M † A, intercede per noi – Il soldato di Cristo sta in piedi nella casa del Signore – I.H.S.V., sotto questo segno vinceremo

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“La sfida più grande a cui il Cristiano è chiamato non è ad essere vincente, ma ad essere credibile! Buona domenica” (Riflessione per oggi di Valentina Villano).

«Il soldato sta in assetto di guerra, non sta seduto; il soldato in armi non sta reclinato, ma sta in piedi ben eretto. Per questo è detto ai soldati di Cristo: “Ecco ora, benedite il Signore, voi tutti servi del Signore, che state in piedi nella casa del Signore”» (Sant’Ambrogio, Commento a dodici Salmi, Città Nuova 1980).

Ecco, sto in piedi nella casa (domestica) del Signore e non ho paura, perché Lui è sempre con me. E accanto a me ho mio Angelo Custode, il Megalomartire San Giorgio, il Principe delle Milizie Celeste San Michele Arcangelo, San Giovanni Paolo II il Grande, San Charbel Makhlouf e la Madre di Dio Humilenie, davanti a me.

Dal libro di Daniele (12,1): “Or in quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di angoscia, come non c’era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo, in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro”.

San Michele Arcangelo, un attimo prima di rinfoderare la spada.

Il Cardinale Cesare Baronio, uno dei più grandi storici della Chiesa, confermò l’apparizione dell’Arcangelo San Michele sulla sommità del Castellum Crescentii. San Michele aveva sguainato la spada per punire il popolo dei peccati di cui si era macchiato. Gli angeli infatti sono gli esecutori degli ordini divini: pensiamo a quello che accadde a Fatima ai tre pastorelli. Essi videro un angelo che brandiva una spada di fuoco nella mano sinistra che, scintillando, emetteva grandi fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo intero. Ma queste fiamme si spegnevano al contatto dello splendore che la Vergine Maria emanava dalla sua mano destra verso di lui. L’angelo indicando con la mano destra la terra disse con voce forte: “Penitenza, penitenza, penitenza”!

Preghiera

O gloriosissimo principe S. Michele, ricorro a Voi, che siete il mio padre, il mio amico, la mia consolazione e sicurezza. Per mezzo vostro io ho tutti i benefici che mi vengono dal Signore. Se sono libero dalla pestilenza, dai terremoti, dalle tempeste, e da altri gravi flagelli, lo devo a Voi che siete il mio consolatore. Glorioso principe, non mi private della vostra presenza nell’ora della morte! Consolatemi in vita ed in morte e guidatemi dopo la morte a vedere la bella faccia di Dio in eterno. Così sia.

San Michele Arcangelo, un attimo prima di rinfoderare la spada.
La statua di San Michele Arcangelo in sommità di Castel Sant’Angelo, opera dello scultore fiammingo Peter Anton Verschaffelt (Gent, 1710-Mannheim, 1793), 1752, bronzo, 4,70×5,40m. Nel 1746 il Papa Benedetto XIV indisse un concorso per dotare Castel Sant’Angelo di una nuova statua dell’Angelo in occasione del Giubileo del 1750. Il vincitore fu il fiammingo Peter Anton Verschaffelt, formatosi a Parigi alla bottega dello scultore Edmé Bouchardon e già distintosi a Roma come ritrattista del Papa. Difficoltà dettate dalla grande quantità di metallo necessaria comportarono che la statua, fusa a Civitavecchia da Francesco Giardoni, fosse inaugurata sulla sommità di Castello solo il 28 giugno 1752. Originariamente era rivestita di una superficie dorata, tranne che per la corazza, che era ricoperta di lamine d’argento. L’angelo, composto da 35 pezzi, fu realizzato con la tecnica della fusione detta “a forma buona”, una variante della “cera persa”.

Quando San Michele Arcangelo apparve a Roma e fermò la peste
Con la potenza della preghiera, Papa San Gregorio Magno riuscì a fermare la peste del 590 che si era abbattuta su Roma. L’Angelo Michele scese su Castel Sant’Angelo rinfoderando la spada. Ecco il motivo del grande angelo di bronzo sul mausoleo di Adriano e del suo nuovo nome.
di Maria Milvia Morciano
Vatican News, 20 marzo 2020
Lo skyline di Roma è caratterizzato da figure alate: le vediamo sul Vittoriano e in cima alla Corte di Cassazione, ma anche più in basso, su piedistalli e a guardia del ponte Vittorio Emanuele. Sono le Nikai, Vittorie alate, simbolo della Repubblica, in tutto simili a quelle dell’antica Roma, che svettavano sui monumenti come rappresentazione del potere e della grandezza dell’Urbe. Ma la città è popolata anche di figure angeliche, come quelle che scandiscono la lunghezza del ponte Sant’Angelo, e tante altre disseminate nella città.
La statua di San Michele su Castel Sant’Angelo
Infine ve n’è una del tutto particolare: una grande statua di San Michele Arcangelo. L’iconografia è però profondamente diversa da quella canonica. L’impianto del corpo è statico, non esprime quell’energia dinamica alla quale siamo abituati, ad esempio nei dipinti di Raffaello o di Guido Reni. Non sta compiendo l’azione ma è fermo mentre sta per compierla. È appena atterrato, sotto i suoi piedi non c’è il maligno contratto e vinto. San Michele tiene il braccio sollevato, nell’attimo sospeso prima di rinfoderare la spada. Un gesto di pace e di misericordia.
La peste del 590 a Roma e San Gregorio Magno
Gregorio Magno era subentrato nel settembre del 590 a Pelagio II, morto a causa della tremenda pestilenza arrivata dall’Egitto nell’anno precedente, la cosiddetta lues inguinaria che mieteva sempre più morti e sembrava non voler cessare.
Il Papa decise allora di organizzare a una litania settiforme, cioè una processione divisa in sette cortei alla quale parteciparono tutti gli ordini del clero e l’intera popolazione. Essi attraversarono così le vie della città, per portare a San Pietro l’immagine di Maria Salus Populi Romani, conservata in Santa Maria Maggiore e dipinta dall’evangelista Luca.
Sì, proprio quell’icona tanto cara a Papa Francesco, da lui sempre visitata prima di ogni viaggio e anche domenica scorsa, durante la sua prima tappa di pellegrinaggio per invocare la fine della pandemia.
Gregorio di Tours, nell’Historiae Francorum (liber X, 1) e Iacopo di Varazze, nella Legenda Aurea, raccontano il memorabile prodigio in modo incalzante e accorato. Durante la processione, in una sola ora erano morte ben ottanta persone, ma Papa Gregorio non smetteva di incoraggiare ad andare avanti con fede. Man mano che il corteo si avvicinava a San Pietro, l’aria diventava più leggera e salubre. Giunti al ponte che collegava la città al Mausoleo di Adriano, allora chiamato Castellum Crescentii, d’improvviso scesero dal cielo schiere di angeli che cantavano quelle che sarebbero diventate le parole del Regina Coeli, l’antifona che in tempo pasquale sostituisce l’Angelus e saluta Maria Regina per la risurrezione del Salvatore: “Regina Coeli, laetare, Alleluja – Quia quemmeruisti portare, Alleluja – Resurrexit sicut dixit, Alleluja!”.
San Gregorio rispose: “Ora pro nobis rogamus, Alleluja!”. Gli angeli planarono ancora più in basso per galleggiare sulle teste dei presenti e infine circondare il dipinto di Maria. Gregorio guardò in alto e sulla cima del castello vide la grande figura armata dell’Arcangelo mentre asciugava la spada dal sangue e la riponeva nel fodero. La peste era finita.
In ricordo del miracolo una grande statua dell’Angelo Michele
Nel tempo, in memoria dell’accaduto, il castello mutò il toponimo in Sant’Angelo e in cima fu costruita una cappella che verso la fine dell’XI secolo fu rimpiazzata da una statua di San Michele, prima in legno e poi sostituita da alcune in marmo e in bronzo. Nel cortile del castello è conservata la versione risaliente al periodo di Paolo III, opera del toscano Raffaello da Montelupo, datata al 1544, in marmo e rame, alta poco più di 3 m e restaurata dal Bernini nel 1660.

Castel Sant’Angelo a Roma, con la statua di San Michele Arcangelo, un attimo prima di rinfoderare la spada.

La statua che invece tutti noi possiamo oggi ammirare sul fastigio del mausoleo è opera dello scultore fiammingo Peter Anton Verschaffelt, che vinse il concorso indetto da Papa Benedetto XIV Lambertini in occasione del Giubileo del 1750. Inaugurata solo nel 1752, la grande statua (4,70 x 5,40m) ha un impianto classicheggiante, formato da trentacinque pezzi di bronzo sostenuti da un’intelaiatura interna, sostituita nel 1986 da una in acciaio e titanio.
Una profonda differenza tra le figure alate e l’Arcangelo Michele
Le vittorie alate sembrano prendere la rincorsa per librarsi in volo, per staccarsi dalla terra, per travolgere il cielo con i loro simboli terreni. San Michele invece arriva e pianta i piedi a terra, tanto da lasciare le proprie impronte, secondo la tradizione, impresse in una pietra conservata nel museo del castello, insegnandoci che lui è presente, qui con noi, e pronto a intercedere se glielo chiediamo con fede.
San Michele Arcangelo intercede per salvarci dalle epidemie
Il legame dell’Arcangelo con la liberazione dal pericolo delle epidemie si evince anche dall’episodio avvenuto presso uno dei santuari micaelici più celebri, quello sul Gargano, quando durante la peste del 1665 apparve al vescovo lucchese Berardino Puccinelli e gli raccomandò di raccogliere le pietre del santuario per essere usate con devozione contro il morbo, che in effetti afflisse tutto il Regno di Napoli, ma risparmiò il territorio di Manfredonia. Il vescovo vi incise la sigla M † A e le distribuì a tutta la popolazione. Sul luogo dell’apparizione pose una statua dell’angelo, mentre una copia la mandò a Lucca, scolpita con pietra proveniente da grotte vicine e che si trova tuttora nell’antica chiesa di San Michele in Foro, sul secondo altare a destra.

M † A: Michele Arcangelo.
Il sogno di Costantino.
I.H.S.V: In Hoc Signo Vinces (in [sotto] questo segno vincerai, traduzione del greco ἐν τούτῳ νίκα (in [sotto] questo vinci).

Non siamo “noi” che vinceremo, ma noi dobbiamo essere credibili.

Nos autem gloriári opórtet in cruce Dómini nostri Iesu Christi, in quo est salus, vita et resurréctio nostra, per quem salváti et liberáti sumus.
Di null’altro mai ci glorieremo se non della Croce di Gesù Cristo, nostro Signore: egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione; per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati.
Antifona d’Ingresso

Esaltazione della Santa Croce, 14 settembre
Cf Gal 6,14).

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