Abbassiamo i toni, smorziamo i flashmob dai balconi, che non c’è nulla da cantare, che non c’è nulla da ballare

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In Italia nelle ultime 24 ore ci sono stati 4668 nuovi casi di coronavirus: un numero inferiore rispetto a quello di ieri (4782) che fa calare il tasso di crescita al 4,22%, rispetto al 4,5% di mercoledì. La curva dei contagi torna quindi ad appiattirsi, proseguendo su quel trend stabile in atto da qualche giorno che gli esperti hanno definito plateau e che dovrebbero precedere la discesa. Il numero complessivo dei contagiati – comprese le vittime e i guariti – è di 115.242.

Il dato UFFICIALE (quindi usare pinze grossime) è stato fornito dal Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Angelo Borrelli, nella ormai consueta conferenza stampa. Salgono però a 13.915 i morti dopo aver contratto il coronavirus: rispetto a ieri ci sono state ancora 760 nuove vittime. Purtroppo un dato in aumento: mercoledì l’incremento era stato di 727. Cosa dicono oggi i numeri: i numeri del 2 aprile, a livello nazionale disegnano una curva epidemica in rallentamento per quanto riguarda l’incremento dei casi totali giorno su giorno: oggi +4,2% contro il +4,5% del 1° aprile.

Devi avere una faccia di bronzo per produrre una prosa così: RALLENTAMENTO DELL’INCREMENTO, CALARE, APPIATTIRSI, PLATEAU CHE DOVREBBE PRECEDERE LA DISCESA, ORMAI CONSUETA… però, piccolo “inconveniente”, salgono i morti. Insomma, sono dei guastafeste (chiunque sopraggiunge inopportuno fra persone riunite in pace e in allegria) dei flashmob sui balconi, questi morti che fanno incrementare il plateau e che ci impediscono a ballare e fare del jogging.

Tra palazzo Chigi che annulla una circolare del Viminale e il Sindaco di Messina che chiede le dimissioni del Ministro degli interni, c’è un Capo del Dipartimento della Protezione Civile che ogni giorno con una faccia di bronzo, presenta tesi di laurea da matematica induttiva, sapendo bene che certi dati , e ricordiamo sempre che i dati, i numeri sono essi persone, che vanno sempre trattate con tatto e rispetto, vanno moltiplicati PER DIECI (x10).

Tra una contraddizione istituzionale e l’altra, tra l’interpretazione dell’interpretazione dell’ennesimo caotico decreto (pieno di obblighi e promesse, ma dove sono i fatti?), questo è il motivo per il quale non crediamo siano veritieri tali numeri, perché a questo punto pensiamo, che stanno dando davvero i numeri. Tutto questo verrà confermato, quando questa follia terminerà e anche i numeri potranno trovare pace nella verità. Questa verità che ci dirà quante persone hanno sofferto e perso la vita a causa del Covid-19. Ma per questo dovremmo attendere mesi e forse anni.

Trend in calo… trend in calo? +760 decessi da ieri… il picco, il plateau (chi ha inventato questa stronzata si merita un video caustico di Vincenzo De Luca) è stato raggiunto? Dubbi, dubbi, fortissimamente dubbi suscitano in noi questi termini. Ridicoli, perché l’Italia chiusa in casa soffre e quella a zonzo se ne sbatte. E sì, perché c’è ancora tanta gente a zonzo, addirittura i positivi per le strade, perché a casa non ci sanno stare. Ma nessun matematico induttivo fa la media più importante, quella più raccapricciante, la media giornaliera dei decessi e andrebbe detta ogni giorno, ogni santo giorno. Dal primo decesso del 22 febbraio 2020 ad oggi, la media giornaliera dei decessi si aggira intorno a questo numero: 350 persone decedute ogni giorno, con la quota dei 14.000 quasi raggiunta oggi e dei 15.000 morti totali ormai prossima. E abbiamo già superato quota 115.000 di contagiati, in 5 settimane: sono una media di 23.000 alla settimana.

Notizie così sono un bollettino di guerra. E in guerra si sta al riparo dalle bombe, si sta al coperto e chi ha paura e non esce, non pensa allo jogging, alla pipì del cane o a come far finta di fare la spesa per andare in chiesa la prossima domenica delle palme.

Trecentocinquanta (350) morti al giorno ci dovrebbero far sentire male e dovrebbero farci fermare? No, macché. Ogni scusa è buona per uscire, ma fino a che non si tratta di mio nonno, di mia madre, di mio figlio, di mio zio, di me stesso, non è un problema mio e quindi me ne sbatto. Perché c’è da organizzare Pasquetta. C’è da pensare al Ferragosto. C’è da pensare se i stabilimenti balneari quest’anno apriranno o meno.

Abbassiamo i toni, smorziamo i flashmob dai balconi, che non c’è nulla da cantare, che non c’è nulla da ballare. Perché il virus è tra noi, ha preso cittadinanza e residenza. E d’ora in poi nulla sarà più come prima, fino alla scoperta del vaccino anti-Sars-CoV-2, che arriverà tra più di un anno. Quindi con le bandiere a mezz’asta non si fanno i pesci d’aprile.

E lo dico a certi giornalisti (che non si meritano neanche questo appellativo) ,che ieri hanno lavorato per non far lavorare gli altri. Perché non sono abbastanza le fake news, no ci dobbiamo mettere anche il pesce di aprile come condimento a 14.000 italiani morti.

A volte penso davvero che ci meritiamo l’estinzione.

Tutti vivono nella paura di un futuro che, dal punto di vista umano, non dà delle certezze

Il Cardinale Gualtieri Bassetti a InBlu Radio: “Non illudiamoci di ricominciare come prima. È una grande illusione che può solo farci male. Ma dobbiamo aprire il cuore alla speranza. E la solidarietà sostiene tutti, credenti e non credenti”. Lo ha detto il Presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Gualtiero Bassetti, in un’intervista a InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della CEI, commentando questo momento d’emergenza causato dal coronavirus.

“Con tanta buona volontà, solidarietà e spirito di condivisione – ha proseguito il Card. Bassetti – dovremmo capire che ormai da soli si va poco lontano. Dovremmo riflettere anche sulla nostra fragilità. Se la nostra vita è così fragile perché non fare di tutto per essere solidali? Ricordo che dopo la Seconda guerra mondiale se siamo riusciti a sopravvivere è solo grazie al fatto che quel pochino che avevamo veniva moltiplicato. Io davo un pochino di pane alla vicina, lei mi dava un pochino di latte per far crescere i bambini. Ci siamo accorti che dividendo quello che avevamo si moltiplicava. La logica del Vangelo è proprio questa: più condividi e più moltiplichi”.

“Io sto bene – ha sottolineato il Card. Bassetti a InBlu Radio – ma ho tante preoccupazioni per la mia diocesi e per tutte le diocesi d’Italia con qualche vescovo ammalato. Ho mandato un messaggio anche al Vicario del Santo Padre. La Chiesa di Dio cammina tra le prove del mondo e le consolazione dello Spirito. Stiamo vivendo una grande prova. È stata tutta una grande sorpresa. Quando è iniziato tutto nessuno poteva prevedere che la situazione andasse a picco in maniera così forte. Eravamo abituati a tante epidemie del passato magari più leggere. Questa è una realtà che abbraccia tutto il mondo. Tutti vivono nella paura di un futuro che, dal punto di vista umano, non dà delle certezze”.

“L’unica speranza – ha ribadito il Card. Bassetti – ci viene dalla capacità che c’è nella gente e la forza di affrontare la difficoltà e la solitudine, nonostante l’inquietudine e la paura per il futuro. Ci sarà sicuramente anche il dopo virus. Quando i campi venivano incendiati dalle guerre non producevano più per tanto tempo e così succederà per l’economia che è in fortissima crisi. Se non si lavora poi non è facile riprendere il lavoro perché è una macchina complessa da rimettere in moto”.

“Stando chiuso in casa – ha concluso il Card. Bassetti a InBlu Radio – ho sentito molte persone per telefono. E posso dire che la grande preghiera del Papa ha rigenerato la speranza per tutti, non solo per i credenti. Piazza San Pietro in cui c’era solo la bianca figura del Santo Padre bagnata dalla pioggia ha parlato al cuore del mondo intero. E quello spazio vuoto è diventato più pieno di quando c’è mezzo milione di persone che magari partecipano distrattamente alla funzione. Questi sono dei segni che rimangono nelle gente e fanno capire che la vita non è solo legata al virus o al pane quotidiano ma è qualcosa di più grande” (SIR, 2 aprile 2020).

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