Da Palermo una riflessione sulla Chiesa di san Giovanni XXIII

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“Giovanni XXIII si presentava quel 25 gennaio 1959 davanti ai cardinali, ma direi dinanzi al mondo, dismettendo implicitamente i panni del monarca assoluto, ricordando a tutti la natura sinodale della Chiesa. Il Papa, in quella domenica, diceva con arguta semplicità ciò che i cristiani dei primi secoli sapevano bene: i grandi problemi si risolvono assieme, solo il dialogo aiuta, fa capire e aprire le strade da percorrere insieme, porta avanti, fa cogliere quello che ci unisce”.

Così ha esordito mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, nel discorso di apertura dell’Assemblea pastorale diocesana, svoltasi nell’ultimo week end di gennaio, per riflettere su temi del Concilio Vaticano II ed in particolare sul ‘Messaggio di Papa Giovanni XXIII’, con due giornate intense e molto partecipate; infatti i lavori dell’assemblea sono stati diffusi in diretta streaming, con picchi di oltre 9.000 contatti.

E’ stato lo stesso arcivescovo a spiegare il motivo dell’incontro: “L’idea di dar vita a questo evento, di realizzare questa Assemblea della Chiesa di Palermo, gioiosamente aperta alle altre Chiese, è nata da una intuizione e come da un sogno. Un sogno che mette accanto due Vescovi di Roma capaci di segnare nel profondo la nostra vita, la vita della Chiesa cattolica e delle Chiese cristiane.

Pur così diversi, Giovanni e Francesco hanno infatti qualcosa di profondo in comune: la loro umanità schietta e coinvolgente, la loro apertura accogliente ad ogni incontro. Hanno in comune una lingua non artefatta, che sa raggiungere l’altro e sa abbracciarlo, la lingua del cuore”.

Quindi ha sottolineato che l’allocuzione inaugurale del pontificato di san Giovanni XXIII è ancora attuale: “Quel discorso è ancora attuale per noi, oggi, ha ancora molto da dirci. In primo luogo, perché è permeato di uno spirito sinodale profondo. Giovanni XXIII, che conosceva bene la storia e la prassi della Chiesa antica, si presentava quel 25 gennaio 1959 davanti ai cardinali, ma direi dinanzi al mondo, dismettendo implicitamente i panni del monarca assoluto, ricordando a tutti la natura sinodale della Chiesa.

Il Papa, in quella domenica, diceva con arguta semplicità ciò che i cristiani dei primi secoli sapevano bene: i grandi problemi si risolvono assieme, solo il dialogo aiuta, fa capire e aprire le strade da percorrere insieme, porta avanti, fa ‘cogliere quello che ci unisce’”.

Per mons. Lorefice “la Chiesa non è una fucina di protagonismi individuali, di narcisismi sterili, né un’arena di competizione e antagonismo, di schieramenti opposti, ma è il luogo della compagnia, della ricerca comune e del dialogo sincero. Ciò non in virtù di un sistema democratico, ma perché la Chiesa è un corpo, il Corpo stesso del suo Signore, Messia e Maestro, unto e fecondato dallo Spirito, multiforme e diversificato, intimamente plurale, come ci ricorda in 1Cor 11 Paolo di Tarso, del quale oggi, alla stessa maniera di sessantuno anni fa e con la medesima ispirazione, ricordiamo la conversione”.

Eppoi ha aggiunto che la “Chiesa è chiamata a dialogare e a cambiare, ad aggiornarsi, in quanto coglie e capisce i segni dei tempi: le promesse e le opportunità, i rischi e le difficoltà. Noi cristiani non stiamo davanti al mondo come giudici distaccati, ma siamo nel mondo come compagni di via, che cercano di tendere l’orecchio ai poveri e di capire la speranza e il disagio di tutti, stando accanto a tutti. Per questo la Chiesa è operatrice di pace: perché la Chiesa non ha nemici, da autentica discepola del suo Signore che ha abbattuto nella sua carne il muro di separazione tra i popoli, il muro dell’inimicizia e della guerra”.

L’allocuzione di san Giovanni XXIII immetteva la Chiesa nella strada conciliare: “La sinodalità, l’ecumenismo, i segni dei tempi, l’aggiornamento, la sostanza viva del Vangelo, la misericordia, la Chiesa povera e dei poveri, la pace nel mondo sono questi i temi già presenti nell’allocuzione di quel 25 gennaio e che diventeranno l’architrave del magistero di Giovanni XXIII e soprattutto costituiranno il nucleo più rilevante dei testi conciliari.

Oggi, questi temi sono al centro del pontificato di papa Francesco, che ha voluto fare del confronto sinodale, dell’attenzione alle periferie, dell’aggiornamento della Chiesa, della misericordia, della povertà e della pace i fondamenti di un modo di annunciare l’Evangelo che prosegue lo spirito di Papa Roncalli e l’ispirazione intima del Vaticano II”.

Nel prosieguo assembleare è stata interessante la relazione del card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, il quale ha richiamato l’importanza e la necessità di una Chiesa che preferisce fare scelte per i poveri: “Gesù è per i poveri e lo stesso deve fare la Chiesa. Non possiamo spezzare il pane e restare spettatori di fronte ai poveri. Dobbiamo dare voce alle loro richieste ed accoglierli facendo posto nel nostro cuore. Essi sono un passaggio obbligato, un sacramento scomodo di Cristo”.

E dopo le testimonianze della fondatrice di ‘Nuovi Orizzonti’ Chiara Amirante e quella del direttore dell’Istituto di Scienze Religiose della Facoltà teologica di Sicilia ‘San Giovanni Evangelista’, don Vito Impellizzeri, Biagio Conte, fondatore della ‘Missione Speranza e carità’, ha esortato la chiesa palermitana a non costruire muri: “I poveri sono parte di questa società e noi dobbiamo essere aperti con tutti, altrimenti non possiamo essere veri cristiani. Dobbiamo essere uniti coi malati, coi carcerati, con gli immigrati. E’ Dio che muove i popoli. Non giudichiamo, non chiudiamo la porta, non creiamo muri”.

Mentre domenica l’assemblea diocesana si è conclusa in cattedrale con il focus sulla pace e l’importanza del dialogo, con il vescovo di Piazza Armerina, mons. Rosario Gisana, Massimo Toschi, già assessore della regione Toscana alla cooperazione internazionale, al perdono e alla riconciliazione dei popoli e Vincenzo Ceruso presidente delle Aggregazioni Laicali dell’Arcidiocesi di Palermo.

Il gran finale con Salvo Ficarra e Valentino Picone ha concluso i lavori, raccontando come è nata l’idea dello sketch sullo ‘Zio Pino’: “Aiutiamo chi ci guarda a regalare un sorriso agli altri e don Pino Puglisi lo ricordiamo spesso”.

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