Mons. Nosiglia: Quaresima accanto ai lavoratori

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Mercoledì 26 febbraio per il tempo liturgico è l’inizio della Quaresima con l’imposizione delle Ceneri, ma purtroppo per gli ultimi eventi legati alla diffusione del Coronavirus la diocesi di Torino, come tutte le diocesi dell’Italia settentrionale ha consigliato di prendere alcune precauzioni sospendendo la celebrazione e chiedendo ai cristiani di “vivere questa giornata secondo lo spirito quaresimale di preghiera, digiuno e opere di carità. La celebrazione della Messa con imposizione delle Ceneri potrà essere spostata a domenica 1° marzo, salvo nuove indicazioni che potranno essere date”.

Intanto nel messaggio quaresimale mons. Cesare Nosiglia ha sottolineato che la Quaresima è un tempo favorevole: “La Quaresima è un dono di Dio, un’occasione che ci viene offerta affinché, con un più assiduo ascolto della Parola ed una più intensa preghiera, possiamo sempre più ‘diventare cristiani’, ed essere così ‘testimoni di Cristo Risorto, speranza del mondo’. Durante questo tempo di grazia vi invito a prendere in considerazione due testi che possono arricchire la nostra fede rendendola feconda di quell’amore di Dio che si traduce nella carità”.

Riprendendo la lettera pastorale l’arcivescovo di Torino ha richiamato l’attenzione nel privilegiare gli ‘ultimi’: “Nel tempo quaresimale siamo invitati a fare delle rinunce, a rendere la nostra vita più semplice e sobria, non per disprezzo per le cose, dono di Dio, ma per diventare sempre più capaci di accogliere quella ‘libertà dei figli di Dio’ che è dono dello Spirito e si esprime in maniera precipua nella fraternità e nella carità verso i poveri, i senza lavoro, gli immigrati, i senza dimora, i malati e sofferenti”.

Ed ha richiamato alla solidarietà verso i lavoratori: “C’è un problema però che mi sta molto a cuore e di cui dobbiamo tutti preoccuparci e partecipare con la preghiera e la solidarietà: penso ai molti lavoratori in cassa integrazione o che hanno perso il lavoro e guardano al futuro con crescente preoccupazione;

imprenditori che rischiano la chiusura delle loro aziende per le difficoltà crescenti del credito e del mercato sia interno che internazionale; giovani che non trovano un lavoro o precari che, una volta perso il lavoro, stentano a trovarne un altro e ritornano a dipendere in tutto dai genitori; immigrati che si vedono costretti a far tornare nei loro paesi di origine la famiglia e loro stessi si trovano in una condizione di non poter ottenere più il permesso di soggiorno”.

Ha concluso la lettera chiedendo dignità per i lavoratori: “All’inizio della crisi finanziaria, che ha colpito diversi istituti di credito, era giunta dal Governo un’assicurazione molto forte: nemmeno un euro sarà perso dai risparmiatori. Vorrei che con la stessa forza e impegno si dicesse oggi: nemmeno un lavoratore perderà il posto di lavoro”.

Ed ha chiesto che i lavoratori non sono semplicemente un ‘numero’: “L’estromissione dal lavoro per lungo tempo, oppure la dipendenza prolungata dall’assistenza pubblica o privata, minano la libertà e la creatività della persona e i suoi rapporti familiari e sociali. Il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona nella sua integrità…

Ma coloro che ne subiscono le conseguenze, non sono numeri, ma persone e famiglie concrete, che hanno diritto di essere considerate e sostenute in modo diretto ed offrendo alle imprese le possibilità di mantenerle nel mondo del lavoro”.

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