Gli “invisibili”. Argomento da affrontare. Primo per la salute. Poi per le manodopera che raccoglie verdura e anche per le badanti

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Ma anche sugli “invisibili” il governo prende tempo
Il problema degli immigrati da regolarizzare lo ha squadernato l’ex ministro Marco Minniti: “Non è agli stranieri che facciamo un favore, ma all’Italia”. Il dossier è solo abbozzato, ma il tema è cruciale per programmare la Fase 2
di Luciana Matarese
Huffington Post, 19 aprile 2020

Non chiamatela “sanatoria”. Anzi, per ora non chiamatela proprio perché per arrivare a qualcosa di concreto bisognerà aspettare ancora. Si parla di regolarizzare i migranti e nel Governo si studia. Come sempre quando si tratta di migranti, materia ad alto impatto politico e ancora più elevato tasso di polemica tra le parti – leggi le bordate già lanciate da Salvini – la risposta si traduce in una decisione a metà. È avvenuto con la chiusura dei porti, sta avvenendo con la necessità di regolarizzare i migranti.
Una questione nevralgica per l’economia messa a dura prova dalla pandemia, un’emergenza vera e propria di recente sollevata all’attenzione pubblica da Marco Minniti. “Non è agli stranieri che facciamo un favore regolarizzandoli, ma all’Italia perché ne va della salute pubblica”, ha detto l’ex ministro dell’interno del Pd venerdì in un’intervista a Repubblica. Dal palazzo spiegano che l’esecutivo è al lavoro su una proposta di legge, ma ancora non ci sono certezze sui tempi di approdo in Consiglio dei ministri. “A breve”, è la risposta alla domanda, ma potrebbe passare più di una settimana. Nei prossimi giorni la priorità in agenda sarà ancora il Mes e intanto la morsa del coronavirus continua a stringere, i migranti irregolari diventano sempre più invisibili, risospinti nei ghetti in cui da Nord a Sud vivono, privi di tutele e, da quando è esplosa la pandemia, senza nemmeno la certezza di essere reclutati per un lavoro nero.
Dal Piemonte alla Calabria la frutta marcisce nei campi, i terreni abbandonati a causa del cortocircuito innescato dall’emergenza Covid-19 e un esercito di lavoratori fantasma che sfugge a statistiche, contributi pubblici, controlli sanitari. La ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, ha prorogato i permessi di soggiorno per lavoro stagionale in scadenza, ma il problema è più ampio, strutturale. Proprio Bellanova, giovedì, nell’aula del Senato aveva lanciato l’allarme sul lavoro agricolo messo in ginocchio dal coronavirus, avvertendo: “Sono 600mila, secondo le stime, gli irregolari stagionali nell’agricoltura che vengono spesso sfruttati e lavorano in Italia per quella criminalità che chiamiamo caporalato, che per me significa mafia. O è lo Stato a farsi carico della vita di queste persone o è la criminalità organizzata”. Che fa lo Stato per farsene carico? Ad oggi il Governo studia, l’attenzione concentrata sui lavoratori nei settori agricoltura, acquacoltura e pesca. “Non sarà una sanatoria, ma una regolarizzazione e di certo non riguarderà i 600.000 di cui ha parlato la Bellanova”, assicura una fonte ad HuffPost.
Una proposta di legge è stata elaborata, è all’attenzione dei ministeri interessati – Agricoltura, Interni, Economia, Giustizia e Lavoro. Riguarderà non i 600.000 cui ha fatto cenno la ministra, ma circa 200.000 migranti, atteso che, come ha fatto notare anche Bellanova, “le associazioni ci parlano di una carenza di manodopera stagionale tra le 270 e le 350mila unità”.
La parola d’ordine sarà “emersione” e “conditio sine qua non” per la regolarizzazione sarà il contratto di lavoro: l’iter si avvierà, infatti, a partire dalla richiesta, previa dichiarazione e presentazione della documentazione necessaria, inoltrata dal datore di lavoro.
Regolarizzazione, dunque – “non una novità visto che negli anni è stata fatta da governi di centrodestra e centrosinistra”, puntualizza la fonte ad HuffPost – e non “sanatoria”, tutti attenti nel Governo a non gettare benzina sul fuoco della propaganda salviniana, a non offrire al leader della Lega, già insorto per le parole della ministra Bellanova, nuove occasioni per battere sulla grancassa della sua “Bestia”. Quando e come si farà non è ancora del tutto definito, dipenderà anche dagli esiti del confronto tra i ministeri interessati. Improbabile, anche se al momento non ancora del tutto accantonata, l’ipotesi di ricorrere ai voucher, bocciata dal ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, da Cgil Cisl e Uil e, per quel che risulta ad HuffPost, non particolarmente apprezzata dalle parti del Viminale.
“Perplessità in materia” arrivano anche dalla Caritas Italiana. “Il settore agricolo prevede già una vasta contrattualistica che consente di regolamentare i rapporti lavorativi tipici del comparto – spiega Oliviero Forti, responsabile Politiche migratorie dell’organismo pastorale della Cei – per questo riteniamo possano essere sufficienti senza dover fare ricorso a forme di assunzione e di pagamento come i voucher, che non danno garanzie di tutela del lavoro”. La Caritas “non chiede una sanatoria, ma che siano regolarizzati lavoratori e lavoratrici in difficoltà, che vivono in condizioni di completo isolamento per le limitazioni negli spostamenti, la chiusura di tanti servizi, la crisi di molte attività lavorative”. Un esercito di invisibili che, inevitabilmente, si ingrosserà nei prossimi mesi, qualora non si intervenisse cogliendo quella che, “pure nella difficoltà dell’emergenza coronavirus”, Forti definisce “un’occasione unica per far emergere dal sommerso migliaia di lavoratori, riconoscendo loro il ruolo, le tutele e l’accesso ai diritti, attraverso azioni concrete e politiche adeguate. Si tratta di un’emergenza nazionale, da risolvere nell’interesse di tutti visto che ne va anche della salute pubblica”. Lo aveva detto Minniti. Il Governo intanto studia.

Anche nella pandemia e nella tragedia si cercano lavoratori nel settore agricolo. Sembra un paradosso, ma il virus crea nuovi posti di lavoro, con lo sportello online Job in country di Coldiretti.
Job in country. Lo sportello online
Coldiretti fa incontrare chi offre e chi domanda lavoro nei campi
di Livia Montagnoli
Gambero Rosso, 17 aprile 2020

Sulla base di una piattaforma già esistente, Coldiretti promuove lo sportello Job in country per mettere in comunicazione aziende in cerca di manodopera agricola e potenziali lavoratori. Dagli studenti universitari ai disoccupati, passando per cassaintegrati e pensionati. Obiettivo: salvare la filiera agricola.
In poche ore le candidature pervenute sulla piattaforma Job in country hanno raggiunto le 400 unità. Lo sportello online aperto da Coldiretti nasce con l’intenzione di mettere in contatto le aziende agricole in cerca di manodopera con persone disposte a lavorare nei campi, anche alla prima esperienza. Ed è attivo da due giorni appena (sulle fondamenta di una piattaforma Coldiretti Lavoro già inaugurata diversi anni fa), dopo una prima fase sperimentale avviata in Veneto che una decina di giorni fa aveva ottenuto ottimi riscontri, raccogliendo in una sola settimana circa 1500 proposte di italiani disposti a lavorare in campagna. L’intuizione su cui poggia le proprie speranze l’iniziativa, infatti, è semplice: mentre l’Italia agricola – come buona parte del resto d’Europa – annaspa per la mancanza di manodopera straniera dovuta alla chiusura delle frontiere per contrastare l’epidemia, sono molti gli italiani rimasti senza lavoro, cassaintegrati, o già disoccupati da tempo. Ma l’offerta di lavoro, in Veneto, ha raccolto anche l’interesse di studenti universitari e pensionati, desiderosi di dare una mano alle aziende in difficoltà per salvare i raccolti, e al contempo sfruttare l’opportunità per guadagnare qualcosa (questo è vero soprattutto per chi proviene da settori duramente colpiti dalla crisi: tante sono state le richieste di addetti al settore turistico). La chiamata su base regionale, dunque, ha contato principalmente risposte positive da parte di giovani fra i 20 e i 30 anni, che rappresentano il 60% delle candidature ricevute (mentre solo il 10% supera i 60 anni).
Serve manodopera agricola
Forte di questi risultati, lo sportello nazionale cerca di superare l’impasse del Governo davanti alla richiesta di semplificazione del voucher agricolo, individuato da più parti (Coldiretti in testa) come strumento indispensabile per remunerare questa forza lavoro estemporanea, permettendo fattivamente alle aziende di impiegare studenti, cassaintegrati e pensionati di cui sopra. Job in country, esemplato sul modello di analoghe iniziative varate da Francia (Bras pour ton assiette: Braccia per riempire il tuo piatto, con oltre 200mila risposte) e Gran Bretagna (pick for Britain), è dunque anche uno strumento per fare pressione su chi dovrà pronunciarsi per arginare l’allarme lanciato dal comparto agricolo: “Di fronte alle incertezze e ai pesanti ritardi che rischiano di compromettere le campagne di raccolta e le forniture alimentari della popolazione, siamo stati costretti ad assumere direttamente l’iniziativa – spiega il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – È necessario introdurre al più presto i voucher semplificati in agricoltura limitatamente a determinate categorie e al periodo dell’emergenza. La filiera che rischia di venire meno se non verranno assunti provvedimenti straordinari”.
Come funziona Job in country
Job in country, nel frattempo, lavora come banca dati di incontro tra imprese e lavoratori, al momento su base virtuale (con qualche difficoltà lamentata dagli utenti, e la necessità di capire come questo “incontro” potrà avere risvolti pratici e contrattuali), in attesa che i contatti si concretizzino in un impiego sul campo. Autorizzata dal Ministero del Lavoro, la piattaforma assicura trasparenza e legalità. L’attività è svolta direttamente nelle singole provincie attraverso le Società di servizi delle Federazioni provinciali ed interprovinciali della Coldiretti. Le aziende inseriscono la propria offerta di lavoro, indicando le caratteristiche professionali richieste, le mansioni da svolgere, luoghi e tempi, la retribuzione prevista; chi cerca lavoro, invece, può inserire il proprio curriculum, dichiarare la propria disponibilità e aggiornare costantemente il proprio profilo. Ma l’iniziativa non può supplire alla necessità di stringere accordi proficui con le Ambasciate dei Paesi dell’Est Europa, istanza già all’ordine del giorno sul tavolo del Mipaaf, che nelle ultime settimane lavora alla definizione di un “corridoio verde” che possa consentire l’arrivo dei lavoratori stagionali stranieri in Italia.
Le priorità del Mipaaf. Sicurezza, lavoro e legalità
L’ultimo responso del ministro Teresa Bellanova è arrivato proprio in concomitanza con l’apertura del portale, in occasione di un Question Time alla Camera dei Deputati: “Con le Ministre Catalfo e Lamorgese, sto lavorando per condividere un Piano di azione emergenziale per il lavoro agricolo che preveda: l’attuazione delle misure del Piano triennale di prevenzione e contrasto al caporalato con un’urgente mappatura dei fabbisogni di lavoro agricolo e l’utilizzo delle progettualità già finanziate dai ministeri del lavoro e degli interni per affrontare l’emergenza; l’accelerazione della piattaforma utile all’incontro domanda e offerta presente nel piano di prevenzione del caporalato, da attivare anche in forma emergenziale; lo sblocco del “Dpcm flussi 2020”, il cui testo, già pronto e condiviso tra le amministrazioni, può garantire la conversione dei contratti stagionali già in essere e l’utilizzo delle 18 mila quote di ingressi stagionali riservate ad agricoltura e turismo”. Così il Ministro riporta l’attenzione sulla necessità di regolarizzare i lavoratori stranieri già presenti in Italia, dal momento che “l’attuale situazione emergenziale sta amplificando le disperate condizioni di migliaia di soggetti in condizioni di fragilità, oggetto spesso di sfruttamento sul lavoro” (ne abbiamo parlato qui). Il contributo della manodopera straniera (regolare e non) è fondamentale per il settore agricolo: “Sono oltre 346mila gli stranieri provenienti da ben 155 Paesi diversi, che con oltre 30 milioni di giornate lavorative rappresentano il 26,2% del totale del lavoro necessario nelle campagne italiane”.

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