La riflessione per Lunedì dell’Angelo o in albis. Iniezione di fiducia amministrata da un Pastore di Anime, che oggi sono triste

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Un’eco da ciò che il Vangelo tace
di Beniamino Depalma [*]
Lunedì dell’Angelo o in albis, 13 aprile 2020

La gioia, come l’amore, non sopporta l’imperativo. “Ama” detto a chi è ferito, “sii felice” suggerito a chi è spezzato, “impara” ordinato a un ragazzino che sogna una partita, non funzionano quasi mai. Queste, e altre forme verbali simili, non dovrebbero nemmeno esistere. Eppure, oggi sentiamo da ogni parte un invito forte alla gioia, così forte e così tenace e così corale che suona quasi come un imperativo: perché è Pasqua, a quanto pare. Lo capisco: abbiamo tutti bisogno di dirci che è Pasqua, abbiamo tutti bisogno di sapere che “andrà tutto bene”, abbiamo tutti bisogno di tornare a essere felici.
Ma sarò onesto: io oggi fatico a far festa, a lasciar entrare la luce del Risorto dentro le fitte ombre che si sono addensate in questi giorni. Oggi, per me, è ancora Sabato Santo, e la mia attesa non si è conclusa.
Oggi mi sento un po’ come Tommaso, che era fuori quando Gesù entrò a porte chiuse nella stanza dove si trovavano tutti gli altri. Mentre i suoi compagni facevano festa, lui era da un’altra parte. Dove? Il Vangelo non lo dice…
E mi sento anche un po’ incredulo, e un po’ ateo, e un po’ traditore, e un po’ pietra, e un po’ nuvola. E mi sento anche un po’ solo. Ma vedi? La speranza sta proprio in questo: ché Pasqua non è solo oggi, e se me la perdo, non succede nulla, perché Cristo tornerà ancora fra otto giorni. E poi ancora fra otto. E poi sarà troppo poco, e allora tornerà ogni giorno, alla stessa ora. Ma anche così sarà ancora troppo poco, e allora tornerà sempre, e se ne starà sull’uscio di casa tua e non andrà più via, finché tu non ti sarai alzato, non avrai messo il vestito della festa e non sarai andato ad aprirgli la #porta. Perché lui è paziente ed è anche fedele.
Pasqua non è solo un punto, un istante, un battito di ciglia. Pasqua non è solo oggi, non è solo il tempo della pandemia. Pasqua è speranza, e la speranza – lo sai – trasfigura il tempo e lo trasforma in opportunità e lo riveste d’eternità; dilata i punti e li rende segmenti e rette; spalanca le ciglia e ne fa sguardi silenziosi e intensi. Se oggi sei triste, dunque, non rattristarti per la tua tristezza. Se oggi senti di stare altrove mentre tutti augurano “Buone feste” in mondo visione, non sentirti in colpa se non sei capace di provare le stesse cose. Abbraccia piuttosto la tua tristezza, abbine cura, continua il tuo vagare, con Tommaso, in quell’ignoto che il Vangelo non dice, coltiva le tue domande e non averne paura. Pasqua non finisce qui. Ché ciò che conta non è la tua gioia a tempo, non è il canto alla finestra per convincerti di essere ancora vivo, ma la sua fedeltà che dura dentro la morte che vivi, fedeltà che ti cerca, ancora e ancora, in quelle steppe che il Vangelo tace e dove tu ti senti ancora perduto.

[*] S.E.R. Mons. Beniamino Depalma (Giovinazzo, 15 maggio 1941) è Arcivescovo-Vescovo emerito di Nola, Gran Priore dell’Ordine militare del Santissimo Salvatore di Santa Brigida di Svezia, Gran Priore per l’Italia meridionale tirrenica e Grand’ufficiale dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e Cappellano capo del Gran priorato di Napoli e Sicilia del Sovrano Militare Ordine di Malta.
Ho avuto la grazia di averlo conosciuto, anche se solo recentemente, il 23 febbraio 2020 ad Ottaviano (Una domenica napoletana tra Uttajano e il Vomero).

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