L’unzione di Betania

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«Maria prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù e tutta la casa si riempì di quell’aroma di profumo» (Gv 12, 3).

La liturgia ambrosiana è occupata nella domenica dalle Palme, a differenza della liturgia romana, dalla pagina in cui Gesù, sei giorni prima della Pasqua e, dunque, prima della sua morte, viene unto da Maria. L’unzione del corpo nell’ebraismo veniva fatta dopo la morte della persona; qui, invece, viene fatta prima che Gesù venga crocifisso.

 Inoltre c’è un profumo che riempie una casa, la casa dell’amico Lazzaro, rivivificato, e delle sue sorelle, Marta e Maria. Uno degli apostoli, Giuda Iscariota, di fronte a questo gesto, grida allo scandalo: ‘Che spreco!’.

In realtà il gesto ha una valenza straordinaria perché dove c’è Gesù non c’è aria di morte, benché stando al testo la decisione di ucciderlo è stata presa e manca poco perché venga messa in atto – sei giorni prima, appunto -, ma c’è profumo, c’è vita.

La vita, ogni vita è fatta di profumi, alcuni dei quali si imprimono così forte nella nostra mente che, anche a distanza di anni, ci ricordano qualcuno o qualcosa. Il puro nardo, i trecento grammi di profumo nardo vengo usati da Maria per ungere Gesù perché egli è il Signore della vita.

Uno spreco per alcuni: sono soldi buttati. Un gesto per Maria con il quale vuole significare la grandezza della persona che viene unta: i re venivano unti. Giovanni ci vuol far capire che, nonostante Gesù venga preso, catturato, crocifisso, messo a morte, lui è l’unto, lui è il Cristo.

Si entra nella Settimana Autentica – così è per il rito ambrosiano la settima santa – con questa pagina in cui Gesù non è ancora morto, eppure profuma. Gesù non è ancora innalzato da terra, eppure è già re. Lo spreco di Maria è lo spreco della fede che nel frastuono della storia conosce la presenza di un Dio che abita in essa.

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