IPM Nisida, “Ricomincio da te. La funzione educativa e sociale dello sport”

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Giovedì 30 gennaio 2020 dalle ore 15.00 alle 17.00 si svolgerà presso l’Isituto Penale per Minorenni in via Nisida 59 a Napoli un incontro dal tema “Ricomincio da te. La funzione educativa e sociale dello sport”, un talk con i ragazzi di Nisida, che incontreranno autorevoli personaggi dello sport e non solo: il Direttore IPM Nisida, Dott. Guanluca Guida; la Presidente “Carcere possibile Onlus”, Avv. Annamaria Ziccardi; la Presidente “Comitato Ad Astra Odv”, Dott.ssa Giovanna Passariello; il Garante detenuti Regione Campania, Dott. Samuele Ciambriello; il Presidente comitato di volontariato e promozione Universiadi 2019, Consigliere regionale Dott. Carmine De Pascale; Giuseppe Bruscolotti, già Capitano SSCN, Campione d’Italia 1987; Avv. Francesco Postiglione, già pallanuotista, già nuotatore Medaglia Oro Euro 88 e Medaglia Bronzo Olimpiadi 96; Matteo Ciccarelli, Campione del mondo subuteo 2018.

Scrive sul suo diario Facebook la Presidente del “Comitato Ad Astra Odv”, Dott.ssa Giovanna Passariello, del Comitato organizzativo dell’evento: “Instancabili… a testa bassa verso le mete… perché una società civile si vede dall’ impegno dei suoi cittadini nell’ aiutare il prossimo. We Serve! Ad Astra, Lions Club principessa Sichelgaita, Branch Salerno Minerva Minerva e Villa Romana di Ricigliano, con l’Associazione Carcere Possibile e la preziosa collaborazione della Casa Editrice Argento Vivo, incontreranno i ragazzi di Nisida insieme ad autorevoli personaggi del mondo dello Sport. Ogni sfida si può vincere se quando cadi trovi sempre la forza di rialzarti!Grazie Maria Catino Chechile, Livia Serritella, Dany Iuorio, Rosaria Chechile ed il nostro carissimo direttore William Silvestri. Sempre Avanti e sempre meglio. Grazie”.

Come spiega il Vicepresidente del vulcanico Comitato Ad Astra, l’Avv. Giancarlo Pezzuti, lo scopo di questo incontro è semplice: “Lo sport è sinonimo di impegno e consiste nel mettersi alla prova, nel superare i propri limiti e nel realizzare i propri sogni. Lo sport è considerato dai giovani una delle ruote più importanti dello sviluppo della vita; svolge un ruolo importantissimo nella formazione, nello sviluppo e nell’educazione, per molti è un’opportunità con cui tenere in allenamento il fisico e la mente, per altri ancora è una guida educativa. Un ulteriore aspetto su cui soffermarsi è la capacità di vivere in un gruppo. Sentirsi parte di un determinato contesto sociale è uno dei bisogni primari di ciascuno individuo, un gruppo di persone che condivide un obiettivo comune può raggiungere l’impossibile. Una delle principali motivazioni dei giovani nello sport è legata al desiderio di vivere e di raggiungere obiettivi sentendosi parte di un gruppo, in cui si crea un forte legame fra tutti i componenti. Tali obiettivi possono essere raggiunti grazie all’impegno e alla fiducia in noi stessi, il che significa assaporare una piacevole sensazione sia durante l’attività sia quando si è conclusa. Essere sportivi significa saper accettare una sconfitta e da essa ripartire con determinazione. Chi parte svantaggiato non deve avere alibi. Chi subisce un gol non deve deprimersi, non deve uscire dal campo. Un evento negativo nella vita non deve farci dimenticare i nostri sogni e non deve farci smettere di sognare. Non sempre possiamo vincere. Quando abbiamo dato tutto per poter vincere è possibile che il nostro avversario sia stato più bravo, o più fortunato. Ma il nostro orgoglio deve essere di uscire dal campo con “la maglietta sudata”. Lo stesso vale nella vita. Il primo passo per accettare la vittoria dell’avversario è congratularsi con lui e stringergli la mano. Non sempre possiamo raggiungere i nostri sogni, ma il nostro sogno principale deve essere quello di dare tutto per poterli raggiungere”.

In chiusura dell’evento che ha visto la sinergica collaborazione di varie associazioni e Casa Editrice Argento Vivo con il Suo direttore William Silvestri, ci sarà l’esibizione della giovanissima campionessa italiana di pugilato Miriam Tommasone con Chiara Saraiello, accompagnate dal loro maestro Guido De Novellis. La Presidente Lions Club Salerno Principessa Sichelgaita Maria Catino, sempre in prima linea nelle azioni concrete di interventi verso i giovani, saluterà i ragazzi e consegnerà ai relatori i Guidoncini Lions Club.

La Direzione dell’Istituto Penale per Minorenni – che dipende dal Ministero della Giustizia, attraverso il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, il Centro per la Giustizia Minorile per la Campania-Napoli – rivolge grande attenzione alla ricerca di nuovi modelli e iniziative trattamentali, educativi e sociali.
La presenza giornaliera media si attesta su circa 60 ragazzi, la maggior parte maschi, napoletani, giovani adulti. Per quanto riguarda gli stranieri, si tratta generalmente di ragazzi e ragazze di etnia rom, di origini serbe, croate o rumene, spesso nati in Italia. Vi è poi una parte residuale di ragazzi nordafricani. I delitti prevalenti sono contro il patrimonio (rapine), commessi in forma aggravata, e contro la legge sulle sostanze psicotrope (spaccio). Il 10% sono delitti di omicidio (tra tentato e consumato). Per quanto concerne la posizione giuridica è sempre prevalente l’utenza in espiazione pena rispetto a quella in custodia cautelare o in posizione giuridica mista.

Dott. Gianluca Guida è da più di vent’anni alla guida dell’Istituto Penale Minorile di Nisida, viso dolce, espressione rassicurante, sguardo intenso di chi conosce il dolore e lo affronta con determinazione. Se il capo è sicuramente importante, è l’equipe tutta che ha reso e rende valida una struttura come quella di Nisida (Luciana Pennino/Napoliflash 24).

Un’anno fa, Luciana Pennino intervistò per Napoliflash 24 del 30 gennaio 2019, Dott. Gianluca Guida per capire in cosa consiste il “modello Nisida”, considerato dalla Commissione europea un esempio da seguire: “Dare importanza alla cura, delle relazioni e dei rapporti umani: questo è lo stile d’azione degli operatori dell’IPM di Nisida. Le nostre azioni dipendono direttamente dalle nostre emozioni. Se riusciamo a mitigare le emozioni antisociali, con ogni probabilità riusciremo a temperare i comportamenti antisociali. Uno degli elementi principali della cura e del recupero dei detenuti in generale è quello di renderli consapevoli e sicuri di capacità altre, da mettere in campo a fine detenzione. Negli ultimi anni il lavoro in carcere ha prodotto grande estrosità e fantasia, come i vini Fuggiasco e Fresco di galera, l’abbigliamento Codice a sbarre o Made in carcere, le uova al Cappone, il caffè Lazzarelle o i prodotti di bigiotteria A mani libere. Tuttavia il nostro Istituto, all’assioma lavoro=recupero del detenuto, preferisce la linea della terapia occupazionale. In questa prospettiva abbiamo impostato tutte le attività rivolte ai minori secondo il modello laboratoriale, i cui valori fondanti sono la sinergia, l’integrazione delle diversità, l’orientamento allo scopo comune, più che l’incentivazione della capacità di generare reddito”.
Gli ospiti dell’IPM di Nisida non sono ancora adulti, non sono più ragazzini. Li chiamano “giovani adulti”. Magari hanno genitori rivali tra loro, tutti hanno vissuto la strada e il crimine. C’è il rapinatore al suo primo colpo che può salvarsi e c’è quello che fin da piccolo ha respirato la camorra in casa. Storie diverse tra loro, tutte di emarginazione. Cambia solo il livello di pericolosità anche all’interno di una struttura, che una volta si chiamava “casa di rieducazione” e “carcere minorile”, oggi “istituto penale minorile”. Tutti sullo stesso campo di calcetto per una partita, fa parte del cosiddetto “trattamento” dei giovani detenuti. E qualche anno fa, metà giugno del 2016, lì è scoppiata una rissa tra due che si allarga a tutti igiocatori, di cui alcuni con familiari nella camorra di Forcella, della Sanità, di Ponticelli e di Secondigliano, tutti già maggiorenni tranne uno solo minorenne, di 17 anni. Nessuno dei dodici ragazzi che se le sono dati di santa ragione, ma tre agenti della polizia penitenziaria finiscono in ospedale.
In quell’occasione, il Capo del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, Dott. Francesco Cascini commentava con Irene De Arcangelis per Napoli.repubblica.it del 19 giugno 2016: “Il recupero va fatto in una comunità per sfruttare al massimo la socialità. Queste cose possono succedere, accade anche tra adolescenti non reclusi. Anche se il problema non va sottovalutato e bisogna lavorare di più sui ragazzi vicini alla criminalità organizzata. Per ora teniamo già separati i più piccoli dai ragazzi più strutturati e vicini alla criminalità organizzata. Sicuramente sui cinquantacinque ragazzi ospiti di Nisida si può fare qualche separazione, ma senza eccedere, altrimenti saranno condannati all’isolamento. Si rischia di rendere più difficile il recupero. D’altra parte tra i 21 e i 25 anni la legge permette di mandare questi ragazzi in un carcere per adulti, ma se noi tentiamo sempre di trattenerli nelle strutture minorili è proprio per raggiungere quel recupero necessario”.
Recentemente, il 12 gennaio 2020 si è verificata una situazione di emergenza interna, per il grave episodio di una spedizione punitiva tra detenuti, creando altissima tensione. È successo che nel pomeriggio, all’atto dell’apertura delle celle, quando un gruppetto di sette detenuti, con il volto coperto da sciarpe e cappelli, armati di pietre e mazze di legno, hanno tentato di assaltare l’Ufficio del Preposto di Polizia Penitenziaria, dove si trovava un altro detenuto, che avrebbero voluto aggredire e linciare. I detenuti hanno assaltato l’Ufficio lanciando alcune pietre, rompendo alcuni vetri. Alcuni di loro hanno tentato di raggiungere il Reparto Osservazione/Infermeria, arrampicandosi alle pareti attraverso i tubi di scarico dell’acqua. Solo la lucidità, la prontezza di intervento e lo spirito di gruppo dei poliziotti penitenziari in servizio hanno permesso di limitare i danni, riuscendo con immensa fatica ed enorme rischio, a contenere e bloccare gli aggressori, mettendo fine a questa situazione critica.

L’Istituto Penale per Minorenni di Nisida è un’importante e significativa realtà della Città di Napoli, che si trova su un isolotto, quindi in una posizione isolata rispetto al contesto urbano, non raggiungibile con i mezzi pubblici.

“No no no no, niente voli speciali
e neanche traversate intercontinentali
per arrivarci basta solo la Cumana
Nisida è così vicina così lontana
(Edoardo Bennato).

Come canta Bennato – il cantautore, chitarrista e armonicista italiano, ritenuto da molti critici e musicisti uno dei più grandi rocker italiani – Nisida, questa isola-non isola, è vicina a Napoli ma non accessibile, proprio perché sede dell’IPM, tranne che in occasioni speciali, come lo sarà il prossimo 30 gennaio.
L’Isola di Nisida era proprietà del Duca di Amalfi e si è trasformata nel tempo, da lazzaretto fino a diventare Casa di rieducazione negli anni Trenta. All’interno della cinta muraria, la struttura è suddivisa in diverse palazzine: la prima, adiacente alla cinta muraria, è occupata dagli uffici della Direzione e del personale amministrativo. Due palazzine sono destinate all’accoglienza dei ragazzi/e, divisi per sesso. Un’altra palazzina è dedicata alle attività didattiche, vi si trova la biblioteca e gli uffici degli educatori, degli psicologi, e di tutto il personale dell’area pedagogica. Vi è il teatro, voluto da Edoardo De Filippo e diversi spazi dedicati ai laboratori di formazione professionale finanziati dalla Regione Campania. Si trova anche un orto ed un’area adibita alla pet – therapy, gestiti entrambi da alcuni ragazzi. Come spazi comuni all’aperto vi è un campo di calcio, uno di pallavolo/basket. Le celle sono ampie e luminose (finestroni grandi con inferriate che permettono un adeguato passaggio della luce), ed ospitano da 2 a 4 ragazzi/e. I bagni sono in buone condizioni con acqua calda sempre a disposizione e riscaldamento. All’interno c’è la televisione, l’armadio, il comodino e uno spioncino che permette ai poliziotti di controllare sia all’interno della cella che del bagno. Nella struttura femminile, oltre le celle, c’è la palestra, la sala comune ed il nido (con fasciatoio, culla, box e diversi giochi) per madri e bambini.

La costruzione del Castello di Nisida – oggi sede dell’Istituto Penale per Minorenni – forse di epoca tardo-angioina, fu riadattata in epoca moderna, a partire dal XVI secolo, come caposaldo nel sistema difensivo della Città di Napoli, pianificato dal Viceré Don Pedro de Toledo, che si estendeva da Baia fino allo Sperone. La trasformazione fu resa necessaria a seguito delle reiterate scorrerie del celebre “pirata Barbarossa” sulle coste della Calabria, su Ischia e su Procida. Il castello, così come l’intero isolotto, appartenne alla famiglia napoletana dei Macedonio, Duchi di Grottolella.
Nel 1626, anno della terribile epidemia di peste a Napoli, il Viceré Don Antonio Álvarez de Toledo volle che il castello fosse adibito a lazzaretto per raccogliere gli appestati. Durante il periodo del Regno delle Due Sicilie, in seguito al rafforzamento della flotta militare e delle mutate condizioni strategiche, la costruzione fu adibita all’internamento dei prigionieri politici. Le tribolate vicende che caratterizzano tali mutamenti furono arricchite da episodi più o meno eclatanti come ad esempio nel 1851 quando il Conte di Gladstone denunciò le disumane condizioni in cui versavano i detenuti. Ironia della sorta volle che, nel periodo post -unitario, il Castello divenne luogo di detenzione per gli ex funzionari del Regno delle Due Sicilie, a seguito dell’epurazione avviata dai Savoia nella Pubblica Amministrazione borbonica.

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