Papa Francesco prega per il bene della famiglia

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Papa Francesco continua a celebrare la Messa in diretta streaming da Casa Santa Marta anche questa settimana per manifestare la sua vicinanza ai fedeli che non possono partecipare all’Eucaristia a causa dell’emergenza coronavirus, pregando in particolare per la famiglia:

“Continuiamo a pregare per gli ammalati. Penso alle famiglie, chiuse, i bambini non vanno a scuola, forse i genitori non possono uscire; alcuni saranno in quarantena. Che il Signore li aiuti a scoprire nuovi modi, nuove espressioni di amore, di convivenza in questa situazione nuova. E’ un’occasione bella per ritrovare i veri affetti con una creatività nella famiglia. Preghiamo per la famiglia, perché i rapporti nella famiglia in questo momento fioriscano sempre per il bene”.

Nell’omelia il papa ha commentato le letture del giorno, sottolineando l’atteggiamento umano dello sdegno: “In ambedue i testi che oggi la Liturgia ci fa meditare, c’è un atteggiamento che attira l’attenzione, un atteggiamento umano, ma non di buono spirito: lo sdegno.

Questa gente di Nazareth cominciò a sentire Gesù, gli piaceva come parlava, ma poi qualcuno ha detto: ‘Ma questo in quale università ha studiato? Questo è figlio di Maria e Giuseppe, questo ha fatto il falegname! Cosa viene a dirci?’. E il popolo si sdegnò”.

Lo sdegno è un’indignazione che porta alla violenza ed acceca la mente: “E questo sdegno li porta alla violenza. E quel Gesù che ammiravano all’inizio della predica è cacciato fuori, per buttarlo giù dal monte. Anche Naamàn, uomo buono era questo Naamàn, anche aperto alla fede, ma quando il profeta gli manda a dire di bagnarsi sette volte nel Giordano si sdegna”.

Lo sdegno porta alla chiusura mentale, che non consente il dialogo, perché si pensa sempre ad un Dio astratto, fuori dalla nostra vita: “Anche a Nazareth c’era gente buona; ma cosa c’è dietro questa gente buona che li porta a questo atteggiamento di sdegno?

E a Nazareth peggio: la violenza. Sia la gente della sinagoga di Nazareth che Naamàn pensavano che Dio si manifestasse soltanto nello straordinario, nelle cose fuori dal comune; che Dio non poteva agire nelle cose comuni della vita, nella semplicità. Sdegnavano il semplice. Loro si sdegnavano, disprezzavano le cose semplici”.

Invece Gesù racconta Dio come Padre, che agisce nella semplicità quotidiana: “E il nostro Dio ci fa capire che Lui agisce sempre nella semplicità: nella semplicità, nella casa di Nazareth, nella semplicità del lavoro di tutti i giorni, nella semplicità della preghiera … Le cose semplici.

Invece, lo spirito mondano ci porta verso la vanità, verso le apparenze e ambedue finiscono nella volenza: Naamàn era molto educato, ma sbatte la porta in faccia al profeta e se ne va. La violenza, un gesto di violenza. La gente della sinagoga incomincia a riscaldarsi, a riscaldarsi, e prende la decisione di uccidere Gesù, ma incoscientemente, e lo cacciano via per buttarlo giù. Lo sdegno è una tentazione brutta che porta alla violenza”.

Lo sdegno è una ‘categoria’ umana dei superbi che vivono nell’illusione del potere: “Lo sdegno è l’atteggiamento dei superbi, ma dei superbi poveri, dei superbi con una povertà di spirito brutta, dei superbi che vivono soltanto con l’illusione di essere più di quello che sono. E’ un ceto spirituale, la gente che si sdegna: anzi, tante volte questa gente ha bisogno di sdegnarsi, di indignarsi per sentirsi persona”.

Lo sdegno nasce dalla negazione della realtà: “E sempre lo sdegno ti porta alla violenza; sia alla violenza fisica sia alla violenza delle chiacchiere, che uccide come quella fisica. Pensiamo a questi due passaggi, a questi due passi: lo sdegno della gente nella sinagoga di Nazareth e lo sdegno di Naamàn, perché non capivano la semplicità del nostro Dio”.

Mentre nel pomeriggio di ieri papa Francesco a piedi, come in pellegrinaggio, si è recato alla Basilica di Santa Maria Maggiore, per rivolgere una preghiera alla Vergine, ‘Salus populi Romani’, la cui icona è custodita e venerata.

Successivamente il papa ha raggiunto la chiesa di san Marcello al Corso, dove si trova il Crocifisso miracoloso che nel 1522 venne portato in processione per i quartieri della città perché finisse la ‘Grande Peste’ a Roma. Con la sua preghiera, papa Francesco ha invocato la fine della pandemia; ha implorato la guarigione per i tanti malati; ha ricordato le vittime di questi giorni, e chiesto che i loro familiari e amici trovino consolazione e conforto; infine ha pregato per gli operatori sanitari, medici, infermieri, e a quanti garantiscono il funzionamento della società.

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