“Un beau geste”, che si pronuncia coronavairus. Preghiamo l’Onnipotente a darci politici, non solo venditori di bibite allo stadio

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Rido per non piangere, però la cosa si fa drammatica. “Come abbia potuto Mattarella lo scorso settembre nominare e oggi tranquillamente (?) accettare che a dirigere la nostra politica internazionale sia una coppia [De Maio-Conte] senza alcuna arte né parte, priva di qualunque autorevolezza nel mondo e consenso in questo paese”, si chiede l’amico e collega Renato Farina nel suo articolo su Libero di oggi, che condivido qui.

Ministro degli Esteri sparito. Annientato dal Corona “vairus”
Gigino inadeguato. Si ritiri, se ha una coscienza
L’Italia è isolata, per l’epidemia ma anche per la passività in Libia e Siria. Ormai le gaffe del ministro fanno soltanto piangere
di Renato Farina
Libero, 3 marzo 2020
Luigi Di Maio ha detto una parola solo che tutti ricordano sull’epidemia, e sarà tramandata come opera letteraria degna della statura umanistica e scientifica di questo governo che regge l’Italia: “Coronavairus”. Ha pronunciato proprio così il termine “virus”: vairus. All’inglese, come il riso e come il roast-beef. Com’è potuto accadere? Questa ignoranza non è un incidente, ma il sigillo dello stato di questo Paese, guidato oggi, in un dicastero importantissimo, diremmo decisivo con quel che sta accadendo intorno a noi, da un signore che non passerebbe la terza media. Vorremmo tanto sorridere della cultura cosmopolita del nostro ministro degli Esteri il quale ha stabilito che “virus” non è un lemma universale prestato al mondo dal latino (virus=veleno, sostantivo neutro di seconda declinazione), ma un curiosa mescolanza tra una nota birra messicana e un bacillo anglo-cinese.
Ma non ci va più di scherzare. Il caso si fa drammatico. E non riusciamo a comprendere, con tutta la stima che nutriamo per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, come abbia potuto lo scorso settembre nominare e oggi tranquillamente (?) accettare che a dirigere la nostra politica internazionale sia una coppia senza alcuna arte né parte, priva di qualunque autorevolezza nel mondo e consenso in questo paese. L’altro componente del duo è Giuseppe Conte, autore l’anno scorso del più incredibile cedimento al tiranno cinese, che nemmeno Togliatti con Stalin al tempo dei nostri alpini nei gulag.
Si osservi il quadro internazionale tempestoso nel quale l’Italia si colloca per ragioni di geografia, non modificabili per decreto da Conte e con un guizzo linguistico da Di Maio, che magari ci sposti dalle parti della Scandinavia, come quando dichiarò la Russia come Paese mediterraneo.
Elenchiamo.
Covid-19, anzi Covaid-19. Siamo stretti da un cordone sanitario che va da Washington (Usa) a Antananarivo (Madagascar), i nostri cittadini sono trattati a pesci in faccia come untori, nella passività assoluta a proposito del rispetto che meritiamo. Sul tema delle frontiere abbiamo assistito a un intervento con la daga tra i denti, a minacciare Slovenia e Burgundia, tale ministro senza portafoglio dei rapporti regionali Francesco Boccia.
La Libia. La pace patrocinata dalla Merkel a Berlino si è rivelata di cartapesta. La Turchia ha mandato migliaia di tagliagole filo-Isis e Al Qaeda a sostenere il presidente Serraj. Il generale Haftar rifocillato di armi da Russia, Egitto, Arabia, Emiratini, Francia (e pure dagli Usa), non demorde. Noi stiamo sospesi a metà, leggeri come fantasmi, con la mascherina ridente di Di Maio. Non stiamo in mezzo come mediatori. Ma ai margini come gli scemi del villaggio internazionale. Ben che vada, rischiamo il petrolio dell’Eni e importiamo masse disperate di profughi, con un numero discreto di terroristi ad essi mescolati.
La Siria. La rottura tra Russia e Turchia ha scatenato un’ulteriore fiammata di guerra nella regione di Idlib. I cristiani qui vivono oggi perseguitati, depredati dei raccolti, sotto il tallone dei sunniti tra cui numerosi miliziani del Califfo, appoggiati oggi da Erdogan. Centinaia di migliaia di disperati attraverso la Turchia puntano sulla Grecia. Erdogan li usa come bombe umane a orologeria onde ottenere altri tre miliardi per contenerli in casa propria. L’Europa balbetta, e noi a Bruxelles abbiamo una sola fiche da giocare: la useremo per farci dare via libera allo sforamento del deficit, in modo da coprire costi e lanciare investimenti così da contrastare il Corona e dare ossigeno all’economia percossa da una crisi di sostanza e di immagine causata dall’esecutivo rosso-giallo.
Oggi occorrerebbe una personalità che, avendo alle spalle un governo autorevole, sostenuto dall’approvazione dei cittadini, sappia tutelare il nostro interesse nazionale. Conosca l’arte, grazie alla credibilità del nome e della propria storia, mostrarne la consonanza delle nostre proposte con il bene degli altri, amici o meno amici che siano. L’Italia è al centro dello tsunami perfetto, che unisce a fattori sanitari, quelli di un ordine mondiale che sconta l’abbandono americano del campo mediterraneo (gli basta tutelare Israele) e di un’Europa dove ormai tutti giocano contro tutti, e Macron ci sta comprando per due soldi onde trasformarci in suoi ascari nel confronto con una Germania indebolita.
Finita l’epoca dei Cossiga, dei Craxi e degli Andreotti, l’ultimo esempio di prestigio e di capacità di far ruotare il mondo intorno a Roma, resta Silvio Berlusconi. Nel maggio 2002 riuscì ad attrarre a Pratica di Mare, in un esempio non più ripetuto di concordia internazionale, George W. Bush, Vladimir Putin, Tony Blair, Gerhard Schröder, Jacques Chirac, José Maria Aznar. C’era la Turchia ma non Recep Tayyip Erdogan. Berlusconi riuscì a recuperarlo all’intesa in anni successivi. Adesso i grandi, ma anche i piccoli, devono aver chiuso Gigino Di Maio nel ripostiglio delle scope. Qui non si discute della splendida macchina della Farnesina, ma di chi non è capace neppure di mettere la freccia e innestare la prima.
Per favore, se hai coscienza, ritirati Di Maio, sarebbe un bel gesto. In francese beau geste. Si pronuncia coronavairus.

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