Da Milano un invito ad affidarsi a Gesù

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Nella celebrazione eucaristica della IV domenica di Quaresima, svoltasi presso l’Istituto ‘Sacra Famiglia’ di Cesano Boscone, simbolo sulla frontiera del dolore e della cura, e trasmessa in diretta su Rai 3 grazie al prezioso impegno della TgrLombardia, l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha annunciato che, mercoledì 25 marzo, solennità dell’Annunciazione, presiederà una messa in suffragio di tutti i defunti di questo periodo ed ha istituito anche il fondo ‘San Giuseppe’ per chi ha perso il lavoro:

“Non poter stare vicino a coloro che muoiono e ai familiari che soffrono è veramente straziante: noi credenti abbiamo soltanto la consolazione della certezza della comunione dei santi, che non è necessariamente espressa dall’abbraccio, dal gesto o dalla vicinanza fisica…

Voglio che tutti coloro che hanno avuto un lutto in famiglia si sentano ricordati dall’arcivescovo, dalla Chiesa ambrosiana in questo momento veramente desolante. Continuiamo ad avere la certezza della presenza del consolatore, lo Spirito di Dio, che ci fa vedere quello che i nostri occhi non sanno vedere”.

Dalla pagina del Vangelo di Giovanni con la guarigione del cieco nato e i suoi ben 14 interrogativi, e dai giorni altrettanto pieni di domande che stiamo vivendo, ha mosso l’omelia dell’arcivescovo: “Dove c’è una donna, dove c’è un uomo, ci sono anche domande: è il segno che non siamo una ruota in un ingranaggio, che non siamo una comparsa insignificante in un universo senza senso. Ci sono domande.

Questo tempo, più di altri, è popolato di domande, si ripetono, si rivolgono a quelli che sanno rispondere e a quelli che rispondono senza sapere. Le domande ritornano come ossessioni, dicono lo smarrimento, la paura, il bisogno di rassicurazione, l’invocazione di una certezza in un marasma confuso. Domande e domande: perché questa epidemia? da dove viene? Come si diffonde? Potrò guarire? Ce la farà mia mamma? Che cosa ci dice questa situazione? Quando finirà? Che sarà di noi quando finirà? Domande e domande”.

Ma la domanda centrale rivolta dall’uomo a Dio e che impegna tutti è quella che riguarda il peccato del male: “E’ la domanda inevitabile, ma Gesù dice che è la domanda sbagliata.  Gesù dice: se il mondo è sbagliato non chiederti chi ha sbagliato; non cercare una causa, non cercare un colpevole. Non incolpare Dio non sapendo chi altro incolpare. Non domandarti perché sia sbagliato il mondo, domandati invece se ci sia una via di salvezza, se si possa aggiustare il mondo e l’umanità”.

Gesù ribalta questa domanda e chiede se Gli si crede: “L’opera di Dio non è di creare un mondo sbagliato, dove qualcuno nasce cieco, dove qualcuno muore giovane, dove incombe una disgrazia che spaventa i figli degli uomini, dove che è ricco diventa sempre più ricco e chi è povero sempre più povero, dove c’è chi può curarsi quando è malato e anche quando è sano e dove c’è che deve ammalarsi e non ha come curarsi.

L’opera di Dio non è il mondo sbagliato, ma la missione di Gesù: credi nel Figlio dell’uomo? Hai fiducia che Gesù sia la via di salvezza? Ti affidi alla sua parola per dare alla tua vita l’unico significato possibile, cioè quella di essere vocazione a vivere come il Figlio dell’uomo, cioè fare della vita un dono per ricevere in dono la vita di Dio?”

A conclusione della Messa l’arcivescovo ha sottolineato l’importanza del ‘Fondo San Giuseppe’, istituito dall’Arcidiocesi, il 19 marzo, ‘per una prossimità nell’emergenza lavoro’, delineatasi a causa della pandemia: “Anche con il contributo dell’amministrazione comunale e del sindaco di Milano, abbiamo creato questo Fondo per un soccorso immediato a coloro che hanno perso il lavoro: soprattutto i precari, chi aveva contratti a termine non rinnovati.

Vorremmo dare, non certo una soluzione, ma una possibilità di vivere almeno dignitosamente questo periodo. Il Fondo sarà operativo, sempre con vigilanza e rigore nelle verifiche, ma anche con il minimo possibile di burocrazia, perché aiuti immediatamente coloro che si trovano senza nessuna fonte di reddito. E’ il momento in cui chi può molto deve dare molto, chi può poco, dia quel poco che può. Tutti dobbiamo essere più sensibili ai più fragili e a chi ha bisogno”.

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