Safer Internet Day: internet ed i problemi di connessione

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In occasione del Safer Internet Day Save the Children ha diffuso il dossier ‘Dai like alle piazze: giovani e partecipazione civica onlife’, in cui tre bambini o preadolescenti (6-14 anni) su 4 in Italia frequentano la rete, sviluppando una grande familiarità con Internet che diventa quasi assoluta tra i 15-24enni (94%). Navigano soprattutto per comunicare con i messaggi Whatsapp, Skype, Viber o Messenger (92% tra i 14 e i 17 anni), o utilizzando le applicazioni online anche per chiamare e videochiamare (81%), ma sono molti meno quelli che usano il web per leggere giornali o riviste online (circa 40%).

Solo 1 adolescente su 3 (30% circa) tra quelli che hanno risposto all’indagine, non è iscritto o non fa parte di nessun gruppo o associazione, 1 su 6 frequenta gruppi scolastici e sempre 1 su 6 è iscritto ad associazioni di volontariato sociale o ad associazioni o gruppi religiosi.

L’iscrizione ad associazioni culturali o associazioni per la tutela dell’ambiente riguarda il 7% circa, mentre quella ad associazioni per la cooperazione internazionale o per la tutela dei diritti umani, o a movimenti, partiti politici o comitati di cittadini riguarda il 4% circa dei rispondenti. In effetti in Italia fra il 2011 e il 2017 è raddoppiata la quota di giovani fra i 15 e i 30 anni che sono attivi in organizzazioni territoriali che supportano comunità locali, passata dal 10% del 2011 al 20% del 2017, a fronte di una media europea che è passata dall’11 al 13%.

Infatti per il 67% degli adolescenti che hanno risposto al sondaggio, i social rappresentano il canale sul quale si informano e si attivano rispetto ai temi sociali, civici o politici di maggiore interesse per loro, seguita dalla scuola (65%). Tra i temi che maggiormente riscuotono l’interesse dei ragazzi e delle ragazze vi sono i cambiamenti climatici e la difesa dell’ambiente (60%), la lotta contro discriminazioni, bullismo e stereotipi (53%), l’immigrazione (25%), i problemi della scuola e i diritti dei minori (18%).

Una buona parte dei ragazzi interpellati si adopera per diffondere online queste informazioni principalmente attraverso il ‘mi piace’ (45% circa) o condividendole sulla propria bacheca o profilo (46%), mentre 1 su 20 (6%) fa un passo in più e contribuisce creando in rete un nuovo contenuto sulla tematica in questione, e un, pur ristretto, 4% arriva anche a scrivere un appello o una petizione di raccolta firme per raggiungere un obiettivo prefissato.

L’esempio dei genitori, e in particolare quello della figura materna, sembra avere un effetto positivo sulla decisione di attivarsi anche fisicamente per le cause sociali, civiche o politiche conosciute online. Gli adolescenti con una madre attiva su queste cause, hanno maggiori probabilità di essere iscritti ad associazioni di volontariato (41%) rispetto a quelli con una madre non attivamente impegnata socialmente o politicamente (27%), e l’81% di chi ha dichiarato di non essere mai passato dalla dimensione online a quella reale ha una madre che non è attiva su questi temi.

Un altro fattore di rilievo in questo senso sembra essere anche l’abitudine alla lettura dei libri da parte dei ragazzi. Il 57% di chi partecipa ‘spesso’ e il 47% di chi partecipa ‘qualche volta’ anche fisicamente ad eventi che ha seguito online, dichiara infatti di aver letto più di 3 libri extrascolastici nell’ultimo anno, contro il 9% e il 12% di chi non ne ha letto neanche uno.

Inoltre una ricerca di Eurostat ha rilevato che nel 2019, un cittadino su tre dell’Unione europea, di età compresa tra 16 e 74 anni, ha riferito di incidenti relativi alla sicurezza, avvenuti negli ultimi 12 mesi, durante l’utilizzo di internet a scopi privati:

“Durante questo periodo, il phishing, cioè la ricezione di messaggio fraudolenti mediante il web, è stato l’incidente più frequente segnalato nel 2019. Il 25% delle persone nell’Ue ha dichiarato di esserne stato vittima. Il reindirizzamento a siti web fasulli che richiedono informazioni personali (pharming) è stato il secondo incidente di sicurezza più frequente (12% delle persone)”.

I tassi più alti sono stati osservati nei Paesi in cui c’è maggior accesso e utilizzo della rete, ossia in Danimarca (50%), seguiti da Francia (46%), Svezia (45%), Malta e Paesi Bassi (entrambi 42%), Finlandia (41%) e Germania (40%). Al contrario, le quote più basse sono state registrate in Lituania (7%), Polonia (9%), Lettonia (10%), Bulgaria (13%) e Grecia (13%).

Infine secondo un sondaggio dell’Unicef, “il 71% di coloro che hanno risposto crede che il cyberbullismo si verifichi soprattutto sui social network; circa il 32% crede che i governi dovrebbero essere responsabili di porre fine al cyberbullismo, il 31% ritiene che dovrebbero esserlo i giovani e il 29% ha risposto le società di internet”.

I dati disponibili suggeriscono che le ragazze hanno maggiori probabilità di essere vittime di cyberbullismo rispetto ai ragazzi, si stima inoltre che gli studenti più grandi potrebbero essere maggiormente esposti al cyberbullismo rispetto a quelli più piccoli: i ragazzi di 15 anni riportano una percentuale maggiore di cyberbullismo rispetto a quelli di 11 anni.

L’aumento del cyberbullismo riflette la rapida espansione dell’accesso dei bambini e dei giovani a internet, secondo il sondaggio dell’Unicef: “In 7 Paesi europei, la percentuale di bambini e adolescenti fra gli 11 e i 16 anni esposti a cyberbullismo è aumentata dal 7 al 12% tra il 2010 e il 2014. Secondo l’Itu (Unione internazionale delle telecomunicazioni), circa il 70% della popolazione giovane mondiale (15-24) era connessa nel 2017 (un numero in aumento rispetto al 36% degli under 25 nel 2011)”.

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