenti” – dall’interno del Governatorato, in quasi 30 anni di servizio alla Santa Sede.

Il silenzio non ha pagato e dopo tre anni…

Dopo tre anni esatti, il 28 marzo 2020 Eugenio Hasler ha deciso di parlare, con un post sul suo diario Facebook:

«Con oggi si compiono tre anni dal “fatto” o dal “caso”: insomma chiamatelo come volete. Il 27 marzo 2017 ricevevo un biglietto di convocazione, freddo, impersonale, nel quale venivo appellato come a tutti dicevo di non volere: cavaliere. E so benissimo chi e perché invece ha dichiarato ai giornalisti che amavo farmi chiamare cavaliere, anzi lo avrei addirittura preteso.
Il tutto però parte parecchi mesi prima con l’invio di lettere “anonime” a vari personaggi di spicco in Vaticano. Quasi tutti destinatari pilotati. Di fatti, in dieci anni di lavoro in una Segreteria Generale ne ho viste di lettere anonime: tutte, puntualmente cestinate senza dare alcun credito. Era la regola. Alcune erano molto dettagliate e precise, oserei dire, ipoteticamente veritiere. Quella di cui ho pubblicato alcuni stralci e seguirà il completamento, è stata presa come spunto per addebitarmi colpe nel colloquio del 28 marzo 2017, esattamente tre anni fa.
Ora, non è difficile comprendere la dinamica di chi e come possa aver fatto passare per veritiere cose assolutamente non vere o delle quali esistono prove inconfutabili del contrario (ovviamente mai prese in considerazione).
Come pure è estremamente facile capire e sapere chi ha dettagliatamente prodotto i numeri delle ore straordinarie da me effettuate, tralasciando di dire però che non era il sottoscritto a decidere di farle e a disporre a piacimento. Chi ha disposto il pagamento tassativo delle ferie arretrate (una persona che ha voluto farlo per tutti i dipendenti e non solo per me) e di conseguenza chi era a conoscenza della cifra esatta che fu calcolata per definire l’importo da me rifiutato ma che fui obbligato ad accettare perché bonificato in modo coatto.
Chi si è recato personalmente presso la filiale della banca?
Infine chi ha inventato che la copertura in vetroresina di un terrazzo fosse stata realizzata in amianto e avesse messo a rischio l’incolumità di chissà chi…
Ben inteso, si tratta di persone ben distinte tra loro, che hanno ben volentieri promosso ed eseguito ordini di una mente.
Dopo tre anni alcune cose vengono a galla, altre necessiteranno di qualche tempo in più. Ma è giusto che si sappia. Poiché quasi tutte queste persone, sottolineo quasi tutte, sono ai loro posti di comando ed in parte ricoprono posti di maggior rilievo (ovvero promozioni)… Non si tratta di solo laici.
A tre anni di distanza non si può dire che Hasler ha scelto la via del silenzio. Tuttavia, Hasler non è un mercenario e non parla per soldi. Hasler parla solo ed esclusivamente perché vuole la verità, ben conscio che è un termine sconosciuto ad alcuni. Hasler è stato preso per troppo tempo in giro, perché “tanto non parla”… I ricatti striscianti e meno striscianti sono stati moltissimi. Le voci messe in giro altrettante.
Tre anni sono tanti… Il silenzio non ha pagato. Il caso risulta archiviato senza alcune se ed alcun ma…
Nessuno ha voluto verificare nulla. E soprattutto nessuno ha voluto interpellare me. Solo scansarmi, cambiare marciapiede, ecc. E fornire numeri di cellulare e nomi ai giornalisti.
Voci su interessamenti al caso, su aiuti a me ad alla mia famiglia… Tutte voci messe in giro come “chiacchiere da lavandaia”. Sappiamo da parte di chi ed il perché. Del resto la lavanderia ha molti addetti. Addetti che vantano anche una credibilità.
Il ricordo, come una ricorrenza annuale delle ferite che ancor sanguinano in abbondanza.
Per chi vorrà leggere e continuare a seguire il “caso”.
A tutti voi, a tutti noi, un abbraccio (a distanza) e l’auspicio che questo periodo di difficoltà collettivo e comunitario possa essere presto superato!»
(Eugenio Hasler – Facebook, 28 marzo 2020 – III Anniversario).

L’uomo

Eugenio Hasler fu assunto al Governatorato dello Stato della Città del Vaticano per l’Ufficio Filatelico e Numismatico il 1̊ agosto 2005 e in Segreteria Generale dal 1̊ giugno 2006 fino al 28 marzo 2017. Nato a Roma il 8 aprile 1982 da Maria Michela Petti, giornalista pubblicista e poetessa, nata ad Amalfi e Peter Albert Hasler, Maggiore della Guardia Svizzera Pontificia, “l’ombra del Papa” per essere stato accanto a ben 4 pontefici nell’arco di 43 anni di servizio, nato a Montlingen nel Cantone di Sankt Gallen. Cittadino svizzero per nascita, cittadino vaticano per residenza e cittadino italiano a seguito di riconoscimento, cresce nell’ambito del quartiere della Guardia Svizzera Pontificia in Vaticano. Formazione e attività lavorativa in Vaticano. Frequenta la Scuola Svizzera di Roma prima e quella Tedesca poi, fino al conseguimento della maturità nell’anno 2001. Intraprende i primi studi universitari alla Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma, per poi interromperli ed essere assunto con contratto a tempo indeterminato presso l’Istituto Patristico Augustinianum in Via Paolo VI a Roma, dove resta per 9 mesi. Nel luglio 2005 riceve la proposta di assunzione presso l’Ufficio Filatelico e Numismatico del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, dove viene assunto il 1̊ agosto 2005. Nel giugno del 2006 gli viene affidato la gestione della realizzazione del portale istituzionale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Successivamente diventa Responsabile del Coordinamento Eventi del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Il 21 dicembre 2013 viene nominato dal Cardinale Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano Coordinatore della Segreteria, coordinando – ma senza poteri decisionali – l’Ufficio del Protocollo-Archivio di Stato, l’Ufficio Controllo Interno, il Coordinamento Eventi e il Servizio Giardini e Nettezza Urbana. Dal 2006 è Segretario particolare di quattro Segretari Generali del Governatorato: Mons. Renato Boccardo, Mons. Carlo Maria Viganò, Mons. Giuseppe Sciacca e Mons. Fernando Vérgez Alzaga, L.C. Il 27 marzo 2017 riceve un biglietto di convocazione da Papa Francesco. A seguito del colloquio del 28 marzo, senza alcuna motivazione ufficiale, viene allontanato dal suo incarico.

La pugnalata e i corvi

Nove giorni dopo “la cacciata” di Eugenio Hasler, dei corvi all’interno del Governatorato pensano a fare delle soffiate sul fatto. Il primo che pubblica è Gian Guido Vecchi del Corriere della Sera – inseparabile “compagno di merenda” di Franca Giansoldati del Messaggero che porta pena, dando voce il 5 aprile 2017 – in assenza di comunicazioni ufficiali al riguardo – a quanto i corvi dall’interno gli hanno dettato:

“Governatorato. Vaticano, funzionario cacciato. «Cavalier Hasler? Un autoritario». Filtrano accuse di autoritarismo, comportamenti sul lavoro «al limite del mobbing» per Cavalier Eugenio Hasler, figlio di uno storico decano della Guardia Svizzera: clima non più in sintonia con un pontefice come Francesco. Non si è (quasi) mai sentito che un alto funzionario laico del Vaticano, ai vertici del Governatorato, venisse rimosso con una decisione presa, si racconta Oltretevere, direttamente dal Papa. Del resto la situazione doveva essere grave. «Eugenio Hasler non lavora più in Vaticano da una settimana», si limita a confermare il direttore della Sala stampa, Greg Burke. Filtrano accuse di autoritarismo, comportamenti sul lavoro «al limite del mobbing». Fino alla fine del mese scorso, comunque, Eugenio Hasler era il coordinatore della segreteria particolare di monsignor Fernando Vergez Alzaga, «numero due» del Governatorato guidato dal cardinale prefetto Giuseppe Bertello. Il clima. Un nome conosciuto, nel piccolo Stato: il padre, Peter Hasler, storico decano della Guardia Svizzera andato in pensione nel 2009, era soprannominato «l’ombra del Papa» perché in 43 anni di servizio ha lavorato accanto a quattro pontefici. In Vaticano si dice che Francesco sia dovuto intervenire, dopo diverse sollecitazioni, per risolvere una situazione di tensione che nel Governatorato si era fatta insostenibile. A proposito di Eugenio Hasler – anzi del «Cavalier Hasler», come si dice tenesse ad essere chiamato – si parla di atteggiamenti «autoritari», rapporti assai difficili con i dipendenti, una situazione che era andata sempre più peggiorando negli ultimi tempi. Certo non un clima in sintonia con un pontefice come Francesco, che fin dai primi mesi di pontificato è andato perfino nella mensa aziendale a mangiare con gli operai del Vaticano. Il precedente. Qualcosa di simile era accaduto tre anni fa, nel gennaio 2014, quando Francesco aveva congedato il capo delle Guardie svizzere Daniel Rudolf Anrig, ufficialmente «a conclusione della proroga concessa dopo la fine del suo mandato quinquennale». Anche in quel caso si parlò di un eccesso di severità”.

Lo stesso 5 aprile 2017 il sito svizzero Tio.ch scrive, riportando l’ANSA:

“Guardie svizzere: il Papa licenzia il troppo autoritario Eugenio Hasler. Bergoglio sarebbe intervenuto personalmente per sciogliere una situazione che negli anni aveva creato non poche tensioni all’interno degli uffici del Governatorato. Con una decisione presa direttamente da Papa Francesco è stato rimosso dal suo incarico un alto funzionario laico del Governatorato della Città del Vaticano, Eugenio Hasler, fino alla scorsa settimana segretario di monsignor Fernando Vérgez Alzaga, segretario generale dell’ufficio di governo dello stato d’Oltretevere. È quanto apprende l’agenzia di stampa italiana ANSA da fonti qualificate, secondo le quali, con la rimozione Bergoglio sarebbe intervenuto personalmente per sciogliere una situazione che negli anni aveva creato non poche tensioni all’interno degli uffici del Governatorato. Hasler è figlio del maggiore Peter Hasler, ex decano della Guardia svizzera, andato in pensione nel 2009, dopo aver prestato servizio accanto a quattro pontefici nell’arco di oltre 40 anni. Interpellato dall’ANSA, Greg Burke, direttore della Sala Stampa della Santa Sede ha confermato soltanto che «Eugene Hasler non lavora più in Vaticano da una settimana»”.

La madre di Eugenio Hasler ha diffuso la seguente dichiarazione:

In merito alla notizia relativa al licenziamento di Eugenio Hasler, fino alla scorsa settimana funzionario laico del Governatorato dello Stato Città del Vaticano, preciso che a tuttora mio figlio non ha ricevuto alcuna lettera di licenziamento.
Appena saranno rese note le motivazioni di tale decisione, non mancherò di fornire precise risposte ad ogni imputazione. Finora non ho ricevuto che manifestazioni di stima, ringraziamenti ed apprezzamento da parte dei suoi diretti Superiori del presente e del passato per la collaborazione fornita da Eugenio nello svolgimento delle mansioni affidategli.
Maria Michela Petti

Il 6 aprile 2017 segue La Stampa (con un articolo modificato il 19 ottobre 2019), sempre riportando l’ANSA:

“Rimosso un funzionario del Governatorato. Eugenio Hasler, figlio dell’ex decano della Guardia svizzera è stato sollevato dall’incarico. Con una decisione attribuita direttamente da Papa Francesco è stato rimosso dal suo incarico un alto funzionario laico del Governatorato della Città del Vaticano, Eugene Hasler, fino alla scorsa settimana segretario del vescovo Fernando Vergez Alzaga, segretario generale dello stesso Governatorato. Secondo quanto riportato dall’ANSA il Papa sarebbe intervenuto personalmente per sciogliere una situazione che negli anni aveva creato non poche tensioni all’interno degli uffici del Governatorato. Hasler è figlio del maggiore Peter Hasler, ex decano della Guardia svizzera, andato in pensione nel 2009, dopo aver prestato servizio accanto a quattro pontefici nell’arco di oltre 40 anni. Greg Burke, direttore della Sala Stampa della Santa Sede ha confermato che «Eugenio Hasler non lavora più in Vaticano da una settimana».
Dopo la diffusione della notizia, la madre di Hasler, Maria Michela Petti, ha diramato un comunicato nel quale precisa che «a tuttora mio figlio non ha ricevuto alcuna lettera di licenziamento. Appena saranno rese note le motivazioni di tale decisione, non mancherò di fornire precise risposte ad ogni imputazione. Finora non ho ricevuto che manifestazioni di stima, ringraziamenti ed apprezzamento da parte dei suoi diretti Superiori del presente e del passato per la collaborazione fornita da Eugenio nello svolgimento delle mansioni affidategli»”.

Il 7 aprile 2017 sul Corriere della Sera, Massimo Gramellini ha la grandiosa idea di dedicare la sua attenzione al “caso Hasler”, con “Il Caffè” del giorno:

“In nome del Papa Re. A volte, diceva Flaiano, mi vengono in mente pensieri che non condivido. Ieri il Papa ha messo alla porta un certo Eugenio Hasler, potente funzionario inviso a mezzo Vaticano (all’altro mezzo sta inviso il Papa). Lo ha licenziato in tronco, senza troppe spiegazioni, e nonostante una lettera implorante della mamma di lui. Perché anche i funzionari vaticani tengono una mamma. Nelle stesse ore l’ormai leggendario Tar del Lazio bloccava l’espianto di duecento ulivi del Salento, necessario per fare passare sottoterra il tubo di un gasdotto destinato a diventare anch’esso una leggenda, come tante opere irrealizzate, la cui memoria si tramanda di padre in figlio. Può darsi che il Papa abbia torto e il Tar del Lazio ragione: nell’Italia dei corsi, ma soprattutto dei ricorsi, l’infallibilità di quel tribunale è considerata dogma di fede. Non intendo entrare nel merito (conosco pochissimi gasdotti e nessun funzionario vaticano), ma solo proporre un rovesciamento dei ruoli. Con il Papa al posto del Tar, in un modo o nell’altro la sorte degli ulivi si sarebbe già decisa da tempo, e anche quella del tubo. Mentre, con il Tar al posto del Papa, il funzionario cacciato sarebbe ancora al suo posto, aggrappato a qualche codicillo per la gioia della sua mamma, ma forse non dei suoi dipendenti. Ecco, persino un laico risorgimentale che ogni 20 settembre festeggia la breccia di Porta Pia si ritrova a cullarsi nel sogno di un Papa Re. Ma è la debolezza di un attimo, perché non è detto che ci capiterebbe un Bergoglio. E se poi eleggono Alfano?”.

La lettera aperta a Papa Francesco

Il 6 aprile 2017 la Giansoldati riferisce della lettera aperta della madre di Eugenio Hasler a Papa Francesco, scrivendo sul Messaggero che porta pena:

“Vaticano, scrive al Papa la mamma del funzionario del governatorato licenziato. Eugenio Hasler, il funzionario 34enne del Governatorato silurato dal Papa il primo aprile scorso, tace. Il Papa gli ha fatto sapere che sarà lui a doversi dimettere così potrà avere diritto alla liquidazione. Un gesto di generosità. La mamma di Hasler, invece, è un fiume in piena. Maria Michela Petti ha preso carta e penna per scrivere una lettera a Bergoglio e allontanare dal figlio gli schizzi di «fango» che lo avrebbero colpito”.

Seguono delle virgolettate dalla lettera, abilmente tagliate e messe in riga.

Preferiamo di lasciare la parola direttamente alla madre di Eugenio Hasler, riportando per intero la sua lettera aperta a Papa Francesco, che va letta con grande devozione e con la particolare devozione alla lente:

«Sto trascorrendo la notte davanti al PC, profondamente addolorata per il fango che ha permesso venisse scaricato su un giovane di trentacinquenne, che per undici anni ed otto mesi si è dedicato totalmente, senza risparmiarsi, con serietà ed onestà morale ed intellettuale, ai compiti che i suoi diretti Superiori gli hanno assegnato.
Mio figlio – Eugenio Hasler – Santità, forse non lo sa, è entrato in Vaticano quando era un neonato di quattro giorni e vive tuttora con i genitori, qui, nella Sua casa, nonostante gli innumerevoli, insistenti, inutili tentativi da me messi in atto per allontanare i miei figli da quest’ambiente, dal quartiere della Guardia Svizzera, non ritenendolo il luogo ideale per la loro crescita e per un loro armonico sviluppo.
Per quarant’anni ho sopportato sofferenze inimmaginabili, da me puntualmente segnalate ai diretti Responsabili dei vari settori, senza ricevere alcun riscontro alle mie denunce; denunce presentate non per danneggiare le persone, ma limitandomi a segnalare un disagio assurdo in cui si è trascinata la mia famiglia, nell’indifferenza generale. Ho messo in atto azioni coraggiose, per cui ho pagato pesanti conseguenze.
Ho preferito non presentarle a Lei, come persone amiche mi avevano suggerito di fare, ritenendo con ciò di evitarle una pena inutile, inutile anche quanto ai risultati, perché Lei non avrebbe potuto restituire ai miei figli, alla mia famiglia “distrutta”, a me, quanto ci è stato rubato.
Non mi è mai mancato il coraggio e la volontà di risollevarmi dalle macerie della vita, non mi sono pianta addosso, né intendo farlo adesso, come ha esortato nell’Omelia di domenica scorsa a Carpi. Ho mantenuto sempre un comportamento autentico, schietto, lineare, senza ipocrisie ed infingimenti. Purtroppo, Santità, è più facile individuare le responsabilità delle macerie causate dai disastri naturali, che i killer che colpiscono a morte subdolamente gli esseri umani.
La sofferenza – sì la croce che pesa sulla spalla, che ho portato con dignità e in silenzio, avendo come samaritano il sostegno del Signore, di cui nei troppi momenti bui ho anche dubitato, ma di cui Gli sono sempre stata grata, dopo aver superato prove senza soluzione di continuità – questa sofferenza è la mia ricchezza, la mia forza, il capitale che ho il dovere di investire nella protezione di mio figlio Eugenio e nella difesa della sua onorabilità.
Sono pronta a sottopormi anche ad un processo pubblico; fino all’ultimo respiro ogni mia residua energia sarà per i miei figli, ed oggi in modo particolare per Eugenio. Conosco i valori che gli ho trasmesso con la mia testimonianza di vita, le sue doti morali e le sue capacità professionali, peraltro apprezzate in pubblico e in privato dai suoi diretti Superiori, di cui custodiamo gelosamente le lusinghiere schede di valutazione, rilasciategli come prassi annualmente.
Le auguro di cuore, Santo Padre, di portare a termine quel mandato che ricevette il Santo di cui si onora di portare il nome: “Va’, Francesco, e ripara mia casa”. Questa casa è crollata solo addosso a noi. Quanto a me, non gioisco per questa “perfetta letizia”, come avrebbe fatto il Poverello, ma voglio continuare a credere, col Manzoni, che “Il Signore non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per darne loro una più certa e più grande”.
Maria Michela Petti
Mamma di Eugenio Hasler
La notte del 5 aprile 2017».

E infine, le due lettere anonime dei corvi sotto la nostra lente

La prima lettera anonima fu spedita (come da timbro postale) il 29 ottobre 2015 e prevenne ai vari alti destinatari, la settimana dopo il ponte di Ognissanti. La seconda lettera anonima è stata spedita nei primi giorni di aprile 2017, quando Eugenio Hasler ero già stato allontanato.

Mentre la prima lettera anonima riguarda solo Hasler, la seconda lettera anonima contiene nomi di persone ancora in carica (quindi, abbiamo oscurato i loro nomi e le loro funzioni, con l’eccezione di quelli del Presidente e del Segretario Generale del Governatorato S.C.V.).

Abbiamo letto attentamente, passando sotto la nostra lente, quanto ci dicono queste due lettere anonime.

Sono scritte dalle stessi mani, nascondendosi dietro l’anonimato, ma è evidente che queste mani non sono mani di operai. Le mani che hanno scritto queste due lettere anonime – che sono state dettate da una mente raffinatissima (e come ci ricordiamo dalle elementari, gli scolari un po’ tonti, fanno abbastanza errori) – sono mani che prendono la forma delle ali di corvi e come tali li tratteremo. I corvi offendono gli operai e si prendono gioco di loro, definendosi tali. Ma è evidente che i corvi non sono operai, perché hanno i colletti bianchi e non vestono tute da lavoro. Mentre gli operai sudano e lavorano onestamente, i corvi timbrano il cartellino comodamente alle ore 08.00 e non alle ore 06.00 come gli operai, quando fuori è ancora buio. I corvi timbrano e prima di salire in ufficio a fare finta di lavorare, perdono 20 minuti per andare al garage di Santa Rosa, per vedere se c’è la macchina di Eugenio Hasler e a contare quanti posti sono assegnati alla sua famiglia. I corvi non capiscono nemmeno la differenza tra l’essere dipendente e l’essere residente.

Hasler nella Città del Vaticano è il nome di una famiglia onesta, rispettabile e incorruttibile, che soffre in silenzio. Ma i corvi passano anche sopra l’onorabilità di una famiglia, che ha dedicato generazioni a difesa dei pontefici e della Santa Sede. I genitori entrambi di Eugenio Hasler hanno subito e vivono ancora un grosso dolore. Suo padre ha dato la vita per la Guardia Svizzera Pontificia e anche dopo la pensione ha continuato a fare servizio volontario nell’Archivio del Corpo. Lui credeva e crede tanto nel suo servizio e questo ha trasmesso a suo figlio.

I corvi si venderebbero la madre per una scrivania più bella, in un ufficio più grande. I corvi rappresentano la miseria umana nel suo volto più infame. I corvi sono quelli che ti offrono il caffè avvelenato con il sorriso e poi ti pugnalano alle spalle. I corvi sono quelli che ti danno il foglio stampato della processione con le preghiere, che non possono perdersi ai giardini vaticani come i farisei nel tempio. I corvi non devono nemmeno nominare gli operai e non devono nominare la famiglia Hasler. Perché i corvi non valgono un grammo del grasso che sporca le tute degli operai dello Stato della Città del Vaticano. Perché i corvi non valgono un grammo delle lacrime che la famiglia Hasler versa da più di tre anni nella Città del Vaticano.

Abbiamo deciso di pubblicare le lettere anonime per quattro motivi:

1. Per far capire che il Papa regnante, che spesso condanna il chiacchiericcio e la calunnia, contraddice si stesso, come spesso fa
Il Papa regnante che ossessivamente si scaglia contro il chiacchiericcio e la calunnia, contraddicendo se stesso, si è affidato proprio ad una lettera anonima basata sul nulla delle chiacchiere (“Il Cav. Hasler non tratta, ma maltratta tutto il personale dipendente. Siamo nelle mani di un giovane che sta facendo del proprio delirio di onnipotenza una ragione di vita”), per “cacciare” dal luogo di lavoro un essere umano, umiliandolo. Possiamo dirlo senza paura di essere smentiti, che tutto ciò non trova precedenti storici per dipendenti dello Stato della Città del Vaticano, in servizio attivo a livello dirigenziale. È un atto che difficilmente trova riscontro sin dall’11 febbraio 1929, dalla nascita dello Stato della Città del Vaticano. È stato un atto di crudeltà disumana, che non si addice ad un “pastore che vorrebbe puzzare come le pecore”. Ma appare chiaro, che la sua mano puzza più di polvere da sparo. La puzza di una pistola fumante nella mano di un sicario di “cosa nostra”, dedito all’atrocità umana perpetrata senza alcun preavviso, contro chi sicuramente stava dando molto fastidio ad un sistema corrotto e non sanabile, non riformabile, nemmeno da un uomo vestito di bianco. Ovviamente, sempre prendendo per buono che questo sistema corrotto, con le riforme da vetrina, lo voglia riformare veramente. Perché, quest’uomo vestito di bianco non ci ha pensato su due volte prima di cacciare un uomo al suo servizio, senza che avesse in mano prove certe, rispetto alle pesanti accuse mosse, senza un giusto provvedimento disciplinare con la formulazione di precisi rilievi e la possibilità di difesa. Invece, l’ha lanciato in pasto alle belve feroci dei media e con ciò consegnandolo da solo al pubblico ludibrio, senza un giusto processo, senza la possibilità di poter difendersi.
Solo pochi giorni fa, il 7 aprile 2020, quest’uomo vestito di bianco, durante la Santa Messa mattutina nella Cappella dello Spirito Santo della Domus Sanctae Marthae disse: “Io vorrei pregare oggi per tutte le persone che soffrono una sentenza ingiusta per l’accanimento”. Poche parole, ma altamente significative perché arrivano a poche ore dal proscioglimento del Cardinale George Pell dall’accusa di pedofilia deciso all’unanimità dai sette giudici dell’Alta Corte australiana. “In questi giorni di Quaresima abbiamo visto la persecuzione che ha subito Gesù e come i dottori della legge si sono accaniti contro di lui: è stato giudicato sotto accanimento, con accanimento, essendo innocente”. Parole, seppure non esplicitamente, rivolte verso un uomo fedele che voleva combattere la corruzione e i capitali nascosti nello Stato della Città Vaticana, nella Santa Sede e negli Enti collegati, che ha fatto ingiustamente 400 giorni di carcere. A noi piacciono i paragoni e vorremmo paragonare i giorni di Pell con i 1.100 e più giorni di Eugenio Hasler, che non sono di carcere ma vissuti in una abitazione, che per lui lo è inevitabilmente diventata. Per questo uomo, condannato senza nemmeno essere stato processato, nessuna parola, nessun rammarico sull’accanimento, nessuna omelia da smartworking. Sino ad oggi, silenzio, solo silenzio, proprio da chi è vestito di bianco e afferma che “le misure drastiche non sono sempre buone“.

2. Per far capire che ci sono due casi con la stessa regia
I responsabili della fabbrica di fango, di chiacchiericcio, di maldicenza e di calunnia, che hanno prodotto le due lettere anonime, sono gli stessi che hanno fatto uscire le due lettere “8 aprile” e “17 aprile” per colpire il Cardinale Bertello e il Vescovo Vérgez. Sotto la nostra lente viene evidenziato, che chi ha lavorato sporco alle spalle di Bertello e Vérgez nel 2017, parlando male di loro nelle lettere anonime, sta lavorando ancora in Governatorato e manovra ancora alle loro spalle nel 2020.
Stato della Città del Vaticano amministrato purtroppo da serpenti mascherati da colombe”.
Dopo gli ultimi sviluppi della situazione dell’Eminentissimo Cav. Hasler i due supremi vertici del Governatorato si sono ancor più arroccati nella posizione defensiva… (quella propria dei vermi). (…) Solo e unicamente loro è la responsabilità di ciò che è accaduto!!! Solamente il Paterno intervento del Santo Padre ha messo fine a cotanta oligarchia”.
Sul Cardinale Bertello: “Ha il coraggio di rinnegare ai quattro venti anche il fatto che è stato uno dei grandi elettori del Santo Padre. Ma come Giuda che tradì Gesù anche lui da buon Piemontese (…). Mai sentito tanto schifo uscire dalla bocca di un Porporato… se così si può ancora definire… un Principe di Santa Romana Chiesa. Il Presidente, non si sa di cosa, forse del Governatorato, o forse di quanti vanno lì a lamentarsi, con chiacchiere da bar”.
Sul Vescovo Vérgez: “Cosa si può pretendere di un Segretario Generale… che in questi 4 anni di governo è stato il ricettacolo delle chiacchiere più vile… che non fa altro che aver paura di prendere qualsiasi decisione che conta”.

3. Per far capire che il “caso Hasler” e il “caso 8 aprile e 17 aprile” sono strettamente collegati
Se nel 2020 c’è qualcuno all’interno del Governatorato che ancora fa il gioco sporco, di un fatto possiamo essere certi al 100 %, che la consegna della lettera “8 aprile” (mai diramata) e “17 aprile” (fatta uscire prima di essere diramata), esclude la responsabilità di chi è stato cacciato dalla Segreteria Generale nel 2017. Questo è un fatto inequivocabile ed è un elemento che rimette in gioco tutto il discorso, che ha portato alla cacciata nel 2017 di chi oltre ogni ragionevole dubbio dava molto fastidio ai corvi, perché incorruttibile.

4. Per far capire perché la vaticanista del Messaggero che porta pena non pubblica la lettera anonima, ma ne riporta solo alcune parti
La Giansoldati non ha pubblicata la lettera anonima e soltanto dei riferimenti, perché la stessa ha stretto un patto con i corvi, che sicuramente impongono la “non pubblicazione” per non essere bruciati. La mente raffinatissima che gestisce i corvi interni – che ancora oggi gli passano dei documenti riservati – in aprile 2017 non era del tutto soddisfatto. Vuole fare piazza pulita. La sua sete di sangue non è ancora appagata, non si accontenta che un uomo solo sia stato umiliato e “cacciato”. Il loro scopo è far “cacciare” anche altri, come il Cardinale Presidente, il Vescovo Segretario Generale e alcuni alti funzionari del Governatorato S.C.V. Ma si tratta di una mente raffinatissima e dei corvi esecutori, che hanno i giorni contati e che si troveranno con un chiodo in fronte (lui) e gli ali spezzati (loro).
Non c’è dubbio che le lettere anonime sono state dettate da una mente raffinatissima a dei corvi, che a volte peccano per sciatteria. Da nostre informazioni, innanzitutto possiamo escludere che siano stati tutti i dipendenti del Governatorato a firmare le lettere in modo anonimo, smentendo di fatto la frase “da tutti i dipendenti del Governatorato“, per il semplice fatto che se tutti sapessero di questa regia occulta, oggi avremmo i nomi.
Invece, i nomi dei pochi responsabili sono ben occultati nell’opacità della nebbia che avvolge ancora il palazzo di marzapane del Governatorato S.C.V.

Queste lettere anonime fanno capire soprattutto, che c’è una regia interna, che collabora con l’esterno e che passa le carte riservate ai messaggeri che portano pena della Giansoldati & Co Srl. Sono tutti bravi a scrivere falsità sulle spalle degli altri, sapendo che ogni parola devasta i cuori di madri, di padri e di esseri umani, suscita morbosa eccitazione tra loro letteri. Invece, in pochi restano coloro che cercano con coraggio la verità. Chi ha scritto la seconda lettera anonima, oltre ad essere contro Hasler, ha sotto tiro:
– il Cardinale Bertello, definito dai corvi “Piemontese (Falso e Cortese)” e il Vescovo Vérgez, sempre per loro esempio dell’inerzia, dell’incapacità di gestione e di valutazione;
AAAA, una delle tante donne serie e incorruttibili nella Città del Vaticano, che non cedono a compromessi: “La nuova Mega Direttrice, Suprema, Galattica, della Direzione dell’Ufficio XXXX che lei stessa paragona ad un ministero italiano ha perso una grande spalla… il Cavalier Hasler”;
BBBB, reo di non aver attribuito appalti agli “amici corrotti” dei corvi: “Non sono poi assolutamente chiari i rapporti che lo stesso Segretario Generale intrattiene con il personale della Direzione YYYY soprattutto con il grande Mega Galattico BBBB che… appalta lavori senza colpe ferire cacciando ditte dalle sera al mattino e imponendo solamente le sue scelte“.

La regia che ci cela dietro l’anonimato, è gente che sa bene chi va a lamentarsi col Cardinale Bertello in Presidenza, ma nella Presidenza non ha il coraggio di presentarsi. I corvi sanno chi va in Segreteria Generale per far assumere un figlio, ma loro dentro questi uffici non ci potevano arrivare nel 2017, perché Hasler aveva fatto diventare la Segretaria Generale un “bunker a prova di bomba con telecamere video citofono e porte sigillate” e forse neanche oggi possono entrarci, perché erano e restano i corvi del “vorrei ma non posso”. Quindi dalle lettere anonime si capisce, che questi corvi parlano per invidia e vogliono il male di chi con il sudore e l’onestà ottiene un risultato. I corvi del “vorrei ma non posso” parlano male di altri dipendenti (che quindi non possono firmare le lettere), parlano male dell’usciere della Segreteria Generale (probabilmente perché non si e mai venduto e quindi a loro da fastidio), ma lui (l’usciere) umile, serio e onesto lavoratore, lo conoscono tutti quelli che hanno necessità di parlare col Segretario Generale. Lui (l’usciere), sempre presente, quasi mai in malattia, a differenza dei corvi che quando piove decidono di non volare, alzano il telefono dicendo che hanno la febbre e di questi tempi sono anche tutelati dalle nuove regole.
Insieme all’usciere vengono citati altri e in particolare i “fedelissimi”, che quindi neanche loro firmano lettere anonime.
I corvi fino ad oggi non sono stati trovati mai, ma soprattutto non sono mai stati cercati. Nella speranza di una Sala Stampa della Santa Sede che annuncia l’avvio di una indagine interna, le inchieste che conducono alla verità continuiamo a farle noi, insieme ad altri pochi.

La differenza rispetto al passato è che oggi – Festa della Liberazione – è l’alba di un nuovo giorno, e tutto può accadere, anche di liberare la verità rapita, sequestrata e occultata dentro il palazzo di marzapane, dove i corvi nascosti hanno i voli contati.

Postscriptum

«VINCITORI E VINTI. C’è chi esce tra gli allori e chi è bollato a vita. Disparità di trattamenti perché c’è chi ha parenti potenti e chi proviene da una famiglia umile e NON influente?
Ebbene: sì. Risulta sempre più insopportabile un modus operandi che riapre ferite che stentano a rimarginarsi in chi ha subito un trattamento al di fuori di ogni norma legalmente riconosciuta nei Paesi democratici. Uno schiaffo alla sofferenza, a getto continuo, che non ha mai indignato qualcuno, anzi è stato eletto a modello di virtù da un certo punto di vista, influenzato da una campagna mediatica focalizzata sull’apparenza fuorviante e contornata da effetti speciali di una “novità”, esaltata fino a diventare un “mito”.
Umanamente: un aggravante della pena e una tentazione continua per quanti sforzi si facciano per restare saldi nella fede, che suggerisce di ricordare che persino Gesù Cristo fu indotto in tentazione e di permettere che nell’animo risuoni il canto del Magnificat, il canto degli umili e degli oppressi, dei piccoli e degli ultimi, cui – però – è stato promesso che “saranno i primi”. “Davanti a Dio – concorda Simone Weil – non c’è nulla di meglio che essere nulla, come l’aria davanti al sole, cioè trasparenza di luce!”.
È dura, molto dura. Si è persona, un essere in carne e ossa; e invece: si diventa un nulla per chi disprezza la dignità di una creatura; si diventa trasparenti per chi non vede però la luce che filtra attraverso una creatura annientata da ogni genere di sopraffazioni e prepotenze, una creatura sconosciuto – ha declassato la supponenza di chi si è sentito e ancora si sente un quasi dio, onnipotente e invincibile, e tuttora non mostra segni di un effettivo cedimento alla pretesa persino di disporre arbitrariamente della vita delle persone.
Nonostante tutto e tutti, resto convinta che:
“Questa è la vittoria che vince il mondo: la nostra fede” (1 Gv 5,4).
Una breve poesia di Martin Luther King recita:
“Se non puoi essere un pino sul monte sii una canna nella valle,
se non puoi essere albero sii un cespuglio,
ma sii la migliore canna sulla sponda del ruscello,
il migliore piccolo cespuglio nella valle.
Se non puoi essere autostrada sii un sentiero,
se non puoi essere il sole sii una piccola stella
ma sii sempre il meglio di ciò che puoi essere»”
(Maria Michela Petti – Facebook, 16 aprile 2020).

“Ho sperato: ho sperato nel Signore
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha tratto dalla fossa della morte,
dal fango della palude;
i miei piedi ha stabilito sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
lode al nostro Dio.
Molti vedranno e avranno timore
e confideranno nel Signore.
Beato l’uomo che spera nel Signore
e non si mette dalla parte dei superbi,
né si volge a chi segue la menzogna.
Quanti prodigi tu hai fatto, Signore Dio mio,
quali disegni in nostro favore:
nessuno a te si può paragonare.
Se li voglio annunziare e proclamare
sono troppi per essere contati.
Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto.
Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo.
Sul rotolo del libro di me è scritto,
che io faccia il tuo volere.
Mio Dio, questo io desidero,
la tua legge è nel profondo del mio cuore».
Ho annunziato la tua giustizia nella grande assemblea;
vedi, non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai.
Non ho nascosto la tua giustizia in fondo al cuore,
la tua fedeltà e la tua salvezza ho proclamato.
Non ho nascosto la tua grazia
e la tua fedeltà alla grande assemblea.
Non rifiutarmi, Signore, la tua misericordia,
la tua fedeltà e la tua grazia
mi proteggano sempre,
poiché mi circondano mali senza numero,
le mie colpe mi opprimono
e non posso più vedere.
Sono più dei capelli del mio capo,
il mio cuore viene meno.
Degnati, Signore, di liberarmi;
accorri, Signore, in mio aiuto.
Vergogna e confusione
per quanti cercano di togliermi la vita.
Retrocedano coperti d’infamia
quelli che godono della mia sventura.
Siano presi da tremore e da vergogna
quelli che mi scherniscono.
Esultino e gioiscano in te quanti ti cercano,
dicano sempre: «Il Signore è grande»
quelli che bramano la tua salvezza.
Io sono povero e infelice;
di me ha cura il Signore.
Tu, mio aiuto e mia liberazione,
mio Dio, non tardare”
(Salmo 39, 2-18).

Città del Vaticano, 25 aprile 2020 – San Marco Evangelista.
Macerata Campania, 25 aprile 2020 – Festa della Liberazione.

“Hänsel e Gretel” camminano ancora nella nebbia, ma camminano nella direzione giusta, sulle tracce dei traditori.

Aggiornamenti

“Giustizia per Eugenio Hasler, cacciato dal Papa senza motivo” di Marco Tosatti – Stilum Curiae, 17 aprile 2020 [Italiano, Inglese, Spagnolo] – 17 aprile 2020

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