Vittorio Bachelet nel ricordo dell’Azione Cattolica

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“A mio sommesso parere, l’Azione Cattolica, per tradurre gli indirizzi di papa Francesco in orientamenti e scelte operative deve promuovere la formazione d’una fede adulta dei propri soci, capace di uscire sulle vie del mondo e affrontarne le sfide con passione evangelica”:

dalla relazione di mons. Ignazio Sanna, presidente della Pontificia Accademia di Teologia al Convegno ‘Vittorio Bachelet uomo della riconciliazione’, promosso dalla presidenza nazionale di Azione Cattolica Italiana e dall’Istituto dell’Azione cattolica per lo studio dei problemi sociali e politici ‘Vittorio Bachelet’, nel 40^ anniversario del martirio del presidente per mano delle Brigate rosse, offrendo una rilettura e la messa a fuoco di un tratto essenziale del suo profilo: uomo del dialogo, con una esemplare capacità di ascolto e di ricucitura, testimoniata negli anni non facili in cui ha avuto grandi responsabilità sia in ambito civile che ecclesiale.

Secondo mons. Sanna la fede adulta è anzitutto necessaria per l’inevitabilità del confronto della vita cristiana con le nuove emergenze umanistiche. Il trapasso culturale nella concezione dell’uomo, della famiglia, della natura, delle relazioni sociali ed economiche, ha messo in evidenza che il problema dell’uomo è il problema di Dio. Chi ha un concetto alto dell’uomo ha un concetto alto di Dio, e viceversa, chi ha un concetto basso dell’uomo ha un concetto basso di Dio.

In secondo luogo, la fede adulta è necessaria per la promozione della ministerialità laicale, divenuta sempre più necessaria e indispensabile. L’occasione storica della mancanza di clero ci spinge a questa promozione, che ieri avremmo dovuto perseguire per libera scelta e oggi siamo costretti a fare per necessità.

Bisogna preparare i laici ad un maturo esercizio del loro sacerdozio battesimale. Il soggetto della missione e dell’evangelizzazione è la Chiesa locale nella sua totalità di popolo santo di Dio. Da essa, infatti, sul fondamento della successione apostolica, scaturisce la certezza della fede annunciata e ad essa, nella comunione dei suoi membri sotto la guida del Vescovo, è dato il mandato di annunciare il Vangelo.

In terzo luogo, la fede adulta è necessaria per educare il popolo santo di Dio a leggere e interpretare i segni dei tempi, per renderlo soggetto unitario di evangelizzazione. In quarto luogo, la fede adulta è necessaria per passare dal Dio dell’altare al Dio della vita. Esiste, di fatto, una religiosità del Dio dell’altare, che corrisponde al culto esteriore, al sentimento, al devozionismo, alla pura pratica sacramentale, all’estetica liturgica. Esiste una religiosità di sacrestia, limitata alla pura osservanza della domenica, senza alcuna ricaduta sull’organizzazione dei giorni lavorativi.

La vita normale della famiglia, degli uffici, della scuola, delle attività economiche e politiche, però, si svolge nei giorni lavorativi della settimana: “Nella misura in cui l’Azione Cattolica fa sì che la fede diventi uno stile di vita che orienta le nostre scelte, che dia significato alle stagioni della vita e della storia, che apra i nostri orizzonti al futuro di Dio, manifesterà il volto di una Chiesa in uscita, e promuoverà la dignità e la libertà di ogni uomo, immagine di Dio”.

Guido Formigoni, docente  di Storia contemporanea alla IULM, ha ricostruito le tappe della vita di Bachelet, sottolineando quattro aspetti: il senso della società come un insieme di realtà strutturate, oggi che prevale la retorica della disintermediazione; l’attenzione al tema di come tenere insieme principi e mezzi, e dunque all’esercizio paziente della mediazione, oggi che sembra essere venuta a mancare la capacità di mediare i principi con la realtà, con il possibile; l’idea di un’identità di cui non si può fare a meno ma che deve sapersi coniugare con le differenze, convivendo con esse e non contrapponendovisi; il rifiuto del linguaggio dell’inimicizia, usando fermezza con chi ha posizioni negative nei confronti della democrazia, ma senza scendere sul terreno della contrapposizione irriducibile.

La sua allieva, Rosy Bindi, ha ricordato alcuni insegnamenti ricevuti, di cui il più importante è stato quello di guardare sempre positivamente ai tempi che si vivono. Un secondo riguarda gli anni dello scoppio della contestazione giovanile quando Bachelet spiegava che la disistima verso la libertà nasceva dal cattivo esercizio che veniva fatto dell’autorità: se non si rendevano i giovani, e in generale i cittadini, protagonisti delle decisioni, li si sarebbe spinti a non riconoscere il valore della libertà e a non amarla. Negli anni della guida dell’Azione cattolica Bachelet ha insegnato che compito primo non era di formare dei buoni soci dell’associazione ma piuttosto dei buoni cittadini della società e dello Stato.

Il prof. Marco Ivaldo, docente di filosofia morale all’Università ‘Federico II’ di Napoli, ha affrontato la ‘scelta religiosa’ in Bachelet: “Bachelet è stato il presidente della scelta religiosa dell’Azione cattolica e ne ha saputo mettere in luce e incarnare il valore fecondo per la intera Chiesa. Delle formulazioni con cui egli caratterizza questa scelta ne riprendo una: ‘La scelta religiosa […] è questo: riscoprire la centralità dell’annuncio di Cristo, l’annuncio della fede da cui tutto il resto prende significato”. La scelta religiosa è “impegno più rigoroso a ritrovare le radici della fede e a viverla con coerenza’. Centralità dell’annuncio, ritrovamento delle radici: questi sono per lui i contenuti fondamentali”.

Per Bachelet la ‘scelta religiosa’ dell’Azione Cattolica si radica nel Concilio Vaticano II: “In una relazione alle presidenze diocesane del 1966 – dal significativo titolo: ‘Rinnovare l’Azione cattolica per attuare il Concilio’- Bachelet legava strettamente rinnovamento della Azione cattolica e attuazione del Concilio, tanto da vedere nel primo il modo specifico con cui l’Associazione poteva contribuire all’attuazione del secondo, ovvero di ‘tutto l’insegnamento e l’indirizzo del Concilio’. Questa attuazione doveva avvenire ‘senza timori e senza impazienza, ma con organicità, costanza e coraggio, anche se sempre in spirito di obbedienza e di pace’.

Si coglie la consonanza di questa esortazione di Bachelet a puntare sui valori essenziali dell’annuncio evangelico con la sollecitazione a far risuonare l’annuncio del Vangelo come se fosse la prima volta, andando al di là di ogni forma culturale pur fin qui prevalente, che ascoltiamo nell’esortazione ‘La gioia del Vangelo’”.

Per il prof. Ivaldo quella ‘scelta religiosa’ è essenziale per la Chiesa: “La scelta religiosa è il riconoscimento del primato della Parola di Dio. La Chiesa deve accettare la libertà inafferrabile della Parola di Dio, che sfugge alle nostre previsioni e rompe i nostri schemi. Dimenticare questo primato della Parola nella Chiesa e sulla Chiesa conduce a un ecclesio-centrismo fuorviante…

La scelta religiosa di Bachelet promuove al contrario una spiritualità che guarda all’essenza, che si lascia ispirare dal nucleo della fede cristiana, nella coscienza che questo nucleo (perché parla del senso del vivere) è in grado di attirare, se non il consenso, almeno l’ascolto e l’attenzione degli uomini e delle donne della nostra età, credenti, diversamente credenti, o non-credenti, se si portano alla luce, con una ermeneutica creativa e la concreta testimonianza, i significati universali in esso contenuti”.

Al termine si è avuta la testimonianza dell’ex ministro e magistrato Luigi Scotti: “La ricerca di aggregazioni dei consensi fu tipica della gestione Bachelet, che nel Consiglio stava a rappresentare la società civile più che uno schieramento politico o un settore culturale; e ciò potenziava quella sua capacità di dialogo che scaturiva naturale e spontanea dal contatto con gli altri, lui sempre sorridente, sempre disponibile non solo umanamente per cortesia, ma politicamente disponibile alla ricerca e allo sforzo operativo insieme.

Fu questa capacità a tener compatta la magistratura di fronte agli attacchi eversivi dentro e fuori i processi: ricordo le corse insieme a Torino, a Milano, in altre città dopo l’uccisione di un magistrato o di un avvocato, e ricordo come la fermezza da lui espressa a rimanere saldi e uniti nel lavoro e nella risposta giudiziaria riuscisse a superare sbandamenti, esitazioni, incertezze”.

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