Papa Francesco invita a scoprire la bellezza del pentimento

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Nell’aula ‘Paolo VI’ 7000 persone hanno assistito all’udienza generale di papa Francesco, che ha affrontato il tema della seconda beatitudine, ‘Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati’, invitando a ‘risvegliare la gente che non sa commuoversi del dolore altrui’, concludendola con un appello per la Siria e la Cina:

“Io vorrei che in questo momento tutti pregassimo per l’amata e martoriata Siria. Tante famiglie, tanti anziani, bambini, devono fuggire dalla guerra. La Siria sanguina da anni. Preghiamo per la Siria. Anche una preghiera per i nostri fratelli cinesi che soffrono questa malattia così crudele. Che trovino la strada della guarigione il più presto possibile”.

All’inizio della catechesi papa Francesco ha spiegato il significato biblico del pianto: “Nella lingua greca in cui è scritto il Vangelo, questa beatitudine viene espressa con un verbo che non è al passivo (infatti i beati non subiscono questo pianto) ma all’attivo: ‘si affliggono’; piangono, ma da dentro. Si tratta di un atteggiamento che è diventato centrale nella spiritualità cristiana e che i padri del deserto, i primi monaci della storia, chiamavano ‘penthos’, cioè un dolore interiore che apre ad una relazione con il Signore e con il prossimo; a una rinnovata relazione con il Signore e con il prossimo”.

Ha sottolineato due aspetti del pianto, che è sintomo di dolore oppure di compassione: “Questo pianto, nelle Scritture, può avere due aspetti: il primo è per la morte o per la sofferenza di qualcuno. L’altro aspetto sono le lacrime per il peccato, per il proprio peccato, quando il cuore sanguina per il dolore di avere offeso Dio e il prossimo. Si tratta quindi di voler bene all’altro in maniera tale da vincolarci a lui o lei fino a condividere il suo dolore. Ci sono persone che restano distanti, un passo indietro; invece è importante che gli altri facciano breccia nel nostro cuore”.

Si è soffermato a descrivere il pianto causato dal peccato: “Qui bisogna distinguere: c’è chi si adira perché ha sbagliato. Ma questo è orgoglio. Invece c’è chi piange per il male fatto, per il bene omesso, per il tradimento del rapporto con Dio. Questo è il pianto per non aver amato, che sgorga dall’avere a cuore la vita altrui. Qui si piange perché non si corrisponde al Signore che ci vuole tanto bene, e ci rattrista il pensiero del bene non fatto; questo è il senso del peccato. Costoro dicono: ‘Ho ferito colui che amo’, e questo li addolora fino alle lacrime. Dio sia benedetto se arrivano queste lacrime!”

Quindi ha sottolineato che il riconoscere i propri peccati è essenziale per la salvezza, come è successo a Pietro e non a Giuda: “Questo è il tema dei propri errori da affrontare, difficile ma vitale. Pensiamo al pianto di san Pietro, che lo porterà a un amore nuovo e molto più vero: è un pianto che purifica, che rinnova. Pietro guardò Gesù e pianse: il suo cuore è stato rinnovato.

A differenza di Giuda, che non accettò di aver sbagliato e, poveretto, si suicidò. Capire il peccato è un dono di Dio, è un’opera dello Spirito Santo. Noi, da soli, non possiamo capire il peccato. E’ una grazia che dobbiamo chiedere. Signore, che io capisca il male che ho fatto o che posso fare. Questo è un dono molto grande e dopo aver capito questo, viene il pianto del pentimento”.

Ha concluso l’udienza generale con un’esortazione del monaco ascetico Efrem il siro, invitando tutti a vivere la misericordia di Dio, in quanto il pentimento è bello: “Uno dei primi monaci, Efrem il Siro dice che un viso lavato dalle lacrime è indicibilmente bello. La bellezza del pentimento, la bellezza del pianto, la bellezza della contrizione! Come sempre la vita cristiana ha nella misericordia la sua espressione migliore.

Saggio e beato è colui che accoglie il dolore legato all’amore, perché riceverà la consolazione dello Spirito Santo che è la tenerezza di Dio che perdona e corregge. Dio sempre perdona: non dimentichiamoci di questo. Dio sempre perdona, anche i peccati più brutti, sempre. Il problema è in noi, che ci stanchiamo di chiedere perdono, ci chiudiamo in noi stessi e non chiediamo il perdono. Questo è il problema; ma Lui è lì per perdonare”.

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