I credenti ai tempi di Coronavirus. Chiese e scuole chiuse, bar e centri commerciali aperti

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Nelle Lettere di Berlicche il diavolo esperto dice: “È buffo che i mortali ci rappresentino sempre come esseri che mettono loro in testa questa o quella cosa: in realtà il nostro lavoro migliore consiste nel tenere le cose fuori della loro testa”. In questi giorni segnati dalla faccenda del coronavirus i pastori, tranne rare eccezioni, fanno a gara nel tenere ben fuori dalla nostra testa l’idea che Dio possa guarirci e salvarci. L’importante è applicare rigorosamente le indicazioni della prefettura. La “Chiesa in uscita” ha chiuso fuori i fedeli. La “Chiesa ospedale da campo” al momento buono ha scelto la sanificazione, non la santificazione. Amen (Aldo Maria Valli).

C’è anche chi va controcorrente: il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, mons. Massimo Camisasca, anziché chiudere le chiese, ha invitato tutti i fedeli ad unirsi a lui nella recita, lunedì scorso, del Santo Rosario nella Basilica della Ghiara, invocando la protezione della Beata Vergine Maria per il popolo cinese colpito dal coronavirus, per gli ammalati ed affinché l’epidemia venga tenuta lontana dall’Italia.
Sembra che i vescovi formati alla scuola di Don Giussani reggono.

Da leggere anche: Il Messaggio del Vescovo di Pavia in riferimento al Coronavirus – 26 febbraio 2020 (un altro vescovo cresciuto alla scuola di Don Giussani).

Dato la singolare situazione che stiamo vivendo in questi giorni dominati dall’emergenza provocata dal Coronavirus [“Combattere il Coronavirus 2019-nCoV con il Rosario e con la Santa Messa. Adesso più che mai e più di prima” – 24 febbraio 2020], condivido dal blog Duc in altum di Aldo Maria Valli l’articolo del 27 febbraio 2020 “Il coronavirus, la Chiesa le distopie realizzate”.

Faccio seguire un’articolo di Aurelio Porfiri sul suo blog del 22 febbraio 2020 “Gregorio Magno, Enzo Bianchi, Giovanni Cavalcoli e i sette salmi penitenziali al tempo del coronavirus”. Voglio sottolineare che come Commendatore dell’Ordine di San Gregorio Magno sono particolarmente devoto a questo santo pontefice.

Quindi, un articolo di Mauro Faverzani “Coronavirus: chiese chiuse, bar e centri commerciali aperti” del 26 febbraio 2020 su Corrispondenza Romana.

Concludo con un’articolo di Marco Tosatti “Un frate attraversa Milano. E benedice con il Santissimo” su Stilum Curiae del 27 febbraio 2020.

Colgo l’occasione per segnalare che:

1. Il numero del contagio da Coronavirus è in crescita: i contagiati sono 530, di cui 474 in assistenza, 42 guariti e 14 morti. L’allarme dell’ospedale di Cremona (vicino: ma non all’interno della «zona rossa» del Lodigiano): «Non sappiamo più dove mettere i pazienti». Mercoledì sera i malati erano 81, di cui 42 con polmonite e 18 gravi. Alcuni spostati a Pavia e al Niguarda di Milano «per liberare posti». Al San Paolo di Milano un anestesista si sente male: è positivo, scatta l’emergenza. E se è vero che alcuni pazienti guariscono in pochi giorni, altri sono gravi e hanno bisogno di una terapia intensiva. Però, i letti non sono infiniti, soprattutto nei reparti di rianimazione. Quanto potrà reggere il sistema sanitario italiano? Arriverà mai il giorno del collasso in cui non ci sarà più posto? Senza tratteggiare scenari apocalittici, gli ospedali stanno iniziando a fare due conti su capienze e disponibilità di personale. Ad oggi l’organizzazione funziona bene, ma i problemi potrebbero arrivare nel caso in cui si dovesse superare la quota di 4mla posti letto occupati. Oltre quel numero i reparti di rianimazione non sarebbero più in grado di dare un letto a tutti i pazienti da isolare.
In Cina non hanno costruito nuovi ospedali per caso.
Se la sanità italiana non regge… quella vaticana come farà? Nello Stato della Città del Vaticano le autorità sanitarie fanno “il copia e incolla” con le disposizioni dello Stato italiano, come nella Comunicazione della Direzione di Sanità e Igiene SCV c’è il riferimento al Sito del Governo italiano. Poi il foglio della comunicazione e fatta senza un numero di protocollo, senza la firma del direttore o di un responsabile sanitario vaticano. sSlo la carta intestata Direzione Sanità e Igiene. Certe scelte lasciano perplesso, penose.

2. Data la situazione, Aldo Maria Valli ha deciso, parafrasando “L’amore ai tempi del colera” di Gabriel García Márquez, di aprire con il suo blog Duc in altum un canale di comunicazione che ha chiamato “I cattolici al tempo del coronavirus”. Lo spazio è a disposizione di chi volesse scriverlo, utilizzando la sua pagina Facebook. Presento i primi tre contributi:
– Lo spazio si apre con due testimonianze, una da Bologna e una da Milano. Qui il testo.
– Segue un contributo di Valli per la rubrica “La trave e la pagliuzza” di Radio Roma Libera., ho pensato che potesse andar bene anche per lo spazio I cattolici al tempo del coronavirus. Spazio a disposizione, lo ricordo, di tutti voi che vorrete scrivermi, alla pagina Facebook, per raccontare che cosa sta succedendo lì dove vivete: “I parroci che ci piacciono”. “L’ho fatto perché l’Eucarestia è la cosa più importante che abbiamo nella vita”. Don Gabriele, il parroco di Castiglione d’Adda, risponde così a chi gli chiede ragione del suo gesto, cioè benedire con il Santissimo sul sagrato deserto, suonare le campane e non rinunciare alla Messa, anche se celebrata senza la presenza fisica di fedeli. Castiglione d’Adda, in provincia di Lodi, si trova nel pieno del focolaio del coronavirus. Anche qui, dunque, sante Messe vietate, per evitare assembramenti e contatti fra le persone. Ma don Gabriele non si è limitato ad applicare burocraticamente le direttive delle autorità civili. Ha invece voluto celebrare la Messa in unione spirituale, spiegando che “questa privazione ci aiuterà a desiderarla ancora di più”. Qui il testo.
– Prosegue la serie di testimonianze, da Genova, Cremona, Tokyo e Milano. Qui il testo.

Tosse e respiro affaticato per Papa Francesco: costretto a rinunciare a confessioni clero. Una “lieve indisposizione”, confermata dal Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni e il Papa dunque non è andato questa mattina alla Basilica romana di San Giovanni in Laterano per la prevista liturgia penitenziale di inizio Quaresima col clero romano, in cui avrebbe anche confessato dei sacerdoti. Il discorso del Santo Padre è stato letto dal Cardinale Angelo De Donatis, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma. “Effettivamente non andrà in Laterano – aveva confermato all’ANSA Matteo Bruni -: una lieve indisposizione, per cui ha preferito restare negli ambienti vicini a Santa Marta. Gli altri incontri procedono regolarmente”. Già nella giornata di ieri, sia durante l’Udienza generale in Piazza San Pietro nella mattina, sia nel corso della processione e della Messa nel pomeriggio all’Aventino per il Mercoledì delle Ceneri, il Santo Padre aveva mostrato segni di un’indisposizione da raffreddamento, con voce debole e rauca durante la catechesi in piazza e respiro affaticato e frequenti colpi di tosse durante la processione tra la chiesa di Sant’Anselmo all’Aventino e la Basilica di Santa Sabina.

Il coronavirus, la Chiesa e le distopie realizzate
di Aldo Maria Valli
Duc in altum, 27 febbraio 2020
Piazza San Pietro vuota per l’udienza settimanale del papa; Sante Messe senza fedeli e trasmesse in televisione; vescovi che benedicono gli uomini di scienza ma si guardano bene dall’implorare Dio onnipotente; un teologo cattolico che dice che la quaresima non è tempo di mortificazioni e di penitenza.
Fino a poco tempo fa un quadro del genere lo avremmo definito distopico, applicabile a un mondo futuribile nel quale la Chiesa esiste solo come facciata ma è internamente morta e i suoi stessi rappresentanti hanno adottato il linguaggio e le logiche del mondo.
Oggi vediamo che questa, invece, è semplicemente la realtà. E la vicenda del coronavirus, sviluppatasi proprio in concomitanza con l’inizio della quaresima, è servita a portarla alla superficie in modo ancora più evidente.
“I sacrifici e le penitenze centrano l’uomo su sé stesso, sulla propria perfezione spirituale, e nulla può essere più pericoloso e letale di questo ingannevole atteggiamento, che illude la persona di avvicinarsi a Dio quando in realtà serve solo ad allontanarla dagli uomini”. Scrive così il teologo secondo il quale la quaresima non è tempo di penitenza. Il male è allontanarsi dagli uomini. Buffo però che questa Neochiesa umanitaria, di fronte a un virus che decide di fare di testa sua, per prima cosa allontani i fedeli.
In varie città del Nord Italia in questi giorni i fedeli e i preti che non accettano di assoggettarsi all’imposizione di non celebrare Sante Messe pubbliche si ritrovano per Messe clandestine, e pare che siano alquanto frequentate. Anche questa una situazione che fino a poco tempo fa avremmo definito distopica: invece è sotto i nostri occhi. Chi vuole restare cattolico e continuare a ricevere l’Eucaristia deve farlo di nascosto.
Un lettore che è andato a una di queste Messe clandestine mi ha detto di non poter riferire qual è la chiesa: “Sa, il parroco potrebbe subire ritorsioni”. Capite? Un uomo di Dio potrebbe subire ritorsioni per aver fatto il suo dovere, per aver risposto alla chiamata del Signore e non a quella del prefetto.
A Milano la Santa Messa dell’arcivescovo per l’inizio della quaresima ambrosiana sarà trasmessa in diretta televisiva, senza la presenza dei fedeli, e tutti si congratulano per la bella scelta. Milano, la città di san Carlo, il pastore che lottò indomito contro la peste mettendosi totalmente nelle mani di Dio. Siamo alla Messa virtuale. Il prossimo passo sarà sostituire il celebrante con un ologramma.
Nelle Lettere di Berlicche il diavolo esperto dice: “È buffo che i mortali ci rappresentino sempre come esseri che mettono loro in testa questa o quella cosa: in realtà il nostro lavoro migliore consiste nel tenere le cose fuori della loro testa”. In questi giorni segnati dalla faccenda del coronavirus i pastori, tranne rare eccezioni, fanno a gara nel tenere ben fuori dalla nostra testa l’idea che Dio possa guarirci e salvarci. L’importante è applicare rigorosamente le indicazioni della prefettura. La “Chiesa in uscita” ha chiuso fuori i fedeli. La “Chiesa ospedale da campo” al momento buono ha scelto la sanificazione, non la santificazione. Amen.

Gregorio Magno, Enzo Bianchi, Giovanni Cavalcoli e i sette salmi penitenziali al tempo del coronavirus
di Aurelio Porfiri
Aurelioporfiri.blogspot.com, 22 febbraio 2020
Ricordo che tempo fa, per una rivista di liturgia, posi in musica uno schema per la pratica dei sette esami penitenziali. Questa circostanza mi è venuto in mente adesso, nei giorni in cui anche il mio paese, l’Italia, è completamente preso dall’epidemia del coronavirus. Nuovi casi sono scoppiati improvvisamente in Lombardia e la paura delle persone comincia a crescere, dando anche luogo ad episodi di intolleranza che sono razionalmente, totalmente ingiustificati. No, come tutti sappiamo, la paura non è razionale, la paura e forse ancora più contagiosa del virus stesso, quindi è qualcosa con cui dobbiamo fare i conti, perché essa non si trasformi in psicosi che può andare facilmente fuori controllo. Coloro che hanno una prospettiva religiosa, cattolica, dovrebbero pensare che la preghiera è uno strumento importante in questi momenti così di ansia. Quando Roma era piegata da peste e miseria nel sesto secolo, Gregorio magno propose delle processioni di riparazione. Ad un certo punto, all’altezza di Castel Sant’Angelo, egli vide l’arcangelo Michele riporre la spada nella fondina, segno che quella emergenza era finita.
In un articolo su aleteia.it così vengono presentati i 7 salmi penitenziali: “Sono detti Salmi Penitenziali quelli che la Vulgata enumera come i salmi 6, 31, 37, 50, 101, 129 e 142. Più degli altri, possiedono sentimenti di penitenza, con cui il salmista constata la gravità del suo peccato e chiede a Dio il perdono immeritato. In questi sette salmi vediamo chiaramente la Maestà divina che viene insultata dal peccato, e di pari passo verifichiamo il vero – e pungente – esempio del salmista, che si pente completamente della cattiva azione commessa e implora da Dio indulgenza per i suoi crimini. Partendo da questo atteggiamento di contrizione nasce un’altra supplica: quella che Dio plachi la sua sana ira, e considerando l’infinita bontà divina il salmista prega Dio di alleviare il castigo. Da tempi immemorabili la Santa Chiesa ha adottato questi sette salmi per usarli come una “fonte penitenziale”, incutendo attraverso di loro nei fedeli il vero spirito di pentimento dei peccati e facendo sì che tutti si pentano delle proprie mancanze. Il risultato è che questi salmi figurano in vari momenti della vita della Chiesa – l’ufficio divino, la sacra liturgia, la recita quotidiana e silenziosa, il canto in coro. Origene affermava che il motivo che ha portato la Chiesa a scegliere sette salmi penitenziali equivaleva a sette modi con cui si acquisisce il perdono dei peccati: il Battesimo, il martirio, le elemosine, perdonando i peccati altrui, convertendo il prossimo, effondendo la carità e infine mediante la penitenza”. Ora, se è vero che Dio non vuole certamente il nostro male, può essere vero che Dio permette certe calamità per richiamare gli uomini alle proprie responsabilità. Ricordiamo la polemica che ci fu qualche anno fa e che coinvolse il padre domenicano Giovanni Cavalcoli, proprio in merito a delle sue affermazioni su questo argomento. In una riflessione su comunita-abba.it, il padre Cavalcoli precisa: “In Avvenire del 27 agosto scorso Enzo Bianchi ha pubblicato alcune sue riflessioni sul recente terremoto, e pensando di consolare gli afflitti e di dare una risposta illuminante al perchè Dio ha permesso una tale sciagura, rispolvera la ben nota eresia, secondo la quale «Dio non castiga», falsità contraria alla sana ragione, alla Sacra Scrittura, al Magistero della Chiesa e all’insegnamento di tutti i Santi; ma, secondo lui, Dio è sempre e solo «misericordioso» con tutti e porta tutti, credenti e non credenti, in paradiso. Un’asserzione dolciastra del genere, gravissima sulle labbra di chi dovrebbe essere un uomo di Dio, toglie agli sventurati quell’impareggiabile conforto che viene dalla nostra fede, aggiunge amarezza ad amarezza, lasciandoli nell’angoscia, e spinge a bestemmiare un Dio che sarebbe «buono» nel mandare i terremoti. Cerchiamo di rimediare alla “droga tagliata male” spacciata da Bianchi proponendo il vero insegnamento evangelico, e supponendo nel lettore la disponibilità all’ascolto della Parola di Dio. Il mistero cristiano non esclude la ragione, ed è meglio una medicina amara che una bevanda dolce ma avvelenata. Diciamo allora innanzitutto che Bianchi si dimentica che la misericordia solleva dalla sofferenza o la impedisce ; si dimentica altresì che, in linea di principio, la sofferenza è la pena del peccato. E quindi la sofferenza non dipende dalla misericordia, ma dalla giustizia. Sicché, chiamare «misericordioso» uno che mi maltratta, è una presa in giro. Dunque, quando Dio permette le sciagure, non dimostra immediatamente la sua misericordia, ma la sua giustizia. È assurdo e derisorio tentare di spiegare la sofferenza con la sola misericordia trascurando la giustizia. Questo non vuol dire che quando mi capita una disgrazia, ciò sia sempre la punizione divina per un peccato che ho commesso. Ciò può essere in certi casi; ma non è detto che sia sempre così. Infatti, in realtà, in questa vita accade che ci siano dei malfattori di professione che la fanno franca e degli innocenti senza colpa alcuna che sono colpiti da sventure…”. Insomma, siamo alle solite, con la svalutazione della giustizia a discapito della misericordia. Quindi, Dio può permettere certe sciagure per richiamarci in certi momenti della nostra vita privata o della vita pubblica di certi paesi e certe società. Certo, questo coronavirus tocca tutto il mondo, o quasi. Allora, con molta capacità di discernimento, una parola oggi molto di moda, dovremmo capire che cosa Dio ci vuole dire. Ripetiamolo, non bisogna pensare che questo Dio quasi “gioisca” di queste sofferenze. E come il genitore che mette in punizione il figlio per ottenere qualcosa di più alto, come un insegnamento morale o educativo; certamente non gode della sua durezza nei confronti della carne della sua carne, ma pensa che essa sia necessaria.
Ecco allora, che in questi tempi oltre alle misure sanitarie necessarie, che vanno certamente rispettate con grande scrupolo, la preghiera è veramente importante. Al tempo di Gregorio magno si poteva accettare di andare tutti in processione, ma oggi questo sarebbe poco praticabile, proprio perché sappiamo che far riunire più persone in uno stesso luogo quando è in atto un epidemia non è certamente una misura da incoraggiare. Ma la preghiera privata, il rosario, i sette salmi penitenziali, sono tutte cose che non possono che fare bene al nostro corpo, proprio perché fanno bene alla nostra anima.

Coronavirus: chiese chiuse, bar e centri commerciali aperti
di Mauro Faverzani
Corrispondenza Romana, 26 febbraio 2020
Nessun Comune della provincia di Cremona rientra nella «zona rossa», che ha viceversa bloccato ingressi e uscite in e dai Comuni delle province di Codogno e Lodi. Cremona non è isolata. Nella piazza principale, pur con alcune limitazioni orarie, i bar sono aperti, molti si fermano a bere un caffè tra amici, seduti serenamente ai tavolini, fanno capannello nei pressi dell’edicola, passeggiano spensierati, pochi sono muniti di mascherina, unico indizio di una città in allerta per la degenza presso il locale ospedale di due casi accertati di coronavirus «Covid-19» e di altri tre provenienti dal Lodigiano.
In funzione preventiva, come nelle altre realtà lombarde, il Sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, con un’ordinanza ha chiuso tutte le scuole per un paio di settimane, sospeso il mercato pubblico, le manifestazioni sportive e gli eventi pubblici. Chiuse anche le università e i cinema. In Prefettura si riunisce periodicamente il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, per monitorare costantemente la situazione. I centri commerciali però, pur essendo luoghi di aggregazione per eccellenza, senz’altro tra i più frequentati, sono affollati, i negozi pieni e le farmacie stracolme, soprattutto di gente a caccia di mascherine e disinfettanti, peraltro già esauriti ovunque: e tutto questo in quanto la stessa Prefettura non ha ravvisato, al momento, «elementi tali» da determinare la «chiusura di imprese o di esercizi commerciali», che dovranno tenere le serrande abbassate solo di sabato e domenica, trovandosi ora Cremona in «zona gialla». Eppure, con sorprendente tempestività, già sabato scorso il Vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, ha disposto in tutta la Diocesi l’immediata sospensione di qualsiasi celebrazione della Santa Messa a qualsiasi ora di qualsiasi giorno, festivo o feriale che sia, dispensando «i fedeli dall’obbligo del precetto festivo». Ma non solo: allo stesso modo ha cancellato catechesi, incontri di preghiera o eventi culturali e chiuso gli oratori, blindatissimi «fino a nuova disposizione». La stessa celebrazione dei funerali «è consentita invitando i familiari a circoscrivere la partecipazione ai soli parenti stretti».
Il giorno dopo un’ordinanza, firmata dal ministro della Salute, Speranza, e dal presidente di Regione Lombardia, Fontana, ha disposto sì la sospensione di tutte le manifestazioni pubbliche, «comprese le cerimonie religiose», ma solo nei Comuni della “zona rossa”, quelli cioè isolati ovvero Codogno, Castiglione d’Adda, Casalpusterlengo, Fombio, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo e San Fiorano. Non Cremona, dove paradossalmente si può fare l’aperitivo con gli amici, trovarsi in pizzeria e recarsi al centro commerciale, ma non ricevere l’Eucaristia, né riunirsi in chiesa in preghiera, per chiedere protezione contro il coronavirus. Incredibile, eppure paradigmatico: l’esempio di mons. Napolioni ha fatto “scuola” ed è stato, infatti, seguito a ruota anche dal Vescovo di Piacenza, mons. Gianni Ambrosio, e dall’arcivescovo metropolita di Milano, mons. Mario Delpini, che pure hanno chiuso al culto edifici sacri ed oratori, sospendendo di conseguenza anche le funzioni quaresimali. Prevedibilmente altri seguiranno.
Al confronto più lungimirante appare persino la diocesi di Hong Kong, dove, pur a fronte di ben altra emergenza rispetto a quella italiana, quanto meno parrocchie e cappelle sono rimaste aperte e sono state organizzate adorazioni quotidiane del Santissimo Sacramento, per invocare la fine del pestilenziale morbo. Inoltre viene assicurata la celebrazione di matrimoni e funerali.
San Gregorio Magno, nel 590, a fronte della grave epidemia di peste, che colpì Roma, decimando la popolazione, per implorare l’aiuto divino promosse una solenne processione per tre giorni consecutivi presso la basilica di Santa Maria Maggiore. Ed il morbo scomparve, come annunciatogli dall’Arcangelo Michele, che, in cima alla Mole Adriana, gli apparve nell’atto di rinfoderare la spada.
Fu addirittura l’autorità civile ovvero il Senato palermitano, invece, a sostenere, il 9 giugno 1625, contro la peste dilagante, la processione pubblica promossa dal cardinale arcivescovo Giannettino Doria con l’arca contenente le ossa di Santa Rosalia, come disposto dalla stessa Santa apparsa a Vincenzo Bonelli. Processione, che valse a debellare il morbo. Gli esempi potrebbero continuare… C’è anche chi va controcorrente, come informa il blog Messainlatino: il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, mons. Massimo Camisasca, anziché chiudere le chiese, ha invitato tutti i fedeli ad unirsi a lui nella recita, lunedì scorso, del Santo Rosario nella Basilica della Ghiara, invocando la protezione della Beata Vergine Maria per il popolo cinese colpito dal coronavirus, per gli ammalati ed affinché l’epidemia venga tenuta lontana dall’Italia.
Se San Gregorio Magno ed il card. Doria avessero ragionato come i Vescovi di Cremona, Piacenza e Milano, mai sarebbero state fatte le processioni e la peste, anziché essere fermata, avrebbe proseguito indisturbata nella propria azione devastatrice. Oggi, però, anziché riunire i fedeli nelle chiese per pregare Dio d’esser risparmiati dall’epidemia, magari anche con l’adorazione al Santissimo Sacramento, c’è chi preferisce darsi alla fuga, urlando «si salvi chi può». Ma non v’è fuga che tenga per chi si dimentichi di Dio.

Un frate attraversa Milano. E benedice con il Santissimo
di Marco Tosatti
Stilum Curiae, 27 febbraio 2020

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, un amico mi ha inviato queste righe. Mi sembrano degne di essere condivise, così come sarebbe ben degno di essere imitato il comportamento di questo sacerdote, in ogni città e quartiere. La persona che ci ha inviato questa storia è degna di fede. Crediamo sia vera. Ma anche se non lo fosse, credo che l’esempio sarebbe positivo, e l’effetto spirituale sarebbe fortissimo. E credo che servirebbe anche a ad abbandonare quelle forme di rispetto umano malriposto che ci impediscono di manifestare pubblicamente ciò in cui si crede. Un bell’esercizio spirituale di umiltà e abbandono per la Quaresima, no?
Ascoltate cosa ha fatto un Sacerdote di Milano: frate Gianbattista
Con la mano destra su Gesù sul cuore (la teca con il SS.mo Sacramento era nella pettorina del mio saio) e con il Santo Rosario nella mano sinistra, ho iniziato la mia processione dall’altare della nostra Chiesa del Sacro Cuore di Gesù! Cantavo “Re di gloria”.
Attraversata la piazza Tricolore cantando, ho imboccato corso Monforte iniziando il Santo Rosario?? (la Santa Corona, contro il coronavirus) a voce alta! Le prime persone incontrate alla fermata del 54 guardavano incuriosite. Due donne hanno fatto il segno di Croce. Un povero mi ha fermato e mi ha detto: cosa stai facendo frate? E io gli ho detto sto portando in giro per le strade il Signore Gesù e prego Maria salute degli infermi con il Rosario perché ci aiutino contro il coronavirus.
Ha toccato la corona e ha fatto il segno di croce. Di fronte all’indifferenza camminavo pregando e cantando ancora più con fede mettendo l’intenzione ad ogni mistero e invocando Maria, San Carlo e i Santi patroni di Milano. Chiesa di San Babila… chiusa! Chiesa di San Carlo al corso … chiusa!
Che tristezza! Proseguo nello spazio centrale di corso Emanuele che porta al Duomo. Lo sguardo di tanti si fissa sulla mia corona, sulla mia mano al petto, si accostano per sentirmi cantare, una ragazza canta devota con me “Inni e canti”.
Tanti si fanno il segno di croce! Perfino due poliziotti nella macchina che pattuglia avanti e indietro il corso. Incontro un medico caro amico in bicicletta: mi ferma e si informa. Sta con me e prega con me. Mi saluta abbracciandomi commosso. Giungo al Duomo per fortuna aperto, almeno per la preghiera. Sosto davanti ai gradini e canto l’ave Maria in latino, in gregoriano.
Poi salgo i gradini, mi giro, do le spalle al duomo, estraggo la teca con il Santissimo Sacramento, faccio una preghiera ad alta voce e benedico la città. Chi si è fermato incuriosito si è fatto il segno di croce. Un uomo si è pure inginocchiato. Felice e con la gioia nel cuore sono tornato in convento, certo che Gesù e Maria un miracolo l’han già fatto!

Postcriptum

Per non dimenticare…

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