Papa Francesco prega per chi soffre per una sentenza ingiusta

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Nella messa odierno a Santa Marta, papa Francesco ha ricordato la persecuzione che ha subito Gesù e pregato per le persone che soffrono l’accanimento con sentenze ingiuste, con un pensiero all’assoluzione del card. George Pell:

“In questi giorni di Quaresima abbiamo visto la persecuzione che ha subito Gesù e come i dottori della Legge si sono accaniti contro di lui: è stato giudicato sotto accanimento, con accanimento, essendo innocente. Io vorrei pregare oggi per tutte le persone che soffrono una sentenza ingiusta per l’accanimento”.

Nell’omelia ha commentato le letture tratte dal Libro del profeta Isaia e dal vangelo di Giovanni, che parla del tradimento di Giuda e del rinnegamento di Pietro, chiedendo la grazia di perseverare nel servizio, nonostante le ‘cadute’:

“La profezia di Isaia che abbiamo ascoltato è una profezia sul Messia, sul Redentore, ma anche una profezia sul popolo di Israele, sul popolo di Dio: possiamo dire che può essere una profezia su ognuno di noi. In sostanza, la profezia sottolinea che il Signore ha eletto il suo servo dal seno materno: per due volte lo dice”.

Per il papa la nostra ‘elezione’ a figli di Dio non è casuale, ma ha un destino libero di scelta: “Il popolo di Dio è stato eletto prima della nascita, anche ognuno di noi. Nessuno di noi è caduto nel mondo per casualità, per caso. Ognuno ha un destino, ha un destino libero, il destino dell’elezione di Dio. Io nasco con il destino di essere figlio di Dio, di essere servo di Dio, con il compito di servire, di costruire, di edificare. E questo, dal seno materno”.

L’elezione a figli di Dio si ‘gioca’ nel servizio: “Il Servo di Yahvé, Gesù, servì fino alla morte: sembrava una sconfitta, ma era il modo di servire. E questo sottolinea il modo di servire che noi dobbiamo prendere nella nostra vita. Servire è darsi, darsi agli altri. Servire è non pretendere per ognuno di noi qualche beneficio che non sia il servire. E’ la gloria, servire; e la gloria di Cristo è servire fino ad annientare sé stesso, fino alla morte, morte di Croce. Gesù è il servo di Israele”.

Quando ci si allontana da questa traiettoria il popolo diventa ‘apostata’, cioè idolatrico: “Il popolo di Dio è servo, e quando il popolo di Dio si allontana da questo atteggiamento di servire è un popolo apostata: si allontana dalla vocazione che Dio gli ha dato. E quando ognuno di noi si allontana da questa vocazione di servire, si allontana dall’amore di Dio. Ed edifica la sua vita su altri amori, tante volte idolatrici”.

Quindi è importante chiedere perdono quando si pecca:  “Il Signore ci ha eletti dal seno materno. Ci sono, nella vita, cadute: ognuno di noi è peccatore e può cadere ed è caduto. Soltanto la Madonna e Gesù: tutti gli altri siamo caduti, siamo peccatori.

Ma quello che importa è l’atteggiamento davanti al Dio che mi ha eletto, che mi ha unto come servo; è l’atteggiamento di un peccatore che è capace di chiedere perdono, come Pietro… Questa è la strada del servo: quando scivola, quando cade, chiedere perdono”.

Non riconoscere il peccato significa sprofondare nell’idolatria, come è successo a Giuda con l’invito a pensare a Gesù: “Pensiamo oggi a Gesù, il servo, fedele nel servizio. La sua vocazione è servire, fino alla morte e morte di Croce.

Pensiamo a ognuno di noi, parte del popolo di Dio: siamo servi, la nostra vocazione è per servire, non per approfittare del nostro posto nella Chiesa. Servire. Sempre in servizio. Chiediamo la grazia di perseverare nel servizio. A volte con scivolate, cadute, ma la grazia almeno di piangere come ha pianto Pietro”.

Come sempre il papa ha terminato la celebrazione con l’adorazione e la benedizione eucaristica: “Gesù mio, credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io ti abbraccio e tutto mi unisco a Te. Non permettere che mi abbia mai a separare da Te”.

Ed intanto stamattina l’Alta corte australiana ha prosciolto il card. George Pell, che stava scontando una condanna a 6 anni per abuso su minori, ribaltando la sentenza della Corte d’Appello emessa nell’agosto dell’anno scorso che confermava la decisione del Tribunale di Melbourne del dicembre 2018.

L’arcivescovo emerito di Sydney e già prefetto della Segreteria per l’Economia della Santa Sede, che si è sempre dichiarato innocente, stamattina ha lasciato il carcere di Barwon per recarsi in un istituto religioso a Melbourne.

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