Complesso monumentale di Santa Chiara e la Real Cappella dei Borbone. Cenni storici

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Il Complesso monumentale di Santa Chiara

La Basilica di Santa Chiara – uno dei più insigni monumenti medioevale e tra i più importanti e grandi complessi monastici di Napoli – sorse per munificenza di Sancia di Maiorca, seconda sposa di Roberto d’Angiò, la quale sentendosi fin da giovanissima portata alla vita di clausura e non potendo soddisfare la sua vocazione, volle manifestare la sua devozione, facendo costruire il grande monumento. La costruzione del Complesso monumentale di Santa Chiara ebbe inizio nel 1310. I lavori furono eseguiti sotto la direzione di Gagliardo Primario prima e Lionardo di Vito poi, in forme gotico-provenzali. per terminarli nel 1328, aprendo al culto definitivamente nel 1330, seppure la consacrazione a Santa Chiara avverrà solo nel 1340, divenuta la chiesa della regalità e della nobiltà napoletana.

Va ricordato che nella Basilica di Santa Chiara, il 14 agosto 1571, vennero solennemente consegnati a Don Giovanni d’Austria il vessillo pontificio di Papa Pio V ed il bastone del comando della coalizione cristiana prima della partenza della flotta della Lega Santa per la battaglia di Lepanto contro i Turchi Ottomani.

Durante il bombardamento degli alleati del 4 agosto 1943 alcune bombe, cadute sul complesso monumentale, provocarono un violentissimo incendio che durò oltre 48 ore, distruggendo interamente il tetto, la sovrastruttura barocca e molti dei monumenti conservati all’interno, danneggiandone altri in maniera irreparabile. Rimasero in piedi le antiche mura perimetrali, che, opportunamente rinforzate, hanno poi consentito il ripristino dell’organismo architettonico nelle originarie forme gotiche, sotto la direzione di Mario Zampino.

Nell’ottobre 1944 Padre Gaudenzio Dell’Aja fu nominato “rappresentante dell’ordine dei Frati Minori per i lavori di ricostruzione della basilica”. In seguito, i discussi lavori di restauro si concentrarono sull’architettura medievale rimasta intatta dai bombardamenti, riportando la basilica all’aspetto originario trecentesco e omettendo in questo modo il ripristino delle aggiunte settecentesche. Dieci anni dopo, il 4 agosto del 1953, la chiesa fu riaperta al culto.

L’interno si presenta come una grandissima, luminosa aula rettangolare, senza transetto, con 10 cappelle per lato (oltre a due passaggi laterali), secondo uno schema tipico delle chiese gotiche della Francia meridionale. Le cappelle, aperte da gotiche arcate e illuminate da bifore e bifore, sporgono fortemente dalle pareti della navata, nelle quali altissime e sottili monofore salgono fino al tetto a capriate.

Foto di Vik van Brantegem.

La Real Cappella dei Borbone di Napoli e delle Due Sicilie

La decima Cappella a destra, accanto al Presbiterio che, assieme a quella di San Francesco d’Assisi, è l’unica ad aver conservato la struttura barocca, è la Cappella di San Tommaso Apostolo (sulla parete frontale si trova la tela tardo cinquecentesca dell’Incredulità di San Tommaso opera dell’artista fiorentino Girolamo Macchietti), testimonianza settecentesca della basilica scampata ai bombardamenti alleati del 1943.

La Real Cappella dei Borbone a Santa Chiara restaurata (Foto di Vik van Brantegem).

La Cappella costituisce il Pantheon dei Borbone, dove riposano i Sovrani di Napoli e delle Due Sicilie, da Ferdinando I a Francesco II, ultimo Re delle Due Sicilie, di sua moglie Maria Sofia e della loro figlia Maria Cristina, che furono portati in loco solo il 10 aprile 1984, in quanto fino ad allora erano sepolti nella romana chiesa dello Spirito Santo dei Napoletani.

La parete a sinistra della Real Cappella dei Borbone a Santa Chiara (Foto di Vik van Brantegem).

Hanno trovato sepoltura qui anche i cinque figli di Carlo di Borbone e di Maria Amalia di Sassonia e, più tardi, l’Infante Filippo di Borbone, primogenito di Carlo III, allontanato dalla successione perché infermo, morto di vaiolo a 30 anni nel 1777.

Il sarcofago della Beata Regina Maria Cristina di Savoia, consorte di Re Ferdinando II del Regno delle Due Sicilie (Foto di Vik van Brantegem).

Nel sarcofago a destra riposa la Beata Regina Maria Cristina di Savoia, consorte di Re Ferdinando II del Regno delle Due Sicilie. Morì il 31 gennaio 1836 non ancora ventiquattrenne, per i postumi del parto nel dare alla luce l’unico figlio Francesco, che alla morte del padre sarebbe salito al trono, divenendo in tal modo l’ultimo re del Regno delle Due Sicilie. Si tenne nella Basilica di Santa Chiara sabato 25 gennaio 2014 il rito della sua beatificazione.

Foto di Vik van Brantegem.

La nascita della Real Cappella dei Borbone avviene nel 1742 su volontà di Carlo III di Borbone, il quale la intese solo provvisoriamente, in attesa che venisse costruita in un altro luogo la definitiva struttura che avrebbe ospitato i reali con le famiglie. Col tempo e con l’aggiunta man mano di altri componenti della Casa Reale di Borbone nella Cappella, l’ambiente divenne definitivamente stabile nell’ospitare i reali.

Cessata la dominazione spagnola, Napoli ritornò ad essere capitale di un regno autonomo e i sovrani borbonici vollero non senza significato – riprendere la consuetudine delle sepolture in Santa Chiara. Probabilmente il saggio e virtuoso Re Roberto d’Angiò dovette costituire per più versi, agli occhi di Carlo III di Borbone, un modello di sovrano illuminato, sagace amministratore dello Stato ed intelligente protettore di artisti. Così Santa Chiara ritornava a custodire le spoglie dei membri della casa regnante nella Cappella di San Tommaso Apostolo.

Dopo che Carlo di Borbone divenne Re di Spagna e Imperatore delle Indie, i Re di Napoli suoi successori concepirono l’ambizioso disegno di costruire, nella basilica angioina, una cappella funeraria destinata ad accogliere i resti dei Sovrani e dei Principi della Dinastia delle Due Sicilie. In attesa di realizzare tale proponimento, cui però né Ferdinando IV di Napoli (poi I delle Due Sicilie) né Francesco I diedero corso con alcun progetto, i resti dei sovrani e dei principi furono depositati in due ambienti adiacenti al coro dei frati francescani, deposito che diventò la cappella funeraria, malgrado che all’uopo venissero redatti tre progetti a iniziativa dei sovrani Ferdinando II e Francesco II.

Da tempo si sentiva l’esigenza di conoscere la secolare e complicata vicenda della sistemazione delle sepolture borboniche: questo scopo è stato raggiunto nel 2010 con “Il Pantheon dei Borboni in Santa Chiara di Napoli”, grazie alle pazienti e sapienti ricerche svolte dal Padre francescano Gaudenzio dell’Aja, autore, fra l’altro, del saggio sul restauro della basilica di Santa Chiara, pubblicato nel 1980. Egli, oltre a far conoscere le rinnovate premure svolte per vari decenni dai discendenti della Casa Reale di Borbone delle Due Sicilie, per dare sepoltura ai loro antenati, chiarisce definitivamente errori ed equivoci, come lo scambio di nome fra due dei figliuoli di Ferdinando IV, o l’invenzione di una principessa per nome Germana, mai esistita, o lo smarrimento dell’identità del principe “senza nome” o infine l’errata sepoltura in Santa Chiara di Anna Maria di Sassonia, Granduchessa Ereditaria di Toscana e rende nota, in una più accurata redazione, la genealogia dei Sovrani e dei Principi della Casa Reale di Borbone delle Due Sicilie, da Carlo di Borbone a Francesco II. L’opera di Padre Gaudenzio dell’Aja costituisce pertanto un ulteriore contributo per la conoscenza del patrimonio storico e di quello artistico napoletano, offerta con la competenza e l’entusiasmo che animano ormai da tempo l’attività dell’autore, che partecipò in prima persona al ripristino e al restauro della Basilica di Santa Chiara e alla soluzione concreta del problema delle sepolture borboniche. Di grande interesse è il capitolo dedicato, in questo libro, all’esame dei progetti elaborati dagli architetti Gaetano Genovese, Francesco Gavaudan e Antonio Niccolini a metà del secolo scorso, per la Reale Cappella Funebre, con la pubblicazione di disegni originali, ancora inediti.

Con la sepoltura delle salme del Re delle Due Sicilie Francesco II, della suo consorte la Regina Maria Sofia e della loro figliuola Maria Cristina Pia, tumulate in Santa Chiara il 10 aprile 1984, si era finalmente conclusa una secolare vicenda, nel rispetto della integrità architettonica della Basilica.

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