San Riccardo Pampuri: un santo medico per il popolo

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“San Riccardo, hai camminato un tempo per le strade della nostra terra, hai pregato nel silenzio delle nostre chiese, hai servito con amore e intelligenza gli ammalati nelle nostre case, sei stato accogliente verso ogni persona che ti ha cercato. Oggi, come un tempo i tuoi malati, anch’io ti cerco e mi rivolgo a te perché tu mi aiuti a guarire nel corpo e nello spirito e mi ottenga dal Signore la tua stessa fede”.

Questa è la preghiera che ogni fedele che visita la parrocchia dei santi Cipriano e Cornelio martiri, dove è conservato il corpo di san Riccardo Pampuri, recita per ottenere una ‘grazia’. Erminio Filippo Pampuri, nella vita religiosa, frà Riccardo, nacque (decimo di undici figli) il 2 agosto 1897 a Trivolzio (Pavia) da Innocenzo e Angela Campari, e fu battezzato il giorno seguente. Orfano di madre a tre anni, venne accolto dagli zii materni a Torrino, frazione di Trivolzio.

Nel 1907 gli morì a Milano il padre. Compiute le scuole elementari in due paesi vicini, e la prima ginnasiale a Milano, fu alunno interno nel Collegio Sant’Agostino di Pavia. Dopo gli studi liceali, si iscrisse alla facoltà di medicina nell’Università di Pavia, laureandosi con il massimo dei voti, il 6 luglio 1921. Nel 1927 entrò a Brescia nel noviziato dei Fatebenefratelli e vi emise la professione religiosa il 24 ottobre 1928. Gli venne affidato il gabinetto dentistico. Purtroppo nella primavera del 1929 la sua salute peggiorò per la tubercolosi. Il 18 aprile 1930 fu trasferito nell’Ospedale del Fatebenefratelli di Milano dove morì il primo maggio. Proclamato beato da Giovanni Paolo II il 4 ottobre 1981, è stato canonizzato nella festività di Tutti i Santi, 1° novembre 1989.

Il miracolo che lo ha reso Santo riguarda la guarigione di un bambino di 10 anni, Manuel Cifuentes Rodenas, che rischiava di perdere un occhio, perché il piccolo si era ferito gravemente con un ramo di mandorlo, mentre era nell’orto col papà. Riportato a casa, il bambino soffriva e nessuna medicina sembrava dargli sollievo. In quel frangente, il padre del bambino si ricordò di aver trovato, tempo prima, un’immaginetta di Fra’ Riccardo Pampuri e decise di invocare la sua intercessione, come Santo e come medico. Pose, dunque, l’immaginetta sotto la benda che copriva l’occhio di Manuel, senza nemmeno sapere che Pampuri era stato proclamato beato, solo qualche mese prima, il 4 ottobre del 1981. Manuel guarì completamente.

Al parroco, don Paolo Serralessandri, abbiamo chiesto di spiegarci perché egli è un santo popolare: “San Riccardo, al secolo Erminio Filippo, è popolare non nell’accezione di famoso, ma in quella di proveniente dal popolo. Il popolo cristiano educato alla fede nella appartenenza alla Chiesa cattolica. Pampuri fin da bambino, poi come studente, in guerra, come medico condotto, come religioso tra i Fatebenefratelli è sempre stato in mezzo al popolo segno potente,nella quotidianità, del volto misericordioso di Gesù. E il popolo ha considerato sempre san Riccardo come uno di loro, un Santo certo ma a cui poter rivolgersi con fiducia e insieme familiare confidenza. Tanto che si può dire che è  diventato Santo per la stima e la considerazione che di lui aveva il popolo”.

Quali sono le qualità ‘terapeutiche’ della preghiera?

“La preghiera guarisce soprattutto dalla presunzione che abbiamo di poter essere noi il signore della nostra vita e  dalla paura di essere soli,determinati dalle nostre fragilità. Ci fa invece invocare Colui dal quale la nostra vita dipende e del cui amore la nostra vita consiste. E’ una invocazione che diventa giudizio,presa di coscienza della verità della nostra vita”.

Nella chiesa è sepolto san Riccardo Pampuri: perchè è importante pregare  i santi?

“Nella nostra chiesa è custodito in una urna,visibile ai pellegrini,il corpo di San Riccardo. E’ importante pregare i santi per la comunione che ci lega a loro,in virtù della quale come segno di amicizia possono farsi carico delle nostre domande al Signore. E poi perché la preghiera ci avvicina a loro per imparare da loro ad affrontare con più serenità la vita e a vivere il rapporto con Dio”.

Le malattie o calamità possono considerarsi ‘castigo di Dio’?

“No. Sicuramente Dio non castiga nessuno. Le calamità possono invece diventare opportunità perché guardiamo alla nostra vita e ci chiediamo per cosa valga la pena vivere e cosa sia più essenziale e determinante per il nostro bene”.

Il 1^ maggio dello scorso anno si è aperto il giubileo ‘pampuriano’, che si chiude il prossimo 1^ maggio: in questo periodo di coronavirus in quale modo poterlo vivere?

“Il Giubileo continua sicuramente fino al 1 maggio anche in questa condizione semplicemente pregando San Riccardo. Era già previsto che gli ammalati potessero ottenere l’ indulgenza plenaria pregando da casa o dai luoghi di cura. Comunque molti attraverso i vari mezzi di comunicazione si fanno presenti con le loro domande e le loro richieste di grazie. Credo che sia una Grazia che il giubileo sia coinciso con questo periodo di sofferenza dove ci può soccorrere e aiutare l’esempio e la intercessione di san Riccardo”.

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