Lettera su The New England Journal of Medicine ribalta tutto: l’untore dell’Europa dovrebbe essere la Germania

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“La Cina ha appena detto che l’origine del coronavirus è ignota. Preparatevi che sono a un passo per dimostrare che non è Wuhan, ma Codogno. Cosí impariamo a non studiare la storia e la natura dei regimi comunisti” (Giulio Meotti – Tweet, 4 marzo 2020).

I Tedeschi continuano a chiamare “Grippe” (influenza) una cosa piuttosto cattiva, che ha ucciso parecchie persone… Vuoi vedere che noi l’abbiamo chiamato “Sars-CoV-2” (influenza)?

Secondo una lettera firmata da un gruppo di 18 medici tedeschi e pubblicata il 30 gennaio 2020 su The New England Journal of Medicine “Transmission of 2019-nCoV Infection from an Asymptomatic Contact in Germany” rivela che il primo contagio europeo da Sars-CoV-2 è avvenuto a gennaio in Germania e da numero uno tedesco (e europeo), l’infezione è giunto in Nord Italia.
La notizia era stata già riportata dal quotidiano britannico The Guardian lo stesso 30 gennaio 2020, ma è stata completamente trascurata dal circuito mediatico internazionale ed italiano.
Risulta che il primo europeo ad aver contratto l’infezione del Sars-CoV-2 e ad averlo trasmessa, potrebbe essere un uomo tedesco di 33 anni, mostrando i primi sintomi il 24 gennaio 2020, dopo aver incontrato una collega proveniente da Shangai, poi risultata positiva. Quindi, il contagio sarebbe avvenuto durante il periodo di incubazione. Nei quattro giorni seguenti sono risultati positivi anche molti dipendenti della stessa azienda tedesca di München. Il caso era diventato celebre a fine gennaio come esempio della capacità del Sars-CoV-2 di trasmettersi anche in assenza di sintomi.
Secondo una mappa genetica pubblicata sul sito Netxstrain, che ricostruisce una sorta di albero genealogico del Sars-CoV-2, il focolaio tedesco potrebbe avere alimentato silenziosamente la catena di contagi al punto da essere collegato a molti casi in Italia e in Europa. Analizzando il percorso e le mutazioni genetiche, gli studiosi hanno rilevato che il Sars-CoV-2 è entrato in Europa più volte. Dal primo febbraio circa un quarto delle nuove infezioni in Messico, Finlandia, Scozia e Italia, come i primi casi in Brasile, appaiono geneticamente simili al focolaio di München.
Il messaggio importante è, che il fatto che un focolaio sia stati identificato e contenuto non significa che questo caso non abbia continuato ad alimentare una catena di trasmissione che non è stata rilevata finché non è cresciuta al punto da avere dimensioni consistenti.
“È da notare – scrivono i medici tedeschi autori della lettera – che l’infezione sembra essere stata trasmessa durante il periodo di incubazione, quando i sintomi erano lievi e non specifici” e aggiungono: “In questo contesto il fatto che il virus sia stato trovato in quantità rilevanti nell’espettorato dell’uomo anche nel suo periodo di convalescenza pone il problema della trasmissibilità del virus anche dopo il termine dei sintomi, sebbene tale carica virale rilevata con il test sia ancora da confermare attraverso una coltura del virus”. “Il fatto che la viremia possa essere presente anche dopo la scomparsa dei sintomi era già noto”, ha conferma a La Repubblica Walter Ricciardi, il rappresentante del Comitato esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e consigliere del Ministro della Salute Roberto Speranza. “E ci deve indurre alla sorveglianza dei pazienti dimessi dopo ospedalizzazione, ai quali è consigliabile fare un tampone anche dopo le dimissioni”.

Alcune ore fa ho condiviso sul mio diario Facebook questa vignetta con la seguente didascalia:

«Mit (nicht so) freundlichen Grüßen… con (non così) cordiali saluti, rivolti al Paese che ci ha dipinto come degli untori (danneggiando gravemente il nostro commercio e guadagnandoci, come al momento della conversione della lira in euro) e vietato l’esportazione delle maschere. Con tanti saluti all’unità di Europa. Siamo tornati ai tempi ancora prima del mercato “comune” europeo.
E aggiungo, per completezza di informazione, un messaggio ricevuto in privato, pensando a coloro che ci rovinano, “governandoci” al servizio delle banche tedesche: “Povera Italia… In mano a dilettanti che la stanno mandando in rovina. Abbiamo bisogno di una guida… Abbiamo bisogno di un punto fermo… Così non si può”.
Un take di Adnkronos del 27 febbraio 2020, facendo riferimento alla Deutsche Welle e al Robert Koch Institute di Berlino:
“L’influenza spaventa la Germania, circa 80.000 casi
Mentre il mondo vive nella paura del coronavirus, con l’aumento dei contagi in Italia e Corea del Sud, la Germania deve affrontare un’ondata di casi di influenza che fin’ora conta quasi 80.000 casi. Circa la metà di questi, riporta il sito della televisione di Stato tedesca Deutsche Welle, è stata confermata nelle ultime due settimane, secondo l’agenzia federale tedesca per il controllo delle malattie.
Un rapporto pubblicato dal Robert Koch Institute (RKI) di Berlino ha rilevato che 130 persone sono morte a causa dell’influenza in questa stagione, mentre quasi 13.300 sono state ricoverate in ospedale. Dall’autunno sono stati registrati in totale 79.263 casi.
Il numero di casi di influenza registrati in Germania in questa stagione si avvicina al bilancio globale delle infezioni da coronavirus, noto anche come COVID-19, che attualmente secondo l’Oms ammonta a circa 81.000 casi. Al momento sono 17 i contagiati confermati nel Paese, tra cui un uomo di 25 anni del distretto di Göppingen, probabilmente contagiato durante un viaggio in Italia a Milano”».

La notizia era, che tra gli ottantamila casi di “influenza” in Germania vengono nascosti migliaia di casi di Sars-CoV-2, quindi non dichiarati ufficialmente come tali. Questo vuole anche dire che, al pari della Francia, si è deciso di non controllare l’epidemia, lasciando quindi in libera circolazione migliaia di “untori” e uno di questi – un tedesco – ha probabilmente fatto nascere i focolai nel Nord Italia. Ciò significa che in Francia e in Germania, così come in altri Paesi che adottano metodi di rilevamento con cui vengono ridotti drasticamente i dati censiti dall’OMS, il Sars-CoV-2 si è diffuso nel silenzio, in procinto di esplodere. Alcuni Paesi nemmeno se ne preoccupano, in attesa degli eventi e poi chi vivrà, vedrà (chi dovrà morire e chi no).

Lo studio che ribalta tutto: l’untore d’Europa è la Germania
di Cesare Sacchetti
La cruna dell’ago, 5 marzo 2020
Uno studio pubblicato dal New England Journal of Medicine ribalta completamente la narrazione che ci è stata proposta finora. Il primo caso di trasmissione umana del coronavirus in Europa è avvenuto in Germania, un mese prima del focolaio nel Nord-Italia. Tutti gli altri casi di trasmissione del virus sul continente europeo sono successivi al caso tedesco. La notizia era stata già riportata dal quotidiano britannico The Guardian lo scorso 30 gennaio, ma è stata completamente trascurata dal circuito mediatico italiano e internazionale.
La prospettiva in questo caso cambierebbe completamente perché ad infettare l’Europa non sarebbe stata l’Italia, bensì la Germania. L’Italia quindi sarebbe stata vittima di una enorme campagna di diffamazione internazionale. Una campagna alimentata dai media stranieri con la connivenza di quelli italiani che hanno completamente ignorato il caso tedesco.
Ma partiamo dalla ricerca in questione.
Lo studio del New England Journal of Medicine
Lo studio in questione è stato pubblicato dal New England Journal of Medicine, la rivista scientifica della società medica del Massachusetts. Si tratta di una delle più prestigiose riviste nel suo campo e la sua autorevolezza è indiscussa.
La ricerca ricostruisce meticolosamente la storia del primo caso di trasmissione umana di coronavirus in Europa.
Il paziente 1 è un uomo d’affari tedesco di 33 anni che è stato contagiato a Monaco di Baviera tra il 20 e il 21 gennaio. È in questi due giorni che il 33enne è entrato a contatto con il paziente zero, una sua collega cinese di Shangai giunta nella città tedesca per partecipare a degli incontri di lavoro. Il 24 gennaio, tre giorni dopo essere entrato a contatto con la donna, il paziente 0, l’uomo ha iniziato a manifestare i primi sintomi influenzali come gola secca, brividi e dolori muscolari. L’indomani i sintomi si sono aggravati ulteriormente fino al manifestarsi di una febbre alta di 39 gradi. Il 27 gennaio, il 33enne migliora spontaneamente fino a quando i suoi sintomi influenzali non spariscono del tutto.
Gli scienziati autori della pubblicazione fanno notare che la donna non ha manifestato alcun sintomo mentre si trovata in Germania. La collega di Shangai ha iniziato a sentirsi male infatti quando già aveva fatto ritorno in Cina, una circostanza riferita alla sua società che ha allertato quindi il suo collega tedesco. A quel punto, sono scattati i protocolli di rito. Il 33enne è stato portato al centro medico di malattie infettive di Monaco, dove è stato sottoposto al tampone faringeo e all’esame della saliva, esami che hanno entrambi confermato la sua positività al Covid19. L’uomo ha informato i medici che nei giorni successivi al suo recupero non ha più accusato alcun sintomo influenzale, ma è stato comunque sottoposto alle procedure di isolamento previste in questi casi.
Sono stati quindi ricostruiti tutti i passaggi del 33enne nei giorni precedenti al ricovero e il 28 gennaio è stato accertato che altri tre suoi colleghi di lavoro sono stati infettati dal virus. Tutti quanti sono stati conseguentemente messi in quarantena, ma nessuno dei tre ha manifestato una sintomatologia particolarmente grave.
La ricerca che hanno presentato i virologi è praticamente fondamentale per comprendere da dove può essere scaturito il focolaio che potrebbe aver infettato il resto d’Europa. È importante sottolineare il fatto che la collega cinese di Shangai ha contagiato il paziente 1, senza mostrare alcun sintomo di essere infetta da coronavirus. Gli altri tre colleghi che sono risultati positivi al Covid19 erano anch’essi praticamente asintomatici, e quindi potrebbero aver infettato a loro volta le altre persone che sono entrate a contatto con loro, senza che queste poi abbiano mostrato sintomi preoccupanti.
I virologi hanno anche fornito a questo proposito una interessante tabella cronologica che ricostruisce tutti gli spostamenti dei pazienti infetti.

Perché il caso della Germania è stato ignorato?
Se quindi c’è stato un primo focolaio accertato in Germania scaturito intorno alla terza settimana di gennaio, come si può accusare l’Italia d’essere stata l’untore d’Europa, quando qui i contagi sono esplosi solamente un mese dopo?
Soprattutto, perché non si è parlato prima di questo caso quando i fatti erano stati già resi noti il 30 gennaio?
In Italia, in quel periodo c’era una campagna di delegittimazione nei confronti di chiunque chiedesse misure di quarantena precauzionali nei confronti di chi rientrava dalla Cina.
Il governo PD-M5S e larga parte dei virologi italiani hanno gravemente sottovalutato i rischi di questa epidemia, e soprattutto non hanno preso minimamente in esame cosa stava accadendo in Germania in quel periodo.
Se difatti il focolaio tedesco di coronavirus fosse stato subito preso in considerazione, probabilmente si sarebbe potuta prendere in considerazione l’eventualità di adottare le adeguate misure previste in questi casi.
I pazienti infettati a Monaco non manifestavano sintomi. Potrebbero essere entrati a contatto con persone che a loro volta avrebbero potuto infettare altri pazienti nel Nord-Italia?
I virologi italiani si sono premurati di fare un’indagine epidemiologica sul caso tedesco? Questa storia sta costando carissima all’Italia non solo in termini di reputazione internazionale, ma soprattutto anche per ciò che riguarda le conseguenze sulla già fragile economia nazionale.
Una recessione è alle porte, mentre i media internazionali come la CNN mostrano mappe diffamatorie per far passare l’idea che l’Italia stia infettando il mondo.

La mappa della CNN che accusa l’Italia di essere l’untore del mondo.

In tutta questa storia, l’unica preoccupazione dei media italiani è stata quella di screditare chi presentava gli studi di scienziati seri che hanno portato seri elementi a sostegno della tesi che il coronavirus sia il prodotto di un esperimento di laboratorio.
Nessuno però si è premurato di parlare di questo importantissimo studio che riguarda la Germania. Nessuno, in altre parole, ha cercato di mostrare un po’ di verità e di restituire dignità ad un Paese che ha subito un vero e proprio sciacallaggio internazionale.
L’Italia è stata vittima di una coordinata campagna mediatica diffamatoria e forse potrebbero sussistere anche gli elementi per aprire un’inchiesta giudiziaria.
Il problema è trovare dei magistrati disponibili a indagare su questo. Probabilmente sono troppo impegnati a chiedere di processare chi ha cercato di fermare il traffico di esseri umani.

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