Fratelli d’Italia nel bene e nel male. Il SARS-CoV-2 dal Nord ha raggiunto il Sud

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“Cittadina di Napoli” ha lanciato su Petizioni.com un appello “Fermo momentaneo delle attività non indispensabili”, rivolto agli amministratori della Città di Napoli, causa SARS-CoV-2:

Molti come noi si sono ritrovati in un clima di terrore rispetto la situazione del nuovo corona virus che sta mettendo in ginocchio molti paesi. Da una parte chi ci dice di non allarmarsi, dall’altra chi invece sostiene che la situazione è più preoccupante di quel che si pensa. Le autorità ci dicono che si guarisce, eppure se una persona che contrae il virus è capace di guarire ciò non implica che non contagerà qualcuno che non ha un sistema immunitario pronto per debellare questo virus di cui non si sa poi molto.
In particolare a Napoli viviamo una situazione piuttosto grave, i pendolari, gli studenti e tutti coloro che ogni giorno sono costretti a usufruire dei mezzi pubblici lo sanno, viaggiamo in maniera disumana. Le autorità competenti ci dicono che le attività continueranno normalmente ma di rispettare i criteri di sicurezza, come la distanza da tenere, e questo a noi cittadini fa arrabbiare: come puoi continuare ogni giorno ad andare a lavoro o a scuola normalmente rispettando questi criteri se in primis nei mezzi di trasporto pubblico sei impossibilitato nel rispettarli?
Per non parlare delle scuole e degli uffici, o delle stesse università. La disinfettazione è di certo utile ma non debella il problema in quanto anche un ambiente sterile può essere pericoloso se un singolo ha contratto il virus.
La preoccupazione verte soprattutto sui genitori di bambini che preoccupati decidono di non mandare i piccoli a scuola, ma al tempo stesso sono preoccupati per le ore di assenza che dovrebbero essere giustificate.
La decisione di creare questa petizione è nata proprio per dare ascolto a tutti coloro con cui mi sono trovata a confrontarmi, coloro che commentano o inviano e-mail e messaggi al sindaco di Napoli, ma che purtroppo non vengono presi in considerazione.
Un sindaco ha il dovere di ascoltare la voce dei suoi cittadini e forse raccogliendo delle firme potremmo finalmente far sì che la nostra voce possa arrivare a chi di competenza.
Chiarite le seguenti motivazioni, noi cittadini chiediamo l’interruzione delle attività non indispensabili almeno per il periodo di tempo utile a capire come si evolva il rischio del nuovo virus.

Il nuovo Coronavirus (SARS-CoV-2) è un virus respiratorio responsabile dell’attuale epidemia di COVID-19 con esordio a Wuhan, in Cina, nel dicembre 2019. Per certi aspetti, la sintomatologia d’esordio della COVID-19 simula quelle delle più comuni infezioni alle vie respiratorie, tra cui il raffreddore e l’influenza stagionale: febbre, tosse, dolori muscolari, difficoltà respiratorie ecc.

COVID-19 (COronaVIrus Disease-2019) è la sindrome respiratoria provocata dal nuovo Coronavirus, dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease (malattia) e “19” indica l’anno in cui si è manifestata per la prima volta.

SARS-CoV-2 (Coronavirus 2 della SARS) – acronimo dall’inglese Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 (Sindrome Respiratoria Acuta Grave Coronavirus 2) – è il nuovo nome assegnato al nuovo Coronavirus dall’International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV) sulla base delle indicazioni di un team di esperti appositamente incaricati di studiare l’agente virale. Questi scienziati hanno, infatti, identificato il Coronavirus 2019-nCoV come strettamente correlato – per intenderci, è paragonabile al “fratello” – di quello che ha provocato la SARS, ovvero SARS-CoVs. Per l’appunto, SARS-CoV-2 sta per Sindrome Respiratoria Acuta Grave Coronavirus 2 (dall’inglese “Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2”).

I Coronavirus sono una vasta famiglia di agenti infettivi che causa malattie che vanno dal raffreddore a malattie più gravi, come la sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la sindrome respiratoria acuta grave (SARS).

Sulla base dei dati epidemiologici ad oggi disponibili, emerge che l’infezione da Coronavirus 2019-nCoV può causare sintomi respiratori lievi-moderati nella maggior parte dei casi (tra cui naso che cola, mal di gola, tosse e febbre). Alcuni pazienti che contraggono il nuovo Coronavirus, possono sviluppare una polmonite e/o necessitano del ricovero in terapia intensiva. nCov è la sigla utilizzata per indicare il nuovo Coronavirus, ora denominato SARS-CoV-2 e già denominato 2019-nCoV. “Nuovo” Coronavirus perché il ceppo non mai stato identificato nell’uomo; gli effetti dell’agente virale sono stati segnalati per la prima volta a Wuhan, in Cina, nel dicembre 2019 (da cui la nomenclatura 2019-nCoV o l’iniziale denominazione “Coronavirus di Wuhan”).

Usando la pazienza, evitando l’isteria, si può ridurre la velocità della diffusione per non mettere in ginocchio il sistema sanitario. E soprattutto, lavarsi le mani, spesso e nel modo idoneo:
Utilizzare sapone ed acqua corrente, preferibilmente calda
Lavare accuratamente tutte le superfici, compresi i polsi, i palmi ed il dorso delle mani, le dita e lo spazio al di sotto del margine libero delle unghie
Sfregare le mani tra di loro e strofinare tutte le superfici per almeno 20 secondi
Risciacquare abbondantemente
Asciugare le mani con l’apposita carta usa e getta, con un asciugamano personale pulito o con un dispositivo ad aria calda
Qualora il lavandino sia dotato dei vecchi rubinetti o dei più moderni ma antigienici miscelatori, questi andrebbero chiusi con le mani protette dalla carta usa e getta
Eventualmente, applicare una crema idratante per prevenire le irritazioni dopo l’utilizzo di detergenti troppo aggressivi o dopo un lavaggio prolungato

Aggiornamento
Ho ricevuto un messaggio privato, al riguardo dell’ appunto nel mio articolo, circa le precauzioni da osservare nei tempi di Coronavirus e mi compiace di condividerlo, perché mi ricorda che ho sempre ricordato di lavarsi le mani (letteralmente, non nel senso di declinare ogni responsabilità, lasciando che la decisione venga presa da qualcun altro, che allude al passo del Vangelo, in cui Ponzio Pilato, lavandosi le mani davanti al popolo, dichiarò di non essere responsabile della morte di Cristo): “Ricordo ai tempi dei Media Center in Vaticano, che il Coordinatore Generale, in tempi non sospetti, ricordava spesso a tutti di lavarsi le mani. Da umile gendarme di servizio, leggevo le disposizioni che il Comandante del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, Dott. Domenico Giani, diramava con l’ordine di servizio a tutti i gendarmi di ordine e grado in tutto lo Stato della Città del Vaticano, allegando le linee guida dettagliate del Coordinatore Generale del Media Center. Mi ricordo bene la firma di Vik van Brantegem, Coordinatore Generale di fama internazionale”.

Ecco il Coronavirus dal nord ha raggiunto anche il sud, che hanno tenuto nascosto. Si può prevedere a breve decine di casi positivi tutti insieme nel Mezzogiorno. L’omertà in tempi di Coronavirus non paga affatto.
Ieri, il sito Zoom24,it-Dentro la Calabria – una lente d’ingrandimento sulla Calabria – l’ha dimostrato. Zoom24.it è una nuova realtà editoriale del vibonese, con l’ambizione di informare quotidianamente i calabresi con la tempestività di un’agenzia di stampa e la completezza della carta stampata. Più di un giornale on line, al passo con i tempi, sempre dentro i fatti ed oltre la notizia. Non una redazione qualsiasi, ma una vera e propria squadra composta da giornalisti e collaboratori di grande qualità, ciascuno specializzato nel suo settore, che racconta i fatti con il suo stile e le sue competenze, ma sempre in maniera asciutta e diretta. Prima i fatti, poi le opinioni; severi,, onesti e leali; scomodi, ma anche attenti e puntuali, dando notizie in tempo reale, raccontando storie, approfondendo i fatti dentro la Calabria.
Zoom24.it racconta di un docente universitario della Facoltà di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria che è risultato positivo al Coronavirus. È siciliano e dunque non è conteggiato tra i calabresi infettati dal virus. Nelle ultime settimane ha frequentato le sedi reggine dell’ateneo solo in modo fugace, ma per precauzione è scattato il sistema di prevenzione. Il direttore del dipartimento di Agraria, Dott. Giuseppe Zimbalatti, ha inviato una comunicazione a tutti i colleghi invitando coloro i quali avessero avuto contatti con il docente positivo al Coronavirus nei giorni successivi al 19 febbraio, a “comunicarlo tempestivamente al proprio medico di famiglie, come da linee guida ufficiali emanate dagli organi preposti”. La comunicazione non era stata inoltrata a studenti o altri operatori universitari perché dopo il contagio il professore non ha tenuto lezioni o altre attività accademiche a Reggio Calabria. In ogni caso, per precauzione, il Rettore ha disposto la chiusura di tutte le sedi dell’Università reggina dal 4 all’8 marzo per consentire la disinfezione dei locali. “Le sedute di laurea programmate dal 4 al 19 marzo 2020 si svolgeranno in presenza dei soli laureandi, assicurandone la pubblicità dall’esterno della Cittadella universitaria, anche per parenti e ospiti, attraverso i canali telematici predisposti. Nella consapevolezza di condizionare il momento di gioia legato al raggiungimento dell’ambito traguardo, tale misura, già preannunciata e poi meditata e maturata con la giusta attenzione e con grande dispiacere, si rende purtroppo necessaria per la tutela della salute“, si legge in un comunicato dell’ateneo.
Secondo le prime ipotesi, il professore potrebbe aver contratto il Coronavirus durante il XVII Convegno AISSA che si è tenuto all’Università Mediterranea di Reggio Calabria tra 17 e 18 febbraio da qualche relatore proveniente dal Nord Italia, ma è più probabile che il contagio si sia verificato a Udine, dove 20 e 21 febbraio presso la prestigiosa sede settecentesca di Palazzo Garzolini di Toppo Wassermann, s’è tenuto un importante convegno internazionale di agronomi intitolato “Sistemi rurali resilienti e sostenibili: dall’azienda al territorio“. Durante il convegno sono stati contagiati decine di docenti universitari di tutt’Italia, soprattutto del Friuli Venezia Giulia dove sono già stati accertati numerosi casi collegati al convegno.
Zoom24.it riporta anche la notizia della positività di tre docenti dell’Università di Catania, che sono tenuti sotto osservazione ma al momento non hanno sintomi nonostante siano già passati 11 giorni dal contagio. In ogni caso, anche l’Università di Catania ha disposto la chiusura delle sedi del dipartimento di Agricoltura, alimentazione e ambiente dell’ateneo fino a sabato 7 marzo 2020 per provvedere alla disinfezione dei locali. “Il ministero dell’Università e della ricerca e le autorità sanitarie regionali -si scrive in una nota – sono stati tempestivamente informati in merito alla situazione, al fine di valutare e concordare eventuali ulteriori misure restrittive da adottare”

Infine, condivido anche l’articolo dell’amico e collega Renato Farina, su Libero in edicola oggi, 4 marzo 2020. Alcuni dei suoi “colleghi”, che dovrebbero stare lontano dal mondo della comunicazione sociale, si sono spenti le sinapsi e hanno commentato: “Libero è quasi felice perché il Coronavirus è arrivato anche al Sud”; “Non è una manna dal cielo per rinverdire gli antichi fasti dell’Unità d’Italia”; “Così come nella tragedia c’è sempre un filo di commedia e viceversa, Libero – ormai dedito a spegnere il fuoco dell’emergenza Coronavirus – oggi esulta per una “buona notizia” di quelle che in effetti non bisogna perdersi: l’infezione crea l’unità d’Italia perché il virus è partito alla conquista del Sud”. Non meritano un commento, solo una pernacchia sonora.

Fratelli nel bene e nel male
Il virus conquista pure il Sud e fa l’unità d’Italia
Trenta infetti in Campania, 11 nel Lazio, 5 in Sicilia e 6 in Puglia: ora sì che siamo tutti fratelli, finita la caccia all’untore del Nord. Emergenza in Lombardia: 55 morti, si allarga la zona rossa
Appello del governo: nonni, state a casa e non toccate figli e nipoti
Il contagio non fa alcune distinzione: è il momento di fare fronte comune contro il nemico che cerca di piagarci nella paura
di Renato Farina
Libero, 4 marzo 2020
Il mantello rosso scuro del Coronavirus copre tutti quanti. L’Italia ne è stata interamente avvolta. Non ne spunta fuori neppure la punta del piedino (la Calabria) o un pezzetto di tacco o lo sperone dello Stivale (la Puglia). Neppure le isole sfuggono a questo tetro impacchettamento. Qui proviamo a prenderla in positivo. Dove faticano gli ideali può la convenienza. Chi sono gli italiani? «Le genti del bel paese là dove ‘l sì suona» come scrisse Dante, non a caso in un canto dell’Inferno. Siamo accomunati da un «sì». Oggi è il caso si traduca in un sì alla lotta insieme contro la bestia, che non è un samurai invincibile.
Questa unità è un fatto inesorabile, consacrato paradossalmente dal Covid-19. L’ultimo a provarci a dividere l’Italia in tre o quattro zone è stato il governo. Non gliene facciamo una colpa: ha tirato delle righe per giustificate ragioni di differente profilassi. Nel mondo non lo fanno più. Nostro malgrado il virus impasta oggi i diversi dialetti e accenti. Uniforma i caratteri nazionali: dalla Valle Aurina a Lampedusa, dalla valle Stretta delle Alpi Cozie al faro di Capo d’Otranto siamo considerati nel mondo italiani e basta. Ci trattano senza filologiche distinzioni tra il tipo milanese-polentone e quello napoletano-terrone come untori a identico titolo. Lo abbiamo visto a New York nel trattamento riservato in aeroporto ai nostri connazionali fossero di Viggiù o di Canicattì. La Cina affibbia ai nostri viaggiatori che capitino là, provenienti da Ragusa o da Bolzano, la medesima quarantena. Idem in India e Madagascar. Siamo italiani, punto. Gli altri ci vedono così. Adeguiamoci.
Controprova. Alle ore 15 di ieri il sito più seguito del pianeta (coronavirus covid-19 global cases by johns hopkins csse) conteggiava i contagiati del mondo intero: 91.320. La grafica mostra una mappa nera, somiglia a una gualdrappa funeraria. Essa è cosparsa di cerchi rossi che si allargano, corrispondono all’intensità e all’estensione dei casi. Da lì si risale alla classifica. Siamo terzi, primo Stato extra-asiatico. C’è scritto: Italy, 2036. Siamo un’unica sfera di fuoco, non esiste nessuna delle venti Regioni che sia lontano dai dentini del morbo.
Il campanello è squillato per ultimo in Basilicata: c’è un pacco di Coronavirus per te. Una volta penetrato in un luogo, alzare muri fra latitudini e dialetti, è un esercizio fragorosamente idiota, vanno concentrate le energie e le risorse per ritardare la proliferazione. Il Covid-19 uccide poco, abbiamo detto, ma spompa le energie mentali del popolo attraverso l’arma del panico. Si diffonde con facilità, e il terrore lo aiuta a bucare l’acciaio della prevenzione, perché l’irrazionalità provocata dallo spavento conduce ad ammassarsi dove non si dovrebbe.
Usando la pazienza, evitando l’isteria, si può ridurre la velocità della diffusione per non mettere in ginocchio il sistema sanitario. Mostrarsi uniti tutela l’immagine della nostra nazione, impedendo così che al danno sanitario ne segua uno spaventosamente più grave sul lato economico. I guasti alla produzione e al commercio, al turismo e allo sport, c’entrano eccome nel tempo con lo stato di salute o meno del corpo nazionale. Un crollo del reddito pro capite e di quello generale determinerebbe una diminuzione delle prestazioni mediche e ospedaliere, colpendo specie la cura degli anziani non autosufficienti e dei malati cronici. In Grecia è successo con la crisi finanziaria e l’avvento delle misure draconiane volute dall’Unione europea con un taglio spaventoso della spesa per la sanità.
Agli occhi del resto dell’umanità siamo oggi fratelli d’Italia. Sarebbe il caso di prenderne atto, abrogando però il detto fratelli-coltelli. Stupido, e persino criminale, sarebbe insistere nel guardarsi con malanimo e propositi di rivalsa. E’ successo nei giorni scorsi. Ai siciliani la paura ha dettato il proponimento di rifiutare vitto e alloggio per le prossime vacanze ai turisti del Settentrione (un peccato in cui è incorso persino l’ottimo governatore Nello Musumeci), dalla Lombardia ha risposto il dichiarato proponimento di restituire con gli interessi queste porte chiuse in faccia. A un certo punto, il presidente dell’Ordine dei biologi, Vincenzo D’Anna, simpaticissimo campano, ha tirato fuori la storia che questo virus era figlio delle industrie del nord. Da Pavia, un consigliere comunale ha replicato mitragliando a raggiera contro i partenopei stravaccati nella monnezza e i francesi che non hanno il bidet. Stop. Fermiamoci, e affratelliamoci. Coi francesi vedremo poi. Intanto cominciamo tra noi. Sarebbe bello se l’imperativo nascesse da un trasporto affettivo determinato dalle comuni radici cristiane, sia pure diversamente concimate da sant’Ambrogio e da san Gennaro. O che il moto della coesione nazionale fosse frutto di patriottismo risorgimentale, innescato dall’Inno di Mameli. Nell’attesa, accontentiamoci di un’alleanza contro il Nemico comune. Pescando nel profondo, riascoltiamo la voce di Don Camillo-Fernandel cui Giovannino Guareschi presta parole meravigliose, alquanto attuali.
«Non è la prima volta che il fiume invade le nostre case, un giorno però le acque si ritireranno ed il sole ritornerà a splendere. Allora ci ricorderemo della fratellanza che ci ha unito in queste ore terribili e con la tenacia che Dio ci ha dato ricominceremo a lottare perché il sole sia più splendente, perché i fiori siano più belli… Dimenticheremo le discordie, e quando avremo voglia di morte cercheremo di sorridere… Le campane daranno l’annuncio del risveglio». (“Il ritorno di Don Camillo”, scena finale. Alluvione del Po, 1951).
Qualcuno sta dando segnali di quell’intelligenza di cui il nostro popolo non è mai stato privo, specie in basso alla piramide sociale. In Puglia sono apparsi cartelli guareschiani: «Qui si affitta a lombardi e veneti. Questa estate venite in Puglia». Morale e razionale. E’ un inno all’istinto di sopravvivenza oltre che alla fraternità. Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte, ma meglio farlo per vivere tutti e meglio.

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