La Chiesa invita a non dimenticare la Shoah

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“Domani ricorre il 75° anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Davanti a questa immane tragedia, a questa atrocità, non è ammissibile l’indifferenza ed è doverosa la memoria. Domani siamo tutti invitati a fare un momento di preghiera e di raccoglimento, dicendo ciascuno nel proprio cuore: mai più, mai più!”: così papa Francesco durante l’Angelus di ieri ha ricordato questa ricorrenza.

Infatti il ‘Giorno della Memoria’ è una ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata per commemorare le vittime dell’Olocausto, designato dalla risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005, durante la 42ª riunione plenaria. Si è stabilito di celebrare il Giorno della Memoria ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. Ad Auschwitz-Birkenau, i nazionalsocialisti tedeschi uccisero oltre 1.000.000 ebrei, 75.000 polacchi, 21.000 rom, 15.000 russi e diverse migliaia di prigionieri di altre nazionalità.

In occasione della ricorrenza i vescovi europei hanno evidenziato il significato di questa giornata: “Il 75° Anniversario della Liberazione del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, nello spirito delle parole di Papa Francesco, ci obbliga a contrastare con forza tutti gli atti che minacciano la dignità umana: razzismo, xenofobia e antisemitismo. Non possiamo permettere che la verità venga ignorata o manipolata per esigenze politiche immediate”.

I vescovi sottolineano che sebbene siano già trascorsi 75 anni dalla liberazione del campo di concentramento tedesco di Auschwitz-Birkenau, questo luogo, che è stato il più grande campo di concentramento nazista aperto nel 1940 nei territori polacchi occupati, ispira ancora terrore: “In questo anniversario, facciamo appello al mondo moderno per la riconciliazione e la pace, per il rispetto del diritto di ogni nazione a esistere e a vivere in libertà, a vedere riconosciuta la propria indipendenza, a mantenere la propria cultura. Non possiamo permettere che la verità venga ignorata o manipolata per esigenze politiche immediate.

Questo appello è estremamente importante ora, perché, nonostante le drammatiche esperienze del passato, il mondo in cui viviamo è ancora soggetto a nuove minacce e manifestazioni di violenza. Guerre crudeli, casi di genocidio, persecuzioni, e diverse forme di fanatismo continuano a verificarsi, anche se la storia ci insegna che la violenza non porta mai alla pace, ma, al contrario, provoca altra violenza e la morte”.

Auschwitz è diventato un simbolo di tutti i campi di concentramento tedeschi e persino di tutti i siti di sterminio: “E’ come l’apice dell’odio per l’uomo, che ha avuto il suo tributo di morte nel XX secolo. È qui che la tesi sulla fondamentale disuguaglianza delle persone ha raggiunto il suo limite. Qui i nazisti si appropriarono del potere di decidere chi fosse umano e chi no. Qui l’eutanasia incontrò l’eugenetica. Auschwitz-Birkenau è il risultato di un sistema basato sull’ideologia del nazionalsocialismo, che significava calpestare la dignità dell’uomo come immagine di Dio. Anche un altro totalitarismo, il comunismo, ha agito allo stesso modo e ha fatto milioni di vittime”.

Questo campo di sterminio è stato visitato dagli ultimi tre papi: san Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. San Giovanni Paolo II visitò Auschwitz-Birkenau durante il suo primo pellegrinaggio in Polonia (7 giugno 1979). Dopo aver attraversato il cancello del campo sormontato dall’iscrizione ‘Arbeit macht frei’, visitò la cella della morte di san Massimiliano Maria Kolbe e pregò nel cortile del Blocco 11, dove furono fucilati i prigionieri.

Papa Benedetto XVI varcò da solo il cancello del campo (28 maggio 2006) e durante la cerimonia presso il Monumento internazionale del Martirio delle Nazioni, tenne un discorso in cui ha dichiarato: “Con la distruzione di Israele, con la Shoah, volevano, in fin dei conti, strappare anche la radice su cui si basa la fede cristiana, sostituendola definitivamente con la fede fatta da sé, la fede nel dominio dell’uomo, del forte”.

Durante la sua visita all’ex campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau (29 luglio 2016), papa Francesco seguì le orme di entrambi i suoi predecessori. Non fece alcun discorso, ma la sua presenza silenziosa fu molto eloquente. Nel libro commemorativo scrisse: “Signore abbi pietà del tuo popolo! Signore, ti chiediamo perdono per tanta crudeltà”.

Mentre alcuni giorni prima della commemorazione papa Francesco aveva ricevuto in udienza una delegazione del ‘Centro Simon Wiesenthal’: “Se perdiamo la memoria, annientiamo il futuro. L’anniversario dell’indicibile crudeltà che l’umanità scoprì settantacinque anni fa sia un richiamo a fermarci, a stare in silenzio e fare memoria. Ci serve, per non diventare indifferenti.

Preoccupa l’aumento, in tante parti del mondo, di un’indifferenza egoista, per cui interessa solo quello che fa comodo a se stessi: la vita va bene se va bene a me e quando qualcosa non va, si scatenano rabbia e cattiveria. Così si preparano terreni fertili ai particolarismi e ai populismi, che vediamo attorno a noi. Su questi terreni cresce rapido l’odio. Seminare odio. Ancora recentemente abbiamo assistito a barbare recrudescenze dell’antisemitismo. Non mi stanco di condannare fermamente ogni forma di antisemitismo”.

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