Mons. Battaglia: nelle epidemie Dio resta con l’uomo

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“Carissimi fratelli e sorelle, non mi è facile quest’anno scrivere la presente lettera ‘pastorale’ sulla Pasqua. Non è facile per nessuno intervenire con parole adeguate nella situazione particolarmente difficile che stiamo vivendo e che genera tanta incertezza sul presente e sul futuro. Una situazione che non riguarda solo una regione o una nazione, ma il mondo intero. La pandemia ha cambiato tante cose, ha preso tutti alla sprovvista, ci ha privati da un giorno all’altro di troppe cose che davamo per scontate e non avremmo mai pensato che potessero essere messe in discussione”.

Inizia in questo modo la lettera pastorale di mons. Mimmo Battaglia, vescovo di Cerreto Sannita – Telese – Sant’Agata de’ Goti, diocesi dell’entroterra sannita, per la Pasqua nell’emergenza Covid-19, che “ha messo a nudo la fragilità di questo nostro mondo, l’inconsistenza di ciò in cui pensavamo di aver trovato la chiave risolutiva di tutti i nostri problemi, la gracilità di quell’economia, che sia a livello locale, sia a livello globale, è stata ritenuta l’unica meta ed è stata vista e osannata come l’unica via, che al di fuori di ogni regola, porta l’umanità verso la felicità sulla terra”.

In tale situazione è difficile anche per un vescovo trovare parole adatte “in una situazione siffatta, che sta provocando morti, sofferenze, ulteriore povertà tra quanti erano già poveri. E’ una situazione che tuttavia sta dimostrando anche che non c’è altro cammino di sopravvivenza per tutti, se non quello di restare umani, di crescere in umanità, di riagganciare politica, economia e finanza a quella umanità senza della quale il mondo diventa già su questa terra un inferno.

Gli esempi di umanità che la situazione sta paradossalmente facendo emergere, tra medici, infermieri e persone che a vario titolo spendono la loro vita per gli ammalati e per gli altri, sono una conferma della validità di questa strada, come l’unica percorribile, l’unica che può assicurare il futuro di tutti”.

Però in questa situazione straordinaria si possono trovare parole ‘straordinarie’ dalla Bibbia: “Possono venire solo dalla Parola di Dio. Pertanto ricorriamo ad essa, perché almeno ci orienti e ci indichi un possibile cammino da percorrere comunitariamente, ecclesialmente. Mettendoci in profondo sentimento di ascolto e cercando di cogliere ciò che la Parola di Dio può dirci in un tempo come il nostro, sono tre le icone che affiorano alla mia mente ed indicano degli incontri (ciò di cui maggiormente oggi avvertiamo il bisogno): i tre giovani deportati nella fornace ardente; Simeone e Gesù con Maria e Giuseppe nel tempio di Gerusalemme; Pietro Paolo che raggiungono il Signore morendo a Roma”.

E dalla Bibbia vengono esempi come quello raccontato nel libro di Daniele dei tre fratelli, che rendono attuale la Parola di Dio: “La perenne attualità della Parola di Dio ci induce a pensare che anche noi siamo oggi in una situazione di esilio. Paradossalmente siamo in esilio a casa nostra. Non possiamo abbracciare i nostri cari, non possiamo frequentare i nostri luoghi di culto, non possiamo celebrare le liturgie della Settimana Santa, alle quali tanto teniamo. A tutto ciò ci ha portato non un re, ma il suo idolo: un idolo d’oro”.

La ‘statua d’oro’ elimina i deboli: “Tutti ora in esilio a casa propria, anche i manager e i detentori delle grandi finanziarie internazionali, quelle che non hanno mai pagato un centesimo di tassa, vedono oggi morire migliaia di uomini e pur tremando per il futuro dei propri profitti, non vogliono allargare i cordoni della borsa. Non lo sanno fare: hanno finora vissuto solo per se stessi e per il loro denaro.

La statua d’oro è preziosa ma dura e insensibile come il loro cuore. Dal fuoco i tre giovani esiliati, dal fuoco della malattia, del contagio e della povertà milioni ormai di esseri umani gridano a Dio e noi con loro, noi vescovi e presbiteri, con l’intero popolo cristiano: ‘Signore soccorrici, vieni in nostro aiuto! Non sei tu l’unico Signore che riconosciamo e adoriamo?’… Più forte fu il fuoco della fede di quello della fornace, più forte deve essere la nostra fede. Più forte dell’egoismo che tanto ha distrutto, portandoci sull’orlo dell’abisso”.

La seconda icona biblica è la scena di Gesù nelle braccia di Simeone di fronte a Maria e Giuseppe, con Simeone che annuncia alla santa coppia quale sia la missione di sangue e verità di Gesù, che richiama lo ‘smascheramento’ di questi giorni: “Gesù è stato effettivamente colui che ha fatto cadere la maschera degli uomini del suo tempo ed è tuttora capace di farlo anche per il nostro tempo.

Smascherò il fariseismo come osservanza esteriore e pura formalità perché privo di misericordia; smascherò il dominio dei regnanti come esercizio di un potere sanguinario, di cui anche lui fu vittima, perché orientato non al servizio ma allo sfarzo auto celebrativo; fece cadere persino la maschera di chi gli stava vicino come Pietro e i discepoli, quando questi dichiaravano il loro amore solo a parole.

La crisi globale dovuta al Covid-19 ha fatto cadere tante maschere. Sta mostrando la vera faccia degli uomini, a qualsiasi livello: la generosità e il senso di responsabilità di persone come medici e infermieri, capaci anche di rischiare la loro vita per soccorrere e curare i malati, la disponibilità di altri a mettere in discussione tutto e l’indisponibilità di altri, il loro attaccamento non tanto alla poltrona, ma a un mondo che in un solo mese è radicalmente cambiato e ci dice ogni giorno di più quello che qualcuno aveva già detto nell’altro secolo: che non basta proclamare né difendere la libertà per sé e per gli altri, ma occorre sentire tutta la responsabilità verso l’altro, quando la sua vita è in pericolo ed io posso e debbo soccorrerlo”.

La terza icona è la morte a Roma di Pietro e Paolo, attesa da entrambi per poter partecipare alla Resurrezione di Gesù: “E tuttavia soprattutto adesso è tempo di credere ancora più profondamente nella forza trainante della Risurrezione di Gesù. Così come egli è morto a nostro favore, per noi tutti, è ugualmente risorto non solo per sé, ma per noi.

Siamo figli della risurrezione dal giorno del battesimo, quel battesimo che, seconda un’antica interpretazione dei Padri della Chiesa, era scaturito dal cuore di Cristo, quando egli aveva donato a noi il suo Spirito nel momento in cui dal suo cuore squarciato fuoruscivano sangue ed acqua, i due sacramenti fondamentali che ci associano a lui ogni istante, in vita e in morte. Oltre la morte”.

Queste tre icone descritte nella lettera sono racchiuse dall’amore della Madre di Dio sotto la croce: “Tu, diventata la Madre di tutti noi, dopo quei giorni oscuri e dolorosi, hai potuto gioire con Giovanni e con tutti i discepoli della presenza del figlio tuo, che, risorto, si è presentato ripetutamente a quanti lo avevano seguito durante la sua vita, anche a quelli che nell’ora suprema si erano dileguati.

Lo stesso Risorto, per la tua intercessione, madre sua e Madre nostra che mai ci abbandoni, guarisca l’umanità da quest’immane flagello che sta colpendo tutti. E se dobbiamo vivere la Pasqua liturgicamente insieme solo attraverso i mezzi audiovisivi, ci conceda di poterci riabbracciare presto nella gioia della festa, nelle nostre chiese e nelle nostre piazze, nelle nostre case e sulle nostre strade.

Forti della lezione che nessuno può vivere e può morire da solo, renda la nostra vita trasparenza del tuo amore e della tua solidarietà. Maria, madre di Gesù e Madre nostra, soccorrici con la tua sensibilità di Madre, Gesù ascolti le tue preghiere e faccia cessare la pandemia e tutto ciò che minaccia la nostra vita e quella delle altre creature sulla terra”.

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