Papa Francesco: i cristiani portatori del messaggio di salvezza

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Nella basilica di san Paolo a Roma si è conclusa la settimana dell’unità tra cristiani con la celebrazione e l’omaggio dei rappresentanti delle tradizioni cristiane alla tomba dell’Apostolo e davanti all’urna di san Timoteo, compagno di Paolo, nell’altare a lui dedicato. Il papa ha riletto il passo degli Atti degli Apostoli da cui è stato tratto il tema della settimana: ‘Ci trattarono con gentilezza’, quando l’apostolo delle genti è bordo della nave che lo porta prigioniero a Roma. Tra tutti i più vulnerabili sulla nave sono i prigionieri, a Malta dopo il naufragio c’è la accoglienza che porta alla salvezza.

Il papa ha messo in evidenza la fiducia dell’apostolo in Dio: “La fiducia di Paolo si dimostra fondata e alla fine tutti i passeggeri si salvano e, una volta approdati a Malta, sperimentano l’ospitalità degli abitanti dell’isola, la loro gentilezza e umanità. Da questo importante particolare è stato tratto il tema della Settimana di preghiera che oggi si conclude”.

E si è soffermato sull’accoglienza ricevuta dagli abitanti dell’isola di Malta: “Cari fratelli e sorelle, questa narrazione degli Atti degli Apostoli parla anche al nostro viaggio ecumenico, diretto verso quell’unità che Dio ardentemente desidera. In primo luogo, ci dice che quanti sono deboli e vulnerabili, quanti hanno materialmente poco da offrire ma fondano in Dio la propria ricchezza possono donare messaggi preziosi per il bene di tutti”.

Il pensiero è rivolto soprattutto alla situazione dei cristiani nelle zone in cui il cristianesimo non è tollerato: “Pensiamo alle comunità cristiane: anche quelle più ridotte e meno rilevanti agli occhi del mondo, se fanno esperienza dello Spirito Santo, se vivono l’amore a Dio e al prossimo, hanno un messaggio da offrire all’intera famiglia cristiana. Pensiamo alle comunità cristiane emarginate e perseguitate. Come nel racconto del naufragio di Paolo, sono spesso i più deboli a portare il messaggio di salvezza più importante.

Perché a Dio è piaciuto così: salvarci non con la forza del mondo, ma con la debolezza della croce. In quanto discepoli di Gesù, dobbiamo perciò stare attenti a non farci attirare da logiche mondane, ma metterci piuttosto in ascolto dei piccoli e dei poveri, perché Dio ama mandare i suoi messaggi per mezzo di loro, che più somigliano al suo Figlio fattosi uomo”.

L’annuncio dell’apostolo alla salvezza è un invito per tutti: “E’ un invito a non dedicarci esclusivamente alle nostre comunità, ma ad aprirci al bene di tutti, allo sguardo universale di Dio, che si è incarnato per abbracciare l’intero genere umano, ed è morto e risorto per la salvezza di tutti.

Se, con la sua grazia, assimiliamo la sua visione, possiamo superare le nostre divisioni. Nel naufragio di Paolo ciascuno contribuisce alla salvezza di tutti: il centurione prende decisioni importanti, i marinai mettono a frutto le loro conoscenze e abilità, l’Apostolo incoraggia chi è senza speranza.

Anche tra i cristiani ciascuna comunità ha un dono da offrire agli altri. Più guardiamo al di là degli interessi di parte e superiamo i retaggi del passato nel desiderio di avanzare verso l’approdo comune, più ci verrà spontaneo riconoscere, accogliere e condividere questi doni”.

Ricordando l’ospitalità narrata negli Atti degli Apostoli il papa ha sottolineato che essa appartiene alla tradizione cristiana: “Da questa Settimana di preghiera vorremmo imparare ad essere più ospitali, prima di tutto tra di noi cristiani, anche tra fratelli di diverse confessioni. L’ospitalità appartiene alla tradizione delle comunità e delle famiglie cristiane.

I nostri vecchi ci hanno insegnato con l’esempio che alla tavola di una casa cristiana c’è sempre un piatto di minestra per l’amico di passaggio o il bisognoso che bussa. E nei monasteri l’ospite è trattato con grande riguardo, come fosse Cristo. Non perdiamo, anzi, ravviviamo queste usanze che sanno di Vangelo!”

Nel saluto finale Papa Francesco ha salutato il Metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico,  Sua Grazia Ian Ernest, rappresentante personale a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, e i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali  che hanno partecipato.

Un saluto anche agli studenti dell’Ecumenical Institute of Bossey, in visita a Roma per approfondire la loro conoscenza della Chiesa Cattolica, e i giovani ortodossi e ortodossi orientali che qui studiano con una borsa di studio del Comitato di Collaborazione Culturale con le Chiese Ortodosse, operante presso il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

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