Torino: la Chiesa solidale con i lavoratori

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Ancora una volta l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, ha dimostrato vicinanza ai lavoratori delle aziende in crisi, partecipando in piazza Castello alla manifestazione organizzata dai metalmeccanici di Fiom, Fim e Uilm nell’ambito della vertenza ‘Torino’.

I sindacati hanno raccontato le storie dei lavoratori in piazza, parlando delle aziende in crisi e delle prospettive buie per il futuro. Mons. Nosiglia ha voluto stringere le mani agli operai ma soprattutto lanciare un messaggio a politica e istituzioni per spingerle fattivamente ad impegnarsi per aiutare le famiglie da mesi senza stipendio e a mettere in campo politiche che prevengono ulteriori crisi.

Mons. Nosiglia ha spiegato ai lavoratori la sua presenza: “E ci sono di persona. Perché sento, come vescovo, il dovere di una presenza anche fisica dove ci si ritrova non solo per la difesa di posti di lavoro ma per un obiettivo più grande, il rilancio del nostro territorio, che subisce ormai da anni una ‘emergenza’ che sta fiaccando le nostre vite e ci spinge verso un declino non solo economico ma sociale e culturale. Sono qui di persona, come di persona sono andato davanti alle fabbriche dove sono esplose situazioni gravi di crisi”.

Riguardo la crisi del lavoro l’arcivescovo del capoluogo piemontese ha espresso il suo stupore dinnanzi all’indifferenza: “Le difficoltà del mondo del lavoro sono le difficoltà e le angosce di tutta la società torinese e piemontese.

Vi confesso che a volte rimango stupito dall’indifferenza, dal silenzio imbarazzato di tanti a fronte di gravi situazioni di crisi occupazionale, quasi che le difficoltà degli uni poco importi alla città in quanto tale ma siano considerati fatti parziali, che riguardano i territori coinvolti.

Vedo inoltre grande smarrimento e senso di impotenza. Si accetta passivamente il dispiegarsi dei fenomeni economici a cui assistiamo come se fosse un naturale svolgimento. Sembra che l’intervento umano e di chi ha responsabilità di governo sia ininfluente”.

Ha affermato che il lavoro è garanzia di cittadinanza e di dignità, anche se esso è in cambiamento: “Oggi il mondo del lavoro è profondamente cambiato, e di questo dobbiamo essere consapevoli. C’è il lavoro dipendente e il posto fisso, ma ci sono centinaia di altre forme e tipi di occupazione, con molte più variabili rispetto agli anni della fabbrica e delle otto ore.

Bisogna essere aperti e pronti al cambiamento: ma questo non significa rinunciare a vivere le condizioni di lavoro con quella umanità, quella dignità che è propria di ogni persona e di ogni cittadino.

Per affrontare i cambiamenti ritengo necessario che ogni organizzazione intermedia, ogni corpo della società e soprattutto le istituzioni pubbliche si sobbarchino la responsabilità di accompagnare le persone e organizzazioni nelle transizioni; chi viene lasciato solo di fronte ai mutamenti rischia di rimanere escluso dalla società”.

Ha quindi rivolto un appello alle istituzioni per un patto sociale: “Torino è ancora nel pieno di una transizione il cui esito non è per nulla scontato (e che ha bisogno di essere debitamente governato). A tutti rivolgo un appello: camminare insieme per disegnare il futuro di Torino, del lavoro e delle persone. Si tratta di un compito a cui non ci si può sottrarre; solo assumendosi responsabilità si può dire di essere classe dirigente”.

Infine ha spiegato il significato dell’istituzione da parte della diocesi di un ‘Tavolo per il lavoro’: “Il Tavolo è partito ai primi di febbraio, con l’avvio della cabina di regia che proseguirà incontrando esponenti dell’impresa e del sindacato, del sistema creditizio e delle istituzioni, della formazione e del volontariato. Vogliamo costruire una panoramica che ci aiuti a capire dov’è che possiamo spendere al meglio le nostre risorse per il futuro.

L’attuale emergenza occupazionale, infatti, è strettamente collegata all’assenza di veri fattori di sviluppo che toccano tutti i settori del mondo produttivo. Basti pensare ai ritardi di cui patisce l’area torinese nel campo delle infrastrutture, tanto territoriali quanto digitali.

Ma è il settore dell’educazione e della formazione ad ogni livello (famiglia, scuola di base e università, ricerca scientifica e innovazione tecnologica), l’ambito in cui è assolutamente necessario progettare interventi per il futuro”.

Circa un mese sempre l’arcivescovo di Torino aveva rivolto un appello a trovare soluzioni per la crisi del lavoro: “Anche per queste ragioni mi sento di domandare, con forza e con convinzione, agli Istituti di credito di farsi carico nel sostenere eventuali investimenti di imprese che si propongono di continuare o assumere il lavoro in queste aziende in difficoltà.

Facciano sentire la loro voce insieme alla Regione e ai Comuni coinvolti anche la Confindustria e le diverse associazioni e realtà del mondo del lavoro, in vista anche del ‘tavolo’ di intesa e unità tra tutte le componenti interessate a promuovere un’azione concorde per affrontare insieme la situazione globale del lavoro sul nostro territorio”.

L’appello era rivolto anche alla stessa Chiesa: “E infine chiedo alle parrocchie delle Unità pastorali in cui operano queste aziende in crisi di indire una colletta per le necessità dei lavoratori e delle loro famiglie. La Diocesi, come più volte ho assicurato, farà la sua parte anche su questo aspetto perché la solidarietà e la giustizia verso chi è in difficoltà rappresentano uno dei compiti primari della Chiesa di Torino.

A tal proposito ricordo la possibilità di mettersi in collegamento con la Fondazione ‘don Mario Operti’, ente operativo della Diocesi che opera nel campo della promozione dell’autonomia delle persone, per avviare percorsi di sostegno al reddito e alla ricollocazione professionale”.

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