Maria Pia Garavaglia ricorda il contributo dei cattolici nella Resistenza

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Quest’anno, a causa dell’emergenza sanitaria che impedisce i contatti diretti tra le persone, i festeggiamenti del 25 aprile saranno  online: una lunga maratona (realizzata dalla città di Torino insieme al Polo del ‘900, al Museo Diffuso della Resistenza, alle Biblioteche Civiche Torinesi, al Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio Regionale; in collaborazione tecnica con il Centro di Produzione della RAI di Torino e il Consorzio TOP-IX; media partner La Stampa) anima la giornata che da sempre rappresenta un importante momento istituzionale di memoria e di festa.

E sempre nello stesso giorno alle ore 18.00 le associazioni ‘Rosa Bianca’, l’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani, le Acli Bresciane, la Cooperativa cattolico-democratica di Cultura, le Fiamme Verdi, la Federazione Italiana Volontari della Libertà, le Acli Milanesi organizzano una video-conferenza sul tema ‘Ribelli per Amore – Una scelta di resistenza e di libertà’, a cui interverranno Luisa Ghidini Comot, associazione nazionale Partigiani Cristiani; Anselmo Palini, autore del libro ‘Teresio Olivelli. Ribelle per amore’; il giornalista Angelo Onger, che ricorderà la figura di Cesare Trebeschi e l’Oratorio della Pace di Brescia come luogo dei ‘ribelli per amore’, introdotti da Fabio Caneri, presidente dell’associazione ‘Rosa Bianca’. Per collegarsi da computer, tablet o smartphone: https://www.gotomeet.me/RBmeet2020 o tramite telefono dall’Italia +39 0 230 57 81 80 con codice di accesso: 735-185-261.

Infatti alcuni anni il prof. Giorgio Campanini, docente emerito di Storia delle Dottrine politiche presso l’Università di Parma, aveva sottolineato il contributo dei cattolici nella ‘Resistenza passiva’ per la costruzione della democrazia in Italia: “Fu l’opposizione silenziosa di vescovi e parroci che rifiutarono ogni compromissione e si chiusero in un eloquente silenzio. Fu il sostegno dato da monasteri, conventi e parrocchie ai partigiani e l’ospitalità accordata, spesso a rischio della vita, ad ebrei a prigionieri di guerra fuggiti dai campi di concentramento, a persone ricercate dagli occupanti.

Fu la resistenza passiva di chi, come Giuseppe Lazzati, rifiutava le lusinghe degli occupanti e preferiva la via dei campi di concentramento, ove gran parte dei militari antifascisti avrebbe concluso la propria breve esistenza. Fu il sostegno dato da preti come don Mazzolari a quanti avevano compiuto la scelta dell’azione armata.

Fu, infine, il passaggio alla resistenza armata sull’Appennino, ora nella forma dell’attiva partecipazione ai combattimenti, ora (come fu per Giuseppe Dossetti, comandante partigiano nel Reggiano) nella funzione di animatore e di ispiratore ideale della Resistenza e di costruttore della democrazia post-bellica attraverso una prolungata e paziente opera di formazione politica”.

Per comprendere meglio il contributo ‘resitenziale’ dei cattolici ho intervistato Maria Pia Garavaglia, presidente nazionale dell’Associazione Partigiani Cristiani, che ha lo scopo di valorizzare la memoria storica della Resistenza, quella cristiana in particolare, al fine di trasmettere alle nuove generazioni il significato di libertà e di democrazia: in quale modo in questo particolare periodo occorre ricordare la festa della Liberazione?

 “L’Italia sta affrontando come altri Paesi una inimmaginabile, impensabile tragedia umanitaria. Un virus, nemico invisibile e che non sarà sconfitto se non dopo che sarà trovato il vaccino, ha suscitato immagini legate alla guerra, alla distruzione di legami e della economia.

Molte reazioni esigono un impegno comunitario ed è questa esperienza che sta risvegliando una appartenenza che dovremmo mantenere vigile e attiva anche in futuro. Il 25 aprile del 1945 riconduceva a unità una nazione che era stata divisa, proprio a partire dai valori. L’esempio di allora, come ora, è un lascito che fonda la nostra democrazia”.

Dopo 75 anni cosa significa festeggiare la Liberazione?

“I 75 anni che abbiamo alle spalle sono stati segnati dalla pace e dallo sviluppo. C’è da festeggiare in omaggio e gratitudine per chi ce li ha preparati e per ricordarlo agli smemorati e ai negazionismi’. Senza la Resistenza come sarebbe stata collocata la storia dell’Italia e dell’Europa?”

Quale fu l’apporto dei cattolici nella Resistenza?

“Come è noto, anche se spesso si cerca di sminuire l’apporto dei cattolici nella Resistenza, questa ha avuto due anime, quella rossa e quella cattolica sono state complementari. La componente cattolica non era affatto minoritaria, anche se nella opinione pubblica la Resistenza è più  attribuita alla componente comunista.

Sacerdoti, religiose e religiosi  hanno scritto il loro nome in atti eroici. Il manifesto del loro impegno è contenuto nella ‘Preghiera del Ribelle’ del  beato Teresio Olivelli. I fondatoti della ANPC, Enrico Mattei e Giovanni Marcora erano cattolici impegnati. E ricordo, per la Resistenza delle donne cattoliche, un nome caro a tutti, la staffetta Tina Anselmi”.

Riprendendo un libro di Giovanni Bianchi, ‘Resistenza senza fucile’, come fu possibile combattere senza odio e per il popolo?

“Dovrebbe essere un libro di testo. Morire per la patria è dare la vita per gli amici, dice il Vangelo che non c’è amore più grande. Se questo è il movente non ci di batte perché si odia ma perché si vuole portare la libertà personale  e comunitaria al nostro prossimo, ai nostri concittadini, alla comunità. La pace è il contrario della violenza e nella storia dei Partigiani Cristiani non si sono registrate le vendette che purtroppo ormai libri di storia hanno certificato aver ‘sporcato’ una vicenda gloriosa per la Patria”.

Come raccontare ai giovani il periodo resistenziale?

“Da insegnante vivo il cruccio di constatare come la storia non è materia ne’ insegnata ne’ compresa, se non come “ maestra di vita” almeno come fondamento di ciò che siamo e di come vivremo il futuro. I giovani, non per colpa loro, non conoscono quello che non conoscono! Tocca a tutti noi, ma anche alla scuola, aprire gli occhi dei giovani sulle vicende di un passato tanto recente quanto sconosciuto. Per apprezzare valori, sogni e sentire la responsabilità dell’impegno ai giovani servono testimonianze. La franchezza nel racconto, la coerenza dell’agire. San Paolo VI diceva che ai giovani servono più testimoni che maestri”.

(Tratto da Aci Stampa)

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