Le ragioni dello IOR. Che ora aspetta un “eccellente” nuovo presidente

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E’ un comunicato durissimo, quello con cui il Consiglio di Sovrintendenza dello IOR comunica di aver sfiduciato all’unanimità il suo presidente Ettore Gotti Tedeschi.  La sfiducia è definita dai consiglieri “un’azione importante per mantenere la vitalità dell’Istituto”. E gli stessi consiglieri dicono di guardare “avanti, al processo di ricerca di un nuovo ed eccellente presidente”. Parole queste che lasciano intendere che si aspettano una nomina internazionale. Probabilmente questa volta non ci si orienterà su un nome non italiano. Deve essere qualcuno – suggeriscono i consiglieri nel comunicato – “che aiuterà l’Istituto a ripristinare efficaci ed ampie relazioni fra l’Istituto e la comunità finanziaria, basata sul mutuo rispetto di standards bancari internazionalmente accettati”.

È un passaggio – quest’ultimo del comunicato – che lascia pensare al dibattito che ha avuto luogo all’interno delle Mura Leonine negli ultimi mesi. Un dibattito che ha portato la Santa Sede a rivedere la legge antiriciclaggio (la legge 127 dello Stato di Città del Vaticano), modificata e resa più adeguata agli standard internazionali attraverso un decreto (il n. 59) successivamente approvato dalla Commissione dello Stato di Città del Vaticano. Una riforma che non era piaciuta ad Ettore Gotti Tedeschi, che più volte aveva fatto notare la sua contrarietà. Contrarietà che si era manifestata anche in alcuni dei vati-leaks, la mole di documenti vaticani pubblicata sui giornali negli ultimi mesi.

Eppure il comunicato fa comprendere che lo scenario è diverso, e riguarda più le dinamiche interne dell’Istituto: la sua governance ,la gestione dei fondi, il modo in cui si propone di distribuire gli utili. Se fosse stata una questione “ad extra” come quello della trasparenza finanziaria e l’ingresso nella white list degli Stati virtuosi in materia di antiriciclaggio (che riguarda ovviamente non solo l’istituto, ma anche la Santa Sede/Stato Città del Vaticano, perché concerne rapporti diplomatici) il problema sarebbe stato passato ai cardinali. Invece i consiglieri del Consiglio di Sovrintendenza, laici di grande professionalità e competenza, hanno deciso di fare tutto da soli. Una sfiducia tecnica che ha poco a che vedere con i dibattiti sui massimi sistemi e che ha molto più a che vedere con la volontà del Consiglio di dotarsi di un nuovo presidente, perché quello nominato nel 2009 (Ettore Gotti Tedeschi) non soddisfaceva a loro avviso quello che era stato chiamato a fare.

Per comprendere che si tratta di una dinamica soprattutto interna, si deve capire come funziona l’Istituto per le Opere di Religione. Come delineato dal chirografo promulgato nel 1990, sono principalmente due gli organismi che fanno “muovere la macchina”: la Commissione Cardinalizia e il Consiglio di Sovrintendenza. La Commissione Cardinalizia vigila sulla fedeltà dell’Istituto alle norme statutarie, nomina e revoca i membri del Consiglio di Sovrintendenza e, su proposta di quest’ultimo, il Presidente e il Vice-Presidente, devolve gli utili, decide gli stipendi, approva la nomina e la revoca del Direttore e del Vice-Direttore e delibera su eventuali questioni riguardanti i membri del Consiglio di Sovrintendenza e la Direzione (art. 8). Il Consiglio di Sovrintendenza è invece “responsabile della amministrazione e gestione dell’Istituto nonché della vigilanza e supervisione delle sue attività sul piano finanziario, economico ed operativo” (art. 10). Gli altri organi dell’Istituto sono il prelato, carica rimasta vacante, che dovrebbe fungere da raccordo tra cardinali e sovrintendenza; i revisori; la direzione.

Spettano al Consiglio di Sovrintendenza le decisioni riguardanti la gestione economico-finanziaria dell’Istituto. E per questo a comporlo sono chiamati personaggi (laici) di grande caratura: oltre al(l’ormai ex) presidente Ettore Gotti Tedeschi, siede nel Consiglio Carl A. Anderson, Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo, un passato come consigliere nelle amministrazioni americane e un prestigio internazionale riconosciuto che gli deriva anche dall’organizzazione che presiede, 122 anni di storia di solide attività benefiche distribuite in tutto il mondo in nome del cattolicesimo; e poi Ronaldo Hermann Schmitz e Manuel Soto Serrano, banchieri di esperienza internazionale, provenienti il primo da Deutsche Bank e il secondo dal Grupo Santander; e Antonio Maria Marrocco, notaio, un passato nei consigli di vigilanza delle banche italiane, proveniente da Unicredit.

Quando ieri il Consiglio di Sovrintendenza si è riunito – si trattava di una riunione ordinaria, di quelle che si fanno a cadenza trimestrale, cui partecipano anche il direttore generale Paolo Cipriani e il suo vice Massimo Tulli -, ognuno di questi membri ha messo sul tavolo le proprie lagnanze riguardo la governance dello IOR. “Nel tempo – recita il comunicato diramato dopo la riunione – questa ha destato progressiva preoccupazione nel Consiglio e, nonostante ripetute comunicazioni in tal senso al Prof. Gotti Tedeschi, Presidente dell’IOR, la situazione è ulteriormente deteriorata”. È stato per questo che “il Board ha adottato all’unanimità un voto di sfiducia del Presidente, per non avere svolto varie funzioni di primaria importanza per il suo ufficio”. Le funzioni del presidente sono passate al vice, Schmitz, in attesa della nuova nomina.

La scelta del Consiglio di Sovrintendenza crea un precedente importante. Per la prima volta, i membri “laici” dello IOR hanno sfiduciato il proprio presidente, senza passare la palla ai cardinali, comportandosi come il board di qualunque altro istituto del mondo, che sfiducia la presidenza quando questa non raggiunge i risultati auspicati: chi continua a dire che lo IOR deve diventare prestigioso e trasparente come tutti gli altri istituti finanziari internazionali, ha avuto la sua risposta. Il fatto che non sia stata coinvolta la Commissione Cardinalizia è un segnale particolarmente importante: testimonia che si è trattato di una scelta interna, legata al conseguimento degli obiettivi, in cui le tensioni per le azioni di Ettore Gotti Tedeschi possono solo aver fatto crescere il malumore, ma di certo non lo hanno creato. Più che un attacco all’operazione trasparenza, la sfiducia dei membri laici è di per sé una operazione trasparenza, perché per la prima volta l’operato del presidente dell’Istituto è valutato dall’organismo internodi sovrintendenza e da questo deposto.

Esce di scena così Ettore Gotti Tedeschi, un passato brillante nel mondo finanziario (da McKinsey al Grupo Santander), un presente in cui farsi valere in campi diversi da quello della finanza vaticana. Alcuni paventano il rischio che ora – con le informazioni che ha raccolto in questi  anni in Vaticano – possa diventare un “nemico” per la Santa Sede, e che possa difendersi attaccando. Il suo primo commento è stato: “Direi solo parole brutte”. E già si pensa ad una nuova ondata di rivelazioni scottanti, magari dettate dal risentimento di un ormai ex presidente che ha lasciato la riunione del Consiglio di Sovrintendenza quando ha capito che la sfiducia era ormai decisa.

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