L’elogio di un gattofilo per i piccoli felini

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“L’umanità si può suddividere grossomodo in due categorie. In coloro che amano i gatti e in coloro che vengono puniti dalla vita” (Petrarca).

“Ai gatti riesce senza fatica ciò che resta negato all’uomo: attraversare la vita senza fare rumore. I gatti dimostrano di avere un’assoluta onestà emotiva” (Hemingway).

“C’è chi è savio, c‘è chi è matto, ci sono i buoni, ci sono i cattivi, c’è chi è migliore, c’è chi è mal fatto (…)“ (T.S. Eliot).

Konrad Zacharias Lorenz, il zoologo e filosofo austriaco, affermava: “Per scrivere sugli animali bisogna essere ispirati da un affetto caldo e genuino per le creature viventi, e penso che a me questo requisito verrà senz’altro riconosciuto”.

Chanel e Seville.

Proseguo mia giornata nel pomeriggio su questo “Blog dell’Editore”, con un argomento, che mi appassiona, già da bambino (a casa c’erano sempre gatti, perché dovevano tener lontano i topi dal laboratorio di mio padre, che era maestro cioccolatiere, pasticciere e panettiere). Gattofilo si nasce, non si diventa. Ormai, si sa che faccio parte di quella parte dell’umanità, che è gattofila e che convivo con il la Dama Chanel e il Cavaliere Seville (ritratti nella foto di copertina durante il loro riposino di questo pomeriggio). C’è anche chi mi chiama “gattolico” e aggiungo: praticante.

Il mantello di Chanel (nata il 25 maggio 2018) è tricolore e il mantello di Seville (nato il 1° giugno 2018) è bianco tigrato rosso, così li descrive il veterinario nel loro Libretto sanitario internazionale di vaccinazione. Sono cugini e le loro madri, che erano sorelle, li hanno allattati indistintamente, come fossero fratelli.

Chanel.

L’Hermitage a San Pietroburgo è uno dei musei più importanti e ricchi di opere d’arte al mondo, ma in pochi sanno che questo museo della Russia ospita non solo quadri importantissimi, anche una nutrita colonia di una sessantina di gatti, specializzati nel tenere alla larga topi e altri roditori dalle opere d’arte inestimabili.
Si tratta di una tradizione che risale ai tempi degli Zar. Pietro il Grande fu il primo a offrire rifugio ad un felino portato con sé dai Paesi Bassi in quello che allora era il Palazzo d’Inverno. L’Imperatrice Elisabetta, terrorizzata dai topi, fece giungere un gran numero di gatti da Kazan e così i mici, diventati un piccolo esercito, assunsero lo status di veri guardiani del palazzo con l’Imperatrice Caterina II la Grande, la prima a dare vita alla collezione di opere d’arte che ancora oggi costituisce il patrimonio di questo museo.
Sopravvissuti alla Rivoluzione d’Ottobre e ai primi caotici anni dell’Unione Sovietica, i gatti scomparvero solo nel periodo dell’assedio di Leningrado durante la Seconda guerra mondiale, ma la loro assenza causò una vera e propria invasione di ratti, tanto che, non appena finì l’assedio e tornò la pace, con essa arrivarono anche due vagoni di gatti dalla Siberia e dalla Russia Centrale, donati dai proprietari in segno di solidarietà.
Vivono nei sotterranei e nei sottotetti. Sono amati, rispettati e trattati con ogni cura. Ciascun gatto possiede un proprio documento identificativo. Ci sono aree predisposte nei sotterranei per nutrirli e curarli in caso di malattia. I dipendenti del museo li conoscono uno per uno e nelle strade accanto al museo ci sono appositi cartelli che ne segnalano il passaggio agli automobilisti, qualora decidessero di uscire dalle gattaiole e andare a rilassarsi sui bordi della Neva. Poiché la colonia felina tende naturalmente a ingrossarsi, di tanto in tanto i responsabili del museo si incaricano di trovare famiglie affidatarie cui assegnare alcuni dei gatti e mantenere la colonia intorno alle sessanta unità, una dimensione ideale per tenere alla larga i topi ed evitare che i gatti comincino a litigare tra loro. A testimoniare il profondo legame tra i felini e il museo dell’Hermitage, ogni anno, il 28 di marzo, i dipendenti del museo organizzano la Giornata del gatto dell’Hermitage, uno evento importante per tutta la città, con concorsi, giochi ed esposizioni didattiche.

Seville.

Ospito un contributo di Federica Vitale “Gatti: il loro cervello è superiore a quello umano” da Nextme.it-Guardaavanti, seguito da un elenco – non esaustivo certamente, tratto da uno studio di “Chupito’s farm – di personaggi storici e artisti, che in tutte le epoche sono stati attratti dai piccoli felini e molti di loro hanno reso protagonisti i loro compagni a quattro zampe delle loro opere, per concludere con “Il Nome dei gatti” di Andrew Lloid Webber.

Chanel.

Gatti: il loro cervello è superiore a quello umano
di Federica Vitale
Nextme.it, 10 maggio 2012
Il cervello felino come quello umano? Potrebbe anche essere vero. Ad ogni modo, gli schieramenti sono due: c’è chi ama i cani e c’è chi ama i gatti. Ma sappiate che proprio questi ultimi hanno risalito la china superando di gran lunga il cane in quanto ad intelligenza. Infatti, il nostro cucciolo peloso pensa, sogna e ricorda ed è ammaestrabile per svolgere compiti complessi. Una sorta di legame simile a quello che una ricerca ha reso noto di recente tra il cervello umano e quello dei vermi.
Un primato, dunque, che premia il felino, da anni sempre al secondo posto nell’indice di gradimento dopo il cane. E non solo. Il cervello felino, secondo i moderni studi, sarebbe molto simile a quello umano per struttura e funzione. È il New Scientist a tirare le somme su alcune ricerche ed esperimenti condotti su cani e gatti. E proprio questi ultimi hanno dimostrato di possedere un cervello con il doppio dei neuroni rispetto ai colleghi cani, sebbene più piccolo quanto a dimensioni. Questa particolarità, inoltre, renderebbe molto più semplice la capacità di processare le informazioni, proprio come un potente tablet.
I gatti possiedono circa 200 milioni dir recettori olfattivi, battendo nel numero il migliore amico dell’uomo. E che dire della loro capacità di prevedere gli attacchi di epilessia e i cambiamenti del tempo? Osservateli quando si lavano e il giorno dopo pioverà!
Le straordinarietà del gatto non finiscono qui. Secondo gli scienziati, infatti, avrebbero positivi effetti sull’essere umano. Basti pensare ai potenti effetti terapeutici delle fusa. È risaputo come l’amicizia e la vicinanza di un gatto faccia bene soprattutto alle persone sole e agli anziani. Tuttavia, i risultati cui sono giunti gli studiosi vedono nelle fusa forti poteri curativi e di giovamento alle persone che soffrono di reumatismi. Le fusa, infatti, vibrano tra 1,5 e 6 hertz, ossia la stessa frequenza utilizzata nelle terapie dell’artrite. E poi come negare il forte rilassamento di cui si beneficia avendo un gatto che fa le fusa sulle proprie ginocchia in poltrona o accanto, nel letto? Per quanti soffrono di pressione alta, invece, può rivelarsi utile semplicemente accarezzare il proprio micio per veder diminuire il ritmo cardiaco.
Tornando alla struttura del cervello felino, gli studi hanno dimostrato come sia più semplice aver dialogo con il micio anziché con il cane. Pare infatti che l’uomo comprenda prima il linguaggio di un gatto riuscendo, dunque, ad intavolare una vera e propria conversazione. A loro volta, i felini hanno dimostrato di avere elevate doti di apprendimento. Capacità questa che si è rivelata utile ai portatori di handicap poiché in grado di svolgere persino incarichi domestici. Infine, ma non per questo meno importante, avere un gatto per casa si rivelerebbe un valido rimedio contro lo stress, l’ansia ed i casi di depressione. E, nei casi di insonnia, la sua vicinanza costituisce uno dei più potenti sonniferi naturali.
Dunque, dimenticatevi del luogo comune per cui il gatto è poco simpatico, comunicativo e socievole. Proprio come ogni essere umano, i felini possiedono un carattere che va compreso e rispettato. E ora, se avete un gatto a portata di mano, tuffatevi nel suo pelo e lasciatevi cullare dalle sue fusa. Sempre che non siate allergici. Ma questo è un altro discorso!

Seville.

Alcuni personaggi amanti dei gatti
Il primo Imperatore romano Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto era un grande amante dei gatti e alla sua gatta fece diverse dediche.
Papa San Gregorio Magno in tutta la sua vita si è circondato di gatti e ha fatto aprire le porte dei conventi ai piccoli felini.
Il Profeta Maometto fu un grande amante degli animali e dei gatti in particolare, pare ne avesse molti, si racconta che un giorno la sua gatta Muezza, le si addormentò sulla veste e, giunta l’ora della preghiera, il profeta, non volendola svegliare, decise di tagliare un pezzo della sua veste piuttosto che destarla; al ritorno dalla Moschea, la gatta fece al Profeta un inchino per ringraziarlo, fu allora che Maometto la accarezzò tre volte sul dorso e da queste carezze nacquero i mantelli rigati o “tabby”.
Il Re di Gwynedd del Galles Hywel Dda il buono, nel complesso delle leggi gallesi da lui emanati, vi era la prima in difesa degli animali domestici.
Il Sultano d’Egitto e Siria El-Daher Beybars riservò ai gatti randagi il giardino “Gheytel-Qouttah” (Il frutteto dei gatti).
Il Re di Francia Luigi XV concesse al suo angora turco dall’iindole docili Brilliant privilegi superiori a quelli dei principi.
Francesco Petrarca chiese in una lettera a Giovanni Boccaccio di comporre per la sua gatta Laura (che aveva macchie di tre colori diversi, come la mia Chanel) al momento della sua dipartita un epigramma adeguato per il suo epitaffio, in cui scrisse: “Talvolta sono tentato di pensare che se Dio è potuto essere un uomo, avrebbe potuto essere benissimo anche un gatto, tanto perfetto è questo animale. Ma non oserei mai pronunciare questo pensiero e, Ti prego, serbalo anche Tu nel tuo cuore. La gatta tiene molto alla sua libertà personale, e ti adula solo se le va. (…) non c’è da stupirsi che io abbia un tale pensiero alla fine della mia vita: l’umanità si può suddividere grossomodo in due categorie. In coloro che amano i gatti e in coloro che vengono puniti dalla vita”.
Leonardo Da Vinci fu particolarmente incuriosito dal gatto da dedicargli degli studi specifici.
Torquato Tasso dedicò ai felini “Sonetti per i miei gatti”.
Il Cardinale Armand-Jean du Plessis Duca di Richelieu, Primo Ministro del Re di Francia Luigi XIII, alla sua morte aveva ben quattordici gatti, di cui si conoscono persino i nomi e le abitudini e a loro lasciò una lauta eredità.
François-Augustin de Paradis de Moncrif scrisse l’opera “Histoire des Chats” in cui prende le difese del gatto domestico attraverso fonti storiche, dell’Egitto soprattutto.
Charles Perrault scrisse la prima ed importante raccolte delle fiabe tratte dalla tradizione orale europea, tra cui la celebre favola de “ Il gatto con gli stivali” la cui morale è bene espressa da una citazione di Collodi: insegna che “Godersi in pace una ricca eredità, passata di padre in figlio, è sempre una bella cosa: ma per i giovani, l’industria, l’abilità e la svegliatezza d’ingegno valgono più d’ogni altra fortuna ereditata. Da questo lato, la storia del gatto del signor marchese di Carabà è molto istruttiva, segnatamente per i gatti e per i marchesi di Carabà”.
Isaac Newton è accreditato come l’inventore della gattaiola per permettere i suoi gatti di uscire dalla stanza da letto.
Le sorelle Charlotte, Emily e Anne Bronte erano grandi amanti degli animali in generale e in particolare del gatto Tiger, che viene anche raffigurato da Emily in ritratto, che scrisse anche il saggio “Le Chat”, nel quale difende la natura del gatto, che da molti al tempo, e forse anche oggi, era considerata egoista e crudele, definendola persino simile o migliore, in quanto priva di ipocrisia, di quella umana.
Alexandre Dumas padre, che amò moltissimo il gatto Mysouff e con il quale spesso lo si vedeva camminare per le strade Parigine, scrisse un’opera dedicata ai suoi animali “Histoire demes bêtes”; insieme ad altri colleghi amanti dei gatti, quali Guy de Maupassant, Charles Bodelaire e Anatole France, fu uno dei fondatori della lega per la difesa dei felini.
Emile Zola scrisse per il suo bello angora turco “Il paradiso dei gatti”, in cui racconta del suo forte desiderio di vivere come un randagio e che lo porterà a scappare di casa (come l’hanno Chanel e Seville); ovviamente il gatto ben presto si renderà conto che la vita di strada non faccia per lui e terminata la punizione per essere fuggito, che lui stesso reputerà dovuta,il gatto si troverà a pregustare il pranzetto di carne preparato appositamente per lui, finalmente al sicuro in casa sua (e secondo Zola il paradiso dei gatti è proprio questo, avere un’esistenza leggermente limitata ma decisamente più protetta e ricca di privilegi).
Lewis Carroll, che scrisse “Alice nel paese delle meraviglie” pensava che senza un gatto la casa dove abitava un bambino non fosse completa, fu così che inserì la gatta Dina ad accompagnare Alice in molte delle sue avventure.
Mark Twain, ovvero Samuel Langhorne Clemens, che ebbe molti gatti e i nomi scelti erano lunghi ed avevano una difficoltosa pronuncia, dedicò ai gatti “Tom Quartz & altri gatti” e anche “A cat-tale”.
Il Primo ministro brittanico Winston Churchill ebbe molti compagni gatti e molti vennero salvati portandoli a Downing Street.
Il 16̊ Presidente degli USA Abraham Lincoln fu il primo a portare un gatto alla Casa Bianca.
Il 26̊ Presidente degli USA Theodore Roosevelt ebbe anche lui diversi compagni felini; a Slippers era concesso davvero di tutto, anche di partecipare ai formali banchetti della Casa Bianca o dormire nel corridoio che dalla sala da pranzo portava alla East Room, dove venivano prese le importanti decisioni e ai collaboratori veniva richiesto di scavalcare il gatto con attenzione per non disturbarlo durante il suo riposo.
Il 35̊ Presidente degli USA John Fitzgerald Kennedy benché amante dei cani, non riuscì a rimanere indifferente difronte alle dolci fusa del piccolo Tom Kitten e portò anche lui alla Casa Bianca.
Il 46̊ Presidente degli USA William Jefferson Blythe III (Bill) Clinton alla Casa Bianca portò con se il gatto pezzato bianco e nero che la figlia trovò per strada da cucciolo, il First-Cat Socks; Hillary dedicò al gatto ed al cane il libro “DearSocks, Dear Buddy“, i cui proventi furono dedicati ad opere di carità e nel 2018 è uscito il videogioco “Socks the Cat Rocks the Hill“.
Ernest Hemingway fu tra i gattari famosi più noti; la maggior parte dei suoi gatti erano polidattili (ovvero con 6 invece di 5 dita), ne lodava spesso caratteristiche e identità e i protagonisti dei suoi racconti avevano sovente amici gatti.
Il vate del modernismo, premio nobel per la letteratura e pure divertente scrittore per ragazzi Thomas Stearns Eliot raccolse le poesie scritte in omaggio ai nipoti “ Old Possum’s Book of Practical Cats “ (Il libro dei gatti tuttofare).
Cyriel Verschaeve, sacerdote national-fiammingo e scrittore, era un gattofilo; nel suo discorso in occasione della commemorazione del 27-28 settembre 1969 – a cui ero presente -, Maestro Adiel Debeuckelaere pronunciò le seguenti parole: “Semplice e modesto, avverso a tutte le manifestazioni politiche, visse più o meno ritirato dal mondo esterno ad Alveringem. Posso ancora vederlo nel suo studio, tra i suoi libri con il suo gatto in grembo, lo sento ancora sognare ad alta voce senza nessuno potrebbe dire qualcos’altro”.
Il pittore ed esponente di spicco del Fauvismo Henri Matisse fu un amante dei gatti e inn diversi dipinti ha immortalato gli splendidi Minouche e Coussi.
Il pittore cubista Pablo Picasso non rimase indifferente al fascino esercitato dai gatti e a sua compagna favorita fu la gattina Minù; diversi dei suoi dipinti hanno i gatti come soggetti e cercava di trasportare su tela la loro forza ed il loro lato animalesco più oscuro.
Il padre della Pop Art Andy Warhol fu figlio di una grande amante dei gatti, ne era innamorato anche lui e gli dedicò “Venticinque gatti di nome Sam e uno di nome Blue Pussy”, composto da immagini di gatti rappresentati in atteggiamenti bizzarri, dal soggetto capriccioso a quello regale, e tutti con personalità molto spiccate.
Piero Martinetti, filosofo e docente universitario, molto sensibile al tema della dignità degli animali, al punto da essere uno tra i primi illustri esponenti che divennero, notoriamente, vegetariani; naturalmente condivise la sua vita con diversi compagni felini ai quali dedicò commoventi epitaffi quando questi dipartivano.
Italo Calvino dedicò ai gatti “ Il giardino dei gatti ostinati “, un’ode all’astuzia dei piccoli felini.
Il poeta e politico cileno Pablo Neruda, ovvero Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, scrisse diverse odi e poesie dedicate ai gatti.
Il poeta inglese William Wordsworth dedicò una delicata poesia ad un micino che giocava con delle foglie che cadono.
Henry Charles Bukovski, il poeta e scrittore americano dai modi piuttosto scontrosi nascondeva un tenero cuore che riservava ai gatti; era solito raccogliere gatti randagi anche piuttosto mal ridotti e portarli a casa sua per curarli e sfamarli e il suo gatto preferito fu Factotum; scrisse un piccolo libro intitolati “Sui gatti” contenente poesie e testi inediti, liriche, prose e semplici annotazioni che avevano per soggetto i gatti.
Jack Kerouac, che amava i gatti per il loro atteggiamento ribelle a ogni tipo di costrizione, descrisse suo gatto preferito Tyke o nel romanzo “Big Sur”.
Freddie Mercury, ovvero Farrokh Bulsara amava teneramente i suoi gatti a cui ha dedicato suo album “Mr Bad Guy”; li trattava quasi come fossero esseri umani, come suoi figli.

Chanel.

Il Nome dei gatti
di Andrew Lloid Webber
Dare un nome a un gatto è una faccenda particolare,
Tutt’altro che uno sport da incompetenti;
Penserete che io sia matto da legare
Se vi dico che un gatto ha TRE NOMI DIFFERENTI.
Primo, il nome che la famiglia usa di solito,
Come Pietro, Augusto, Gianni o Alonzo,
Come Vittorio o Giona, Baffo o Ippolito:
Tutti nomi comuni d’ogni giorno.
Ci sono nomi più ricercati, con un suono più fine,
Come Platone, Admeto, Elettra, Astolfo,
Sia per i signori che per le signorine:
Però tutti nomi comuni d’ogni giorno.
Ma un gatto ha bisogno di un nome speciale,
Un nome esclusivo, più meritorio,
Altrimenti come potrà la coda inalberare
O sollevare i baffi o compiacere il suo orgoglio?
Di questo tipo di nomi ve ne cito qualcuno,
Come Munkustrap, Quaxo o Caricopatto,
Come Bombalorina, o Jelliloruno:
Nomi che appartengono sempre a un solo gatto.
Ma al di là di questi c’è un nome sottile,
E si tratta del nome che non indovinerete mai;
Il nome che nessuna indagine umana può scoprire:
MA IL GATTO STESSO LO SA, e non rivelerà mai,
Quando vedete un gatto in profonda meditazione,
È sempre, sappiate, per la stessa ragione:
La sua mente è rapita in estatica contemplazione
Del pensiero, del pensiero, del pensiero del suo nome:
Il suo ineffabile effabile
E ffineffabile
Profondo e inscrutabile singolo Nome.

Seville.
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