Una domenica napoletana tra Uttajano e il Vomero

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Vorrei ricordare una bellissima giornata napoletana trascorsa con mio amore Valentina Villano, domenica 23 febbraio 2020, tra la “Città della Pace” Ottaviano (Uttajano in napoletano, sede del Parco Nazionale del Vesuvio, il cui territorio si estende lungo le pendici orientali del massiccio montuoso vulcanico del Somma-Vesuvio, comprendendo in larga parte il cratere del Vesuvio e anche la sua cima più alta) e il Vomero, su invito degli amici Attilio Giordano e Serena Nunziata del Real Circolo di Francesco II di Borbone, in occasione del battesimo del loro secondogenito Dario Fabrizio Maria.

La Santa Messa domenicale – con la partecipazione dei Cavalieri e Dame dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme – e il Battesimo sono stati celebrati nella Chiesa di San Gennaro Vescovo e Martire in Piazza Gennarello ad Ottaviano [Preghiera a San Michele Arcangelo e alla Madre di Dio], da S.E.R. Mons. Beniamino Depalma (Arcivescovo-Vescovo emerito di Nola, Gran Priore dell’Ordine militare del Santissimo Salvatore di Santa Brigida di Svezia, Gran Priore per l’Italia meridionale tirrenica e Grand’ufficiale dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e Cappellano capo del Gran priorato di Napoli e Sicilia del Sovrano Militare Ordine di Malta) con il parroco Don Raffaele Rianna.

Successivamente abbiamo trascorso un bellissimo pomeriggio in compagnia di tanti amici nella splendida Villa Carafa di Belvedere, che ancora oggi dialoga con la scenografica veduta del golfo di Napoli e rappresenta un segno forte e ancora vivo del Vomero di un tempo.

Ottaviano.

Villa Belvedere fu costruita alla fine del Seicento sui resti di un antico “casino di delizie” appartenuto agli Altomare, come palazzo “fuori porta”, sul versante occidentale della collina del Vomero, da Ferdinando Vandeneynden, un mercante e banchiere fiammingo – quindi in un certo senso mi trovavo “a casa” – che fu insignito del titolo di Marchese di Castelnuovo e sposò la nobile Olimpia Piccolomini, nipote del Cardinale Celio Piccolomini (Siena, 1609-Siena, 24 maggio 1681).
Il nobile fiammingo, scelta Napoli come residenza per sé e per le sue clientele (come molti altri potenti commercianti nordeuropei), commissionò la realizzazione di Villa Belvedere a fra’ Bonaventura Presti, monaco certosino converso di origine bolognese, in servizio a Napoli come “certosino ingegniero di sua eminenza”, il Cardinale Ascanio Filomarino dei Duchi della Torre (Chianche, 1583-Napoli, 3 novembre 1666), che fu arcivescovo di Napoli dal 1641 al 1666, periodo caratterizzato principalmente dalla rivolta di Masaniello, dalla conseguente proclamazione della Real Repubblica Napoletana nel 1647, e dalla devastante peste del 1656. A causa della sua opposizione all’eccessivo numero di gabelle imposte al Regno di Napoli, nel periodo in cui la Spagna era impegnata nella guerra dei trent’anni, si inimicò il Viceré Ramiro Núñez de Guzmán che si adoperò inutilmente per ottenerne l’espulsione dalla città. L’atteggiamento tenuto in questa ed in altre occasioni gli procurò la simpatia del popolo napoletano, che oppresso dal governo vicereale spagnolo, trovò spesso in lui un benevolo protettore. Nel 1647, preoccupato dal malcontento popolare causato dall’imposizione di una gravosa gabella sulla frutta, si recò insieme al Cardinale Teodoro Trivulzio, appena nominato Viceré di Sicilia, dal Viceré di Napoli Rodrigo Ponce de León Duca d’Arcos, per fare in modo che scongiurasse il rischio di una rivolta. Il Duca non ascoltò i consigli dei due porporati e durante la violenta sommossa scatenata il 7 luglio da Masaniello e Don Giulio Genoino, Palazzo Reale fu assediato dai popolani.

Il Palazzo Vandeneynden viene realizzato tra il 1671 ed il 1673, rivolto ad ovest verso la collina di Posillipo e a sud il golfo di Napoli. Il tufo necessario a compiere le radicali trasformazioni dell’edificio fu prelevato dalla parte di collina sottostante la grande terrazza, in cui furono scavate grotte poi utilizzate come celle per la conservazione dei vini e della carne. Vi si accende dall’alto tramite una scala a forma di pozzo. All’interno della villa sono custodite ancora pregiate pitture e le volte sono tuttora impreziosite da affreschi di autori come Luca Giordano.
Diventa Villa Carafa di Belvedere nel 1688 quando Elisabetta, figlia del Marchese Vandeneynden, morto di tisi nel 1674, sposa il Principe di Belvedere Carlo Carafa IV. I Carafa la trasformarono in una grandiosa residenza aperta da logge affacciate sul panorama del golfo. La villa fu molto frequentata dall’alta società napoletana e dagli stessi Borbone, culminato alla fine del Settecento con i soggiorni estivi della regina Maria Carolina. Sotto la dominazione francese fu uno dei luoghi preferiti da Gioacchino Murat.

L’architettura della villa, così come si presenta oggi, è il risultato di circa cinque secoli di stratificazioni, che si sono susseguite in funzione del gusto, dei modelli di abitazione e delle esigenze creative, tanto degli architetti che dei committenti coinvolti. Villa Belvedere rappresenta dunque, esempio più unico che raro, la storia più antica del suo quartiere. È intorno a questa struttura, infatti, che venne sviluppandosi l’antico “Villaggio del Vomero”, e numerosi furono nei secoli i viaggiatori che ne rimasero affascinati, al punto da immortalarla in mirabili disegni e incisioni.

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