Coronavirus: a Roma per aiutare i ‘senza fissa dimora’

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Iniziando l’Angelus di domenica scorsa papa Francesco ha ringraziato i sacerdoti che non ‘abbandonano’ il popolo: “Vorrei ringraziare anche tutti i sacerdoti, la creatività dei sacerdoti… Sacerdoti che pensano mille modi di essere vicino al popolo, perché il popolo non si senta abbandonato; sacerdoti con lo zelo apostolico, che hanno capito bene che in tempi di pandemia non si deve fare il ‘don Abbondio’. Grazie tante a voi sacerdoti”.

Non è la prima volta che papa Francesco si rivolge ai sacerdoti per chiedere ‘vicinanza caritativa’, che è importante nello svolgimento della loro missione. A Roma queste parole sono state prese a cuore dall’Elemosineria Apostolica, trasformando le parole in gesti concreti.

Per questo il card. Konrad Krajewski ha spiegato a Vatican News che la modalità di aiuto ai poveri di Roma e a quelli che sostano intorno alla Santa Sede è cambiata alla luce dei decreti leggi emanati dal governo italiano e dalle disposizioni della Santa Sede:

“Lasciamo le docce e i bagni aperti perché per i poveri è una necessità e questa va rispettata. Significa ovviamente osservare le norme e le distanze di sicurezza. Il messaggio che vogliamo mandare ai senza tetto è uno solo: non siete soli a fronteggiare l’emergenza, noi ci siamo, vi supportiamo nelle necessità”.

In questo senso la Caritas di Roma ha lanciato un appello per cercare casa per chi è costretto a dormire in strada e contenere questa emergenza, trasformando le sue strutture di accoglienza notturna in spazi protetti funzionanti nelle 24 ore ed organizzando i servizi delle mense attraverso la distribuzione di cibo da asporto.

E  molte sono le iniziative per garantire un alloggio dalla Comunità di Sant’Egidio all’Auser, dall’Agesci dall’Anffas fino alla Uisp, in grado di disegnare una mappa della ‘nuova solidarietà’ nata dalla creatività e da quella ‘passione sociale’.

Quindi la Comunità di Sant’Egidio si riorganizza in base ai decreti nazionali: “Ha la capienza adeguata che permette il distanziamento tra le persone. Ora un tavolo pensato da 4 diventa da 1, uno da 6 diventa da due, facendo occupare solo i due capitavola”.

Eppoi c’è la chiesa di san Calisto, a Trastevere, trasformata in una casa per chi una casa non ce l’ha con tutte le misure di sicurezza: “Abbiamo lanciato un appello affinché questo aiuto non venga a mancare. E stanno rispondendo in tanti: molti che in questo momento non stanno lavorando ci stanno offrendo il loro aiuto”.

Anche l’Auser si mobilita con tante iniziative ‘a distanza’ messe in campo dalle sedi: si intensifica l’ascolto telefonico tramite i diversi numeri verdi, con volontari che contattano gli anziani soli anche solo per rassicurarli; con i volontari che assicurano spesa e farmaci a domicilio, accompagnamento sociale e trasporto protetto.

Al centro di accoglienza ‘Binario 95’ hanno sospeso tutte le raccolte di indumenti e l’estensione della zona ‘protetta’ ha reso l’aiuto ai più deboli ancora più difficile.  Per questo, ‘Binario 95’ ha lanciato una campagna con l’hashtag #vorreirestareacasa per richiamare l’attenzione sulle difficili condizioni che le persone senza dimora e i servizi di accoglienza sono chiamati a fronteggiare:

“Solo le stime Istat parlano di 50.000 persone senza dimora, di cui 7.000 solo a Roma. Tuttavia, noi abbiamo contato nell’ultimo anno 20.000 persone che hanno chiesto aiuto alla sala operativa a cui si aggiungono le 12.000 persone che vivono nelle strutture occupate di Roma, le circa 5.000 presenze nei campi rom della Capitale…

Oltre a non avere una casa nella quale isolarsi, le persone senza dimora sono comunque costrette ad utilizzare le mense per nutrirsi e i centri di accoglienza per dormire, entrambi luoghi in genere affollati e promiscui, nei quali la distanza minima non può essere, in molti casi, rispettata.

Chi non ha un’abitazione, inoltre, pur avendo compreso la gravità della situazione e sforzandosi con buona volontà di rispettare le regole, ha molta difficoltà ad adeguarsi alle norme igieniche di base previste dal Dpcm per non parlare della complessità nel reperire i dispositivi di protezione, perché non ne ha le possibilità economiche”.

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