Da Bari appello per la pace

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‘Ecco l’opera che il Signore ci affida per il Mediterraneo: ricostruire i legami interrotti, rialzare le città distrutte dalla violenza, far fiorire i terreni riarsi, infondere speranza a chi l’ha perduta ed esortare chi è chiuso in sé stesso a non temere il fratello’: questo è il tweet di papa Francesco a conclusione dell’incontro conclusivo organizzato a Bari dalla Cei, ‘Mediterraneo, frontiera di pace’, invitando a non cedere alla paura né alla ‘retorica dello scontro di civiltà’.

E durante l’Angelus il papa ha ricordato il dramma della guerra in Siria: “Dai nostri cuori di pastori si eleva un forte appello agli attori coinvolti e alla comunità internazionale, perché taccia il frastuono delle armi e si ascolti il pianto dei piccoli e degli indifesi; perché si mettano da parte i calcoli e gli interessi per salvaguardare le vite dei civili e dei tanti bambini innocenti che ne pagano le conseguenze”.  

Nell’omelia ha spiegato il significato dell’antica legge (‘Occhio per occhio e dente per dente’): “Sappiamo che cosa voleva dire: a chi ti toglie qualcosa, tu toglierai la stessa cosa. Era in realtà un grande progresso, perché impediva ritorsioni peggiori: se uno ti ha fatto del male, lo ripagherai con la stessa misura, non potrai fargli di peggio.

Chiudere le contese in pareggio era un passo avanti. Eppure Gesù va oltre, molto oltre: ‘Ma io vi dico di non opporvi al malvagio’. Ma come, Signore? Se qualcuno pensa male di me, se qualcuno mi fa del male, non posso ripagarlo con la stessa moneta? ‘No’, dice Gesù: non-violenza, nessuna violenza”.

Quindi da Bari il papa ha tracciato la linea del perdono: “Allora, se vogliamo essere discepoli di Cristo, se vogliamo dirci cristiani, questa è la via, non ce n’è un’altra. Amati da Dio, siamo chiamati ad amare; perdonati, a perdonare; toccati dall’amore, a dare amore senza aspettare che comincino gli altri; salvati gratuitamente, a non ricercare alcun utile nel bene che facciamo… Gesù qui non parla per paradossi, non usa giri di parole.

E’ diretto e chiaro… Gesù sa che tante cose non vanno, che ci sarà sempre qualcuno che ci vorrà male, anche qualcuno che ci perseguiterà. Ma ci chiede solo di pregare e amare. Ecco la rivoluzione di Gesù, la più grande della storia: dal nemico da odiare al nemico da amare, dal culto del lamento alla cultura del dono. Se siamo di Gesù, questo è il cammino! Non ce n’è un altro”.

Quindi il papa sottolinea che Dio sceglie di amare ‘fino in fondo’: “Dio vede oltre. Sa come si vince. Sa che il male si vince solo col bene. Ci ha salvati così: non con la spada, ma con la croce. Amare e perdonare è vivere da vincitori. Perderemo se difenderemo la fede con la forza. Il Signore ripeterebbe anche a noi le parole che disse a Pietro nel Getsemani: ‘Rimetti la spada nel fodero’. Nei Getsemani di oggi, nel nostro mondo indifferente e ingiusto, dove sembra di assistere all’agonia della speranza, il cristiano non può fare come quei discepoli, che prima impugnarono la spada e poi fuggirono.

No, la soluzione non è sfoderare la spada contro qualcuno e nemmeno fuggire dai tempi che viviamo. La soluzione è la via di Gesù: l’amore attivo, l’amore umile.. Scegliamo oggi l’amore, anche se costa, anche se va controcorrente. Non lasciamoci condizionare dal pensiero comune, non accontentiamoci di mezze misure. Accogliamo la sfida di Gesù, la sfida della carità. Saremo veri cristiani e il mondo sarà più umano”.

In prima mattinata il papa aveva concluso l’incontro sul Mediterraneo,  come luogo di trasmissione della fede e di promozione della pace: “Il Mare nostrum è il luogo fisico e spirituale nel quale ha preso forma la nostra civiltà, come risultato dell’incontro di popoli diversi.

Proprio in virtù della sua conformazione, questo mare obbliga i popoli e le culture che vi si affacciano a una costante prossimità, invitandoli a fare memoria di ciò che li accomuna e a rammentare che solo vivendo nella concordia possono godere delle opportunità che questa regione offre dal punto di vista delle risorse, della bellezza del territorio, delle varie tradizioni umane”.

Citando Giorgio La Pira il Mediterraneo è un luogo strategico per la ‘salute’ del mondo: “Il Mediterraneo rimane una zona strategica, il cui equilibrio riflette i suoi effetti anche sulle altre parti del mondo. Si può dire che le sue dimensioni siano inversamente proporzionali alla sua grandezza, la quale porta a paragonarlo, più che a un oceano, a un lago, come già fece Giorgio La Pira.

Definendolo ‘il grande lago di Tiberiade’, egli suggerì un’analogia tra il tempo di Gesù e il nostro, tra l’ambiente in cui Lui si muoveva e quello in cui vivono i popoli che oggi lo abitano. E come Gesù operò in un contesto eterogeneo di culture e credenze, così noi ci collochiamo in un quadro poliedrico e multiforme, lacerato da divisioni e diseguaglianze, che ne aumentano l’instabilità.

In questo epicentro di profonde linee di rottura e di conflitti economici, religiosi, confessionali e politici, siamo chiamati a offrire la nostra testimonianza di unità e di pace. Lo facciamo a partire dalla nostra fede e dall’appartenenza alla Chiesa, chiedendoci quale sia il contributo che, come discepoli del Signore, possiamo offrire a tutti gli uomini e le donne dell’area mediterranea”.

Quindi il Mediterraneo ha un patrimonio di fede da non disperdere: “E’ un patrimonio custodito dalle comunità cristiane, reso vivo mediante la catechesi e la celebrazione dei sacramenti, la formazione delle coscienze e l’ascolto personale e comunitario della Parola del Signore. In particolare, nella pietà popolare l’esperienza cristiana trova un’espressione tanto significativa quanto irrinunciabile: davvero la devozione del popolo è, per lo più, espressione di fede semplice e genuina.

E su questo mi piace citare spesso quel gioiello che è il numero 48 dell’ ‘Evangelii nuntiandi’ sulla pietà popolare, dove san Paolo VI cambia il nome di ‘religiosità’ in ‘pietà’, e dove sono presentate le sue ricchezze e anche le sue mancanze. Quel numero deve essere di guida nel nostro annuncio del Vangelo ai popoli…

Su questo sfondo l’annuncio del Vangelo non può disgiungersi dall’impegno per il bene comune e ci spinge ad agire come instancabili operatori di pace. Oggi l’area del Mediterraneo è insidiata da tanti focolai di instabilità e di guerra, sia nel Medio Oriente, sia in vari Stati del nord Africa, come pure tra diverse etnie o gruppi religiosi e confessionali; né possiamo dimenticare il conflitto ancora irrisolto tra israeliani e palestinesi, con il pericolo di soluzioni non eque e, quindi, foriere di nuove crisi”.

Ed ha chiesto che il Mediterraneo non sia chiuso da nessuna ‘frontiera’ ma aperto all’accoglienza per la tutela delle minoranze e della libertà religiosa: “Certo, l’accoglienza e una dignitosa integrazione sono tappe di un processo non facile; tuttavia, è impensabile poterlo affrontare innalzando muri.

A me fa paura quando ascolto qualche discorso di alcuni leader delle nuove forme di populismo, e mi fa sentire discorsi che seminavano paura e poi odio nel decennio ’30 del secolo scorso. Questo processo di accoglienza e dignitosa integrazione è impensabile, ho detto, poterlo affrontare innalzando muri.

In tale modo, piuttosto, ci si preclude l’accesso alla ricchezza di cui l’altro è portatore e che costituisce sempre un’occasione di crescita. Quando si rinnega il desiderio di comunione, inscritto nel cuore dell’uomo e nella storia dei popoli, si contrasta il processo di unificazione della famiglia umana, che già si fa strada tra mille avversità.

La settimana scorsa, un artista torinese mi ha inviato un quadretto, fatto con la tecnica del bruciato sopra il legno, sulla fuga in Egitto e c’era un san Giuseppe, non così tranquillo come siamo abituati a vederlo nelle immaginette, ma un San Giuseppe con l’atteggiamento di un rifugiato siriano, col bambino sulle spalle: fa vedere il dolore, senza addolcire il dramma di Gesù Bambino quando dovette fuggire in Egitto. E’ lo stesso che sta succedendo oggi”.

Il Mediterraneo è il luogo del meticciato, attraverso le parole di Isaia per un futuro prospero, alimentato dalla pace, questo è il compito assegnato dal papa: “Come mandato, vi consegno le parole del profeta Isaia, perché diano speranza e comunichino forza a voi e alle vostre rispettive comunità…

Ecco l’opera che il Signore vi affida per questa amata area del Mediterraneo: ricostruire i legami che sono stati interrotti, rialzare le città distrutte dalla violenza, far fiorire un giardino laddove oggi ci sono terreni riarsi, infondere speranza a chi l’ha perduta ed esortare chi è chiuso in sé stesso a non temere il fratello.

E guardare questo, che è già diventato cimitero, come un luogo di futura risurrezione di tutta l’area. Il Signore accompagni i vostri passi e benedica la vostra opera di riconciliazione e di pace”.

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